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Il Castello di Vintebbio, una piacevole sorpresa.

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Ci sono passata, sotto quello sperone di roccia, centinaia, probabilmente
migliaia, di volte, ogni volta ho alzato gli occhi a guardare i ruderi del castello che si
stagliano contro il cielo.













Per un lungo periodo è stato oggetto di infinite conversazioni in quanto un amico
si è occupato del restauro conservativo, della ricerca storica e alla fine 
ne ha scritto un meraviglioso libro di cui mi aveva fatto dono...













Eppure fino ad ora non ero mai salita al Castello di Vintebbio...
inspiegabile, lo so, sono sempre alla ricerca di vestigia del passato e questo, a due
passi da casa, chissà perchè,  fino alla scorsa settimana mi aveva lasciata indifferente!















Poi la voglia improvvisa di arrampicarmi fin lassù, il desiderio
di vedere questi " ruderi " e ' confesso, è stata una piacevolissima sorpresa.
Il castello, per quanto non ne rimangano che parte della torre e pochi muri, è imponente.
Te lo trovi davanti così...in fondo ad un prato e ti fa pensare a 
dame e cavalieri...da un lato le montagne ancora coperte di neve
e in basso il fiume Sesia che scorre verso la pianura.














Devo dirlo, sono rimasta senza fiato...
è splendido e il recupero prima e il restauro conservativo delle vecchie mura poi 
sono stati eseguiti in modo magistrale. 













Ci siamo aggirati a lungo intorno ai resti del castello che in epoca medioevale
era appartenuto ai signori di Vintebbio resta comunque una carenza di documenti
che possa accertarne l'origine, è possibile che tale carenza di documenti
sia da ascrivere ad una relativa stabilità di possesso del castello e del territorio.













La località viene per la prima volta attestata nel diploma di Federico Barbarossa 
del 18 ottobre 1152 rilasciato alla Chiesa di Vercelli, senza alcuna menzione del castello.
dato che contrasta con le rilevanze archeologiche che ne fanno presumere 
l'esistenza intorno ai secoli X -  XI.













Dal castello, abbiamo visto, parte un bel percorso ad anello, di circa 14 Km. 
denominato " La via dei Castelli " che sarà oggetto di una delle
nostre prossime passeggiate e di cui sicuramente vi racconterò...














A volte, luoghi bellissimi e affascinanti sono proprio sulla porta di casa nostra
e noi, distratti da altre mete e altri luoghi forse più " esotici ",
non ce ne accorgiamo nemmeno...ed è un grande peccato.





















Il Burro delle Alpi ad Expo / Riscossa del burro: fa bene ed è buono

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Ci sono voluti cinquant'anni, mezzo secolo di pregiudizi per riabilitare uno degli alimenti
che l'uomo produce e gusta fin dalla notte dei tempi: il burro non fa male, finalmente
lo si può di nuovo dire senza sentirsi rispondere che " alza il colesterolo ". La notizia è 
supportata dal parere di nutrizionisti e ricerche scientifiche e arriva al momento giusto, in occasione
dell'Expo dedicato al cibo.









" Il burro  è più che mai parte della dieta mediterranea - spiega Pier Luigi Rossi, medico
specialista di Scienze Dell'Alimentazione - porta nel nome stesso la sua origine mediterranea:
deriva infatti da una parola greca che significa formaggio bovino "









E chi ribatte che il burro va evitato perchè difficile da digerire e resta pesante sullo stomaco
dovrà ricredersi anche su questo fronte. " E' un alimento ben digeribile, con pochissimo
lattosio e ricco di vitamine importanti ( a, e, k ) - prosegue Rossi -;
tra l'altro è uno dei pochi alimenti a contenere la vitamina D, che agisce sull'integrità
delle ossa" Una vera riscoperta che è stata celebrata persino da uno dei magazine
più prestigiosi del mondo: lo scorso anno, a giugno, l'americano Time  titolava in
copertina " Eat Butter " ( Mangia Burro ), accompagnandolo con l'immagine di un ricciolo
di burro con un sottotitolo eloquente:
" Gli scienziati avevano etichettato il burro come nemico. Perchè si sbagliavano "









E l'Italia con la sua incredibile varietà nel settore della gastronomia, non può che festeggiare questa
" riscoperta ", soprattutto nell'anno dell'Expo.
" Il latte è una delle più meravigliose e complesse opere della natura. Fondamentale alla vita.
Il burro ne è la parte più nobile, nella quale risiede tutto il suo potere energetico, gli aromi,
i sapori " spiega con orgoglio Roberto Brazzale, a capo dell'Azienda Casearia più antica
d'Italia, che dal 1784 produce, sull'Altopiano di Asiago, latte, formaggi e anche il celebre Burro delle Alpi.









Nonostante ciò,  questo prezioso dono, frutto del millenario lavoro dell'uomo sul latte,
è stato demonizzato. " Per decenni, dice Brazzale , è stato vittima di assurdi
pregiudizi e luoghi comuni che, oggi scopriamo grazie alla scienza, non avevano alcun fondamento "









Nel 2010, l'American Journal for Clinical Nutrition pubblicava un importante
studio sui grassi, concludendo che " non vi sono evidenze scientifiche convincenti sul fatto che
i grassi saturi causino problemi cardiaci. Nè che il consumo di grassi saturi causi l'obesità "









Riscoperta da parte della scienza e riscoperta da parte dei grandi chef, senza distinzione tra nord e
sud Italia dal piemontese Davide Scabin alla napoletana Marianna Vitale.
E anche un alimento come il burro si evolve, aprendosi alla sfida di nuovi sapori..
L'ultimo esempio arriva sempre dal Gruppo Brazzale, che ha lanciato la sua nuova eccellenza,
il Burro Fratelli Brazzale, realizzato con freschissima panna di centrifuga e zangolato
entro 24 ore dalla mungitura.










( Simona Verrazzo. Libero del 9 maggio 2015


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Io ho sempre amato il burro, non riuscirei nemmeno a pensare al mio frigorifero senza burro.
Non ricordo pomeriggio della mia infanzia in cui a ora di merenda non arrivasse
qualche zia, nonna o mamma con i panini di pane, burro e zucchero, oppure pane, burro e cioccolata,
o ancora pane, burro e marmellata, ancora adesso per me è un cibo consolante,
non è raro che, se all'ora di pranzo sono sola,  il mio pasto consista , appunto, in pane burro e zucchero,
a volte con l'aggiunta della cioccolata.
Lo dico con molto rispetto ma mi fanno un po' sorridere le torte senza burro, ma volete mettere
la crostata profumata dal burro di montagna? O il ciambellone della nonna, che sapore può  mai
avere quando sostituiamo il burro con, al più, un bicchiere di olio di semi?









E senza burro che fine farebbe gran parte della cucina piemontese di cui vado così
orgogliosa?  Dove va a finire la polenta Cuncia ? Gli agnolotti conditi con il burro rosso
e giusto un'idea di brodo di carne?
E il risotto? Cosa diventerebbe il risotto senza una bella fettona di burro
per mantecarlo? Oppure la fonduta... e gli asparagi? Che piacere c'è a mangiare
gli asparagi se non sono annegati nel burro rosso e nel parmigiano come si fa qui da noi?
Come dicevo ho sempre consumato burro  e le mie analisi del sangue a detta
del medico " sono perfette, da manuale! " e così è successo quando mio marito è stato male,
il consiglio dei cardiologi è stato " non cambiate assolutamente stile di vita, sangue, organi, arterie dimostrano quanto il vostro stile di vita sia sano"








Però...bè, secondo me un però c'è...ed è la qualità!
In tutta la mia vita non ho mai visto com'è fatto un burro comperato al super mercato...,
quelli che io chiamo " burro di plastica ", il mio burro è il burro che si produce in questi
alpeggi sopra a casa...magari non sarà tanto bello a vedersi, magari non sarà igienicamente
perfetto ma non ha mai ammazzato nessuno, anzi generazioni e generazioni sono cresciute solo
con il pane e quel burro, anche perchè qui l'ulivo non esisteva e quindi l'unico condimento possibile
era il burro.








Sono felice di questa rivalutazione, sono felice perchè, come detto prima, il burro
è la parte più nobile del latte ed è con il latte che noi cresciamo, sono felice perchè considero
il burro, quello vero, una delle grandi eccellenze italiane.










Manifesto per la riscossa del burro


1) Il burro è un alimento naturale
2 ) Il burro è un prodotto sano, digeribile e prezioso per la salute
3 ) Nel burro c'è la parte più pregevole del latte
4 ) Il burro non fa aumentare il colesterolo
5 ) Il burro contiene le vitamine A- D - K- E
6 ) Il burro ha un apporto calorico contenuto
7 ) Il burro dà rapidamente un senso di sazietà
8 ) La paura del burro è scientificamente infondata
9) Il burro è conveniente, rappresenta un uso intelligente del denaro.
10 ) Il burro è fonte di piacere e salute

Godiamoci questo dono della natura con fiducia e felicità.
 ( Movimento liberazione dai pregiudizi sul burro )








Con questo post inizia un piccolo" viaggio intorno ad Expo ", ed entrerà a far parte della
più vasta rubrica " Piccole Storie nella Storia "





( Immagini dal web )

Premio very inspiring blogger award

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Ho ricevuto da Elena Marille Boreggio autrice del blog


questo bellissimo premio. Un premio che ho gradito molto anche perchè
mi è giunto completamente inaspettato da una blogger che ammiro molto.

Ti ringrazio tanto Elena e spero ti faccia piacere ricevere in dono queste genzianelle
 che ho fotografato domenica scorsa durante una passeggiata nell'Oasi Zegna.













Ancora grazie e un abbraccio !

Auguro a tutti un felice fine settimana, per me sarà un fine settimana pieno di emozione...
ma non vi anticipo niente, vi racconterò tutto la prossima settimana.












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Oggi abbaiamo noi, il giorno del bagnetto

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Buongiorno Amici, sono Cassandra, oggi abbaiamo noi il blog perchè  la nostra umana
ha avuto un fine settimana importantissimo ed è ancora in balia delle emozioni...
ma di questo vi racconterà lei nei prossimi post...
E così Platone ed io ci siamo detti " perchè non scriviamo noi qualche cosa? Così, tanto per darle una mano! "
E allora dai, facciamocela quest'abbaiata.









Ci abbiamo pensato a lungo e poi abbiamo deciso di raccontarvi, più che altro fotograficamente,
come vanno le cose quando facciamo il bagnetto.
Intanto il nostro bagno "allestito appositamente per noi " si trova in mansarda e a noi
piace tanto salire su perchè dalla mansarda si accede al solaio dove amiamo andare a mettere il nostro
tartufo in tutti gli angoli.














Durante il bagnetto stiamo bravissimi, i nostri umani dicono che non lo facciamo volentieri
ma non è vero...ci lasciamo lavare, asciugare - io, Cassandra, mi diverto tantissimo a
giocare con gli ascigamani - fonare e spazzolare...








Io sono molto vanitosa e quindi  esigente per quanto riguarda queste sedute 
di bellezza...e sono anche una gran giocherellona...



















Io, Platone, sono molto più tranquillo di lei e i miei umani sono molto meno
preoccupati quando arriva il mio turno...
Siccome sono un cagnetto molto dolce ho la tendenza a farmi coccolare anche mentre faccio il bagno
e mi appoggio al petto di Renato bagnandolo tutto...ma loro sono contenti...
Certo che quando mi lavano e il mio pelo è tutto bagnato sono proprio piccolo!
Loro dicono che sembro a un " Ratin "...













Faccio molto volentieri il bagnetto, l'acqua mi piace tanto, anche quando andiamo in montagna
faccio sempre una nuotatina nei torrenti a differenza di Cassandra che se ne tiene ben distante.








Naturalmente durante  " l'operazione di asciugatura " sto molto più bravo di lei
e la mia umana mi dice sempre che sono il cagnetto più tenero del mondo.


















Dopo il bagnetto siamo davvero bellissimi...













...di solito, appena abbiamo finito tutti e due, ci mettiamo a giocare rumorosamente,
i nostri umani dicono che il bagno ci fa diventare due piccoli " indemoniati "
( chissà poi cosa intendono dire... ) dopo di che, stanchissimi crolliamo addormentati...













Vi facciamo tante feste, una leccatina affettuosa e buona settimana a tutti!












Expo, un thè nel deserto firmato Marocco

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L'invito all'ingresso, scritto in lettere bianche su uno sfondo blu come il mare, parla chiaro:
entrando nel padiglione Marocco ad Expo ci si immerge in un " Journey of flavours ". 
Un viaggio nei sapori tipici di una terra da molti conosciuta solo per le mete turistiche di Agadir e 
Marrakech e che, tuttavia, è molto di più. Una combinazione perfetta tra tradizione e modernità, tra passato
e presentedella regione con uno sguardo ben attento al futuro, al cambiamento. Con un difetto: 
nello soazio ampio del padiglione, troppo spesso ci si trova persi nella molteplicità di cose da vedere,
di punti da scoprire e si perde di vista il vero senso del viaggio sensoriale proposto.








Varcato l'ingresso ci si trova a tutti gli affetti all'interno di una Kasbah.
Il padiglione infatti si ispira al modello architettonico berbero e caratteristico della zona sud del Paese costruito con legno e terra. Nella prima sala, si è circondati da luci blu. Nel silenzio, quello dato dall'attenzione della scoperta di un luogo nuovo, viene proiettato un video che aiuta a tuffarsi in tutto e per tutto nel mondo che è il Marocco.








Una passeggiata che non manca di lasciare a bocca aperta.
Il profumo delle rose lasciate ad essiccare al sole è uno dei dettagli che rende questo padiglione
unico nel suo genere. A ipnotizzare sono gli alberi da frutto, di clementine, di datteri, olive che vengono
fedelmente riprodotti all'interno del padiglione per essere poi scoperti nella bellezza della realtà fatta di 
profumi e foglie verdi, nel giardino che si trova all'esterno della costruzione.








Un dettaglio da non perdere: portandosi al centro della terza sala del padiglione si può capire cosa si prova davvero a vivere nel deserto. Come? Al centro della stanza ci si trova davanti ad enormi ventilatori e sotto ad una grande lampada. Il calore emesso dalla luce unito al vento prodotto dai ventilatori riproduce esattamente quella temperatura e quella pesantezza dell'aria che si può trovare nelle località sahariane.








Prima di abbandonare l'esposizione e trovarsi nel ricchissimo gift shop marocchino, la parte
più " scenica " del padiglione strappa un sorriso è l'area dedicata al mare del Marocco
ricreata con luci blu e alghe enormi che si allungano fino al soffitto.












La vera bellezza dell'esposizione, tuttavia, è all'esterno. Qui , quello che conta, è soffermarsi un attimo, a uno dei tavolini sorseggiando il tipico -e buonissimo - thè alla menta prodotto dalla Patisserie
( 2 euro un bicchiere ) e degustando qualche dolcetto tipico, il tutto con uno sguardo al perfetto giardino
di aranci, rose e olivi. Vi sembrerà di essere in vacanza.








La pagella


SI'

* La simulazione dell'aria del deserto
* I musicanti berberi
*Il thè alla menta
* La vasta scelta dei gadget tipici del gift schop


NO

* Le lunghe file sotto il sole all'ingresso
* Il giardino degli aranci rovinato dai food truck
* Le troppe scolaresche che creano confusione




















( Fonte Marianna Baroli, Libero del 12 maggio 2015 )
( Fotografie dal web )










Il Pasticciere del Re, Antony Capella

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" Per preparare un sorbetto di melagrana:  spremete abbastanza malagrane da 
ottenere due tazze di succo. Aggiungete mezza tazza di zucchero per addolcire,
poi mescolare il tutto e congelare.Per servire versare dello champagne sul sorbetto,
guarnendolo di semi di malagrana e di pezzetti di arancia candita "
( The Book of Ices, 1678 )








Un tempo gli arabi si occupavano di cose belle e civili. Furono loro a scoprire i segreti del freddo e,
all'epoca, dei Califfati , li trasmisero ai siciliani che li perfezionarono diventandone incontrastati maestri.
Per esempio, prezioso lascito arabo è una granita che non sia versione per turisti della grattachecca
romana o della grattamarianna di Manfredonia. In cui succhi ma anche polpe e puree di frutta ( superata
è la distinzione tra granite, ricavate da succhi, e cremolate, dalle polpe ), miscelati con lo zucchero, 
siano lasciati a raffreddare con studiata lentezza e fatti " granire ", ovvero ridotti in granello. Vaso
dentro vaso, e ghiaccio e sale nell'intercapedine, per raffreddare il contenitore più piccolo, mescolando
di continuo...Ancora, i meravigliosi gelati di Palermo sono un'altra inestimabile eredità dei nostri dominatori.









Lo sa bene Antony Capella, scrittore gastronomo capace di scatenare potenti attacchi sinestetici nei
lettori predisposti. Non a caso, nell'ultima sua fatica, Il Pasticciere del Re ( Neri Pozza ). il compito
di stimolare olfatto,vista, papille gustative e succhi gastrici con la descrizione perfetta della genesi di
gelati, granite ed altre fredde prelibatezze viene affidato al siciliano Carlo Demirco, tanto bravo da diventare, nientemeno, " sorbettiere " prima del re di Francia e poi di quello d'Inghilterra. Demirco si è formato alla scuola di un persiano sdchiavista, già al servizio dello scià Abbas a Isfahan, dal quale è stato prelevato ancora bambino dalla Sicilia, quindi portato a Firenze alla corte dei Medici, dove ha appreso i rudimenti del mestiere con l'unico conosciuto: rubandoli. Da Firenze, il giovene siciliano è poi approdato a Versailles. 
Qui è riuscito a creare una crema morbida, vellutata priva di granelli di ghiaccio: il gelato.








Demirco non è un personaggio di fantasia. E' esistito sul serio e ha lasciato un manosctitto, stampato nel 1678, tradotto in 5 lingue prima della fine del secolo e ripubblicato in inghilterra durante il periodo
georgiano, con il titolo The Book of Ice. Opera dimenticata col diffondersi dei moderni metodi di refrigerazione, ma ancora valida. L'altra fonte cui Capella si ispira è il personale diario cifrato di
Louise de Kerouaille. amante di re Carlo II. Un documento scoperto nella grande biblioteca di
Ditchley Park, che si occupa di strategia politica moderna ( è un manifesto per un'Europa unita nel segno
del Re Sole ), che di private memorie. Capella con l'abilità già sperimentata nel Profumo del caffè,fonde
i testi, diversi e complementari, per restituire l'avvincente affresco della fine del XVII secolo presso
le due più importanti corti europee.








Un romanzo storico, in cui la gola e il sesso sono i motori del mondo, addirittura ispirano la ragion di Stato.
Tutto ha inizio nel 1670 con la morte di Enrichetta, amata sorella di Carlo II Stuart, andata in sposa a Filippo di Francia, il fratello omosessuale di Luigi XIV. Per risollevare l'umore del Re d'Inghilterra - e soprattutto
riguadagnarne il sostegno nella guerra contro l'Olanda, necessario al fine di estendere  all'intera Europa
l'egemonia francese - il Re Sole gli spedisce un duplice cadeau : la bella bretone Louise de Kerouaikke 
e il sorbettiere reale Carlo Demirco. Tra alterne vicende, i due - che intrecciano tra loro un complicato
rapporto di odio e amore - conquisteranno l'isola lontana e diversa, lacerata da nuovi fermenti religiosi e rivoluzionari.








Tra l'altro l'autore descrive l'incontro - non provato ma probabile - tra il sorbettiere e i membri
della Royal Society of London, sinedrio di filosofi naturalisti che contava tra i suoi membri
Newton, Leibniz, Locke e Robert Boyle. Boyle è autore di un saggio Osservazioni sul freddo
uno fra i primi testi a indagare scientificamente i metodi di congelamento artificiale. Si ipotizza che
sotto la sua influenza, Demirco abbia deciso di svelare al mondo i suoi segreti, diventando il primo
divulgatore della tecnica di produzione del gelato. Cosa di cui gli siamo tutti grati.









Per conoscerlo un po'


"...Sapevo, naturalmente che anche in Francia un ananas costava quanto una carrozza nuova. Lì in Inghilterra sarebbe stato ancora più costoso. Ma era il massimo del lusso per gli aristocratici. I cortigiani di Luigi avevano creato piantagioni di ananas riscaldate nelle loro tenute di campagna.(...) le persone meno abbienti noleggiavano ananas maturi per un giorno spendendo una fortuna, solo per adornare le tavole e profumare la sala da pranzo (...) Il Conte di Devon ha una serra di ananas ...e ne va orgogliosissimo (...) l'hanno scorso, credo, si è vantato di aver prodotto quattro o cinque frutti...".









"Quale era il gelato più semplice da preparare e che il re avrebbe maggiormente gradito? 
Quello alle pere. Re Luigi adorava le pere. Ma sarebbe stato il gelato alle pere più buono che fosse mai stato creato. Usai solo le Rousselet de Reims (...) che proprio in quel mese arrivavano a perfetta maturazione. Prima le arrostii intere con un poco di timo e vino dolce, piano piano, per addolcire la polpa. Poi le ridussi in polpa e aggiunsi la scorsa di un limone e un poco di agresto. Aggiunsi anche un pizzico di sale.(...) erano ingredienti che non si sarebbero avvertiti nel gelato ma sapevo che avrebbero esaltato l'aroma delle pere alla prima cucchiaiata. Poi, in un istante di ispirazione, aggiunsi della crème anglaise. (...)"









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Antony Capella è nato in Uganda nel 1962. Ha studiato letteratura inglese al St. Peter's College
di Oxfoed. I suoi romanzi hanno ricevuto diversi premi e sono stati accolti ovunque con
entusiasmo dalla critica e dal pubblico.
( Per chi di voi fosse interessato ho scritto su Antony Capella
anche qui  Il Profumo del Caffè  )



**********************************************



" Cannella, galanga, sassofrasso e chiodi di garofano sono tutte
ottime spezie per i gelati. Quello alla noce moscata, poi, è
all'altezza dei gelati più grandiosi, ed è perfetto per l'inverno.
Servitelo con torta di mele tiepida e un bicchiere di birra cotta "
( The Book of Ices, 1678 )






( Immagini dal web )
















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Tu chiamale se vuoi emozioni...

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L'attesa


L'abbiamo aspettata tanto tempo domenica 17 maggio, la prima volta che ne abbiamo parlato,
 forse, era gennaio e maggio sembrava così lontano...
Ne abbiamo parlato per telefono Audrey ed io per settimane, per mesi, era iniziato tutto con
un " Forse...chissà...non lo so...ma potrebbe essere che io vengo a Torino per il Salone del Libro,
 sai presentano il libro delle bloggaline dove è pubblicata anche una mia ricetta.".
Che occasione! l'occasione che aspettavamo da tre anni...poterci, finalmente, conoscere dal vivo.
Tre anni di blog, tre anni di telefonate quotidiane, alla fine i nostri blog erano diventati solo una
piccolissima parte delle nostre conversazioni.
Tre anni in cui il desiderio di conoscersi è cresciuto di pari passo con la nostra amicizia e, finalmente
questa straordinaria opportunità. Per mesi ne abbiamo parlato, poi il fatidico giorno dell'acquisto dei 
biglietti del treno, Audrey mi telefona e mi dice: " Tutto fatto, ho prenotato! "
Gioia...felicità...eccitazione...e poi il mondo giorno dopo giorno ha cominciato a cadermi in testa.
Sì, perchè. emotiva come sono, ho cominciato a pensarci seriamente e con il pensiero sono nati i dubbi
" E se poi l'incontro non funziona? E se poi, cosi a pelle, non ci piacciamo? E se per un incontro
fugace mettiamo in gioco tre anni di amicizia? "
E man mano che i giorni passavano emozioni e dubbi mi assalivano lasciandomi senza fiato.
...sabato 16 maggio ero fuori di me. L'attesa, come tutte le attese, mi angosciava, la paura che le cose
non funzionassero mi stringeva la gola...ansia, tanta ansia e tante incertezze.









L'incontro

Domenica mattina...in realtà mi sento molto più rilassata, come sempre viaggiare in macchina
 mi dà tranquillità. La giornata è splendida, l'appuntamento alle 10, nel segno della
più alta piemontesità, sotto la Mole.
Vederci, riconoscerci ancor prima che gli occhi riuscissero a metterci a fuoco e volare una tra 
le braccia dell'altra è stato un tutt'uno. Un po' di lacrime, un abbraccio lungo e stretto, ripetuto 
più volte, l'emozione che ci travolgeva e e soffocava: " Sei proprio tu "" Sei proprio come ti immaginavo "
" Mamma mia, non mi sembra vero di essere qui con te"
Improvvisamente l'ansia, la paura di un incontro un po' al buio spariscono e c'è solo una
gran voglia di continuare ad abbracciarci. E poi le presentazioni, lei ci presenta sua sorella G.
io presento Renato e lì, in coda sotto la Mole chiacchieriamo e sembra davvero che per noi sia
una consuetudine uscire insieme e vivere la città...









La Giornata


Quindi, dicevo, in coda sotto la Mole, in realtà non so nemmeno se è stata una coda lunga
o meno, le cose da dirsi, il piacere di parlare, finalmente, con una persona reale e non
attraverso il telefono o lo schermo del pc ha avuto il sopravvento su tutto.
Siamo saliti sulla cupola della Mole, Torino ci ha regalato, dopo l'uragano dei giorni precedenti,
una giornata serena, l'aria quasi totalmente pulita.
Sguardi, parole risate...Audrey ha voluto assolutamente salire sulla Mole e...
- ci credete? - soffre di vertigini e non ha nemmeno potuto avvicinarsi alla balconata.
Poi una lunga passeggiata attraverso la città, devo dire che io non amo molto Torino, ma, lo
ammetto, la città era sorprendentemente bella...o forse io l'ho vista con gli occhi di una persona 
felice e che stava vivendo in mezzo ad un Oceano di emozioni.
La Gran Madre, i Murazzi, il Po, il Parco del Valentino...e poi seduti a pranzo, un pranzo bellissimo,
senza silenzi, con tante cose da raccontare e da condividere.








E ancora la città, il gelato da Grom ( avevo sfiancato Audrey parlandole continuamente della bontà 
e genuinità di questi gelati e lei  ha voluto assaggiarli! ), via Roma, il Polo Reale, Palazzo Madama, il
Duomo, l'area archeologica, il Teatro Regio, via Po...
Audrey non è stata una sorpresa, lei anche nella realtà è proprio così, come l'abbiamo conosciuta
leggendo il suo blog: una ragazza sincera, pulita, una bellissima persona, non c'è niente di
falso e di artefatto in lei, ha gli occhi limpidi, è dolcissima e spontanea.
La sorpresa è stata sua sorella G. spumeggiante e innamoratissima di Torino, sentite
questa, sostiene che l'acqua del Po profuma di citronella!
Una donna che ti avvolge con una personalità travolgente.








L'arrivederci


Fermi davanti al bagagliaio della nostra macchina ci scambiamo i regali, prodotti delle nostre
terre -  il formaggio, la cioccolata - poi G. e Renato ci lasciano un po' sole e noi ripercorriamo,
stanche ma felici, le strade di Torino dirigendoci verso la stazione, un momento solo
nostro, un momento importante; parliamo un po' di noi, di quanto è stata bella ed importante
questa giornata, di come sia stato unico camminare con calma per la città parlando tranquillamente,
senza fretta, come se per noi stare insieme fosse una consuetudine. Il blog ci ha dato tanto, ci ha
regalato questa straordinaria amicizia.
In stazione ci aspettano Renato e G. e , purtroppo anche il treno che riporterà queste due donne
fantastiche verso Sud...così lontano da qui...la promessa, la speranza, il sogno è quello di rivedersi
a Milano...il tempo corre, bisogna salutarsi...mi viene da piangere, non ce la faccio a rimanere fino
all'ultimo secondo, sarebbe troppo triste.








Verso casa

Il cielo si tinge di rosso ed esplode in un tramonto spettacolare, Renato ed io continuiamo 
a parlare di loro, è stata una giornata vissuta intensamente, piena di gioia e di emozioni indescrivibili,
mi sento un po' impotente, non ho nemmeno le parole per poter dire tutto quello che ho provato.
Grazie, ragazze, grazie Audrey non dimenticherò mai le ore passate insieme e il tuo dolcissimo sorriso.
Tu chiamale se vuoi emozioni...








Expo, l'Austria si è portata un bosco da casa

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A colpire immediatamente il visitatore è il profumo della natura, quando viene
bagnata dalla pioggerella sottile. Entrando nel Padiglione Austria si viene catapultati
in quello che a tutti gli effetti sembra essere un universo parallelo. Il caldo soffocante che 
si è costretti troppo spesso a sopportare negli altri padiglioni di Expo 2015 o mentre si
cammina lungo il Decumano, all'improvviso è un lontano ricordo. Il corpo immediatamente 
sembra rilassarsi e la mente, guardando il verde che la circonda, si libera.








Relax è una delle parole chiave di questo padiglione la cui visita è tra le più consigliate
all'interno del percorso espositivo dell'esposizione universale meneghina.








L'area Austria è distante, per arrivarci dovrete camminare davvero un bel po'.
Ma fidatevi: la camminata verrà immediatamente ripagata. Perchè qui, incastonato tra la chiassosa 
Slovenia ed il minimalista Cile, si trova un bosco. dall'esterno  potrete subito accorgervi di quanto
il padiglione sia in grado di offrire.








Le panchine che circondano l'area in cui si sviluppa la coda d'attesa è infatti una 
delle zone più trafficate con gruppi che scelgono di riposarsi all'ombra e al fresco degli spruzzi degli 
spruzzi di vapore che immediatamente modificano il clima rispetto ad una decina di passi più verso
 il centro del Decumano.








Il nome dello spazio descrive descrive perfettamente l'esperienza: " Breathe Austria "
letteralmente " Respira l'Austria ". L'ossigeno è infatti il grande protagonista di tutto il percorso.
Il padiglione è una riproduzione pressochè perfetta di un bosco austriaco.












Le piante che vedrete tutt'intorno a voi mentre passeggiate per il sentiero fatto di
gradoni bassi e lunghi, provengono proprio dai boschi austriaci.








Le loro foglie, migliaia in tutta l'area espositiva targata Austria, producono 62,5 Kg. di
ossigeno nuovo all'ora, sufficiente, teoricamente, per provvedere al fabbisogno di
1.800 persone. E' questo il dono dell'Austria ai visitatori di Expo 2015: rendere consapevoli
dell'importanza dell'aria che respiriamo e di migliorare, attraverso spazi verdi in contesti urbani
ingrado di assorbire l'anidride carbonica e migliorare la qualità di vita metropolitana.








I dettagli rendono il padiglione unico. Alcuni esempi? Sappiate, per esempio, che, teoricamente,
l'aria del padiglione rimarrà nei vostri polmoni per due anni, dopo di che dovrete tornare
in Austria. E ancora, la temperatura fresca - di 5° inferiore rispetto a quella misurata sul Decumano -
è data solo ed esclusivamente dalle piante. All'interno dell'area, infatti, non esiste alcun
impianto di climatizzazione.








La tecnologia qui è ridotta al minimo, lo scopo è quello di portare il visitatore
 a sentirsi coinvolto nell'ambiente che lo circonda, di fargli vivere un'esperienza sensoriale
a tutti i livelli.








Sedetevi all'interno del bar, rilassatevi, respirate fino in fondo l'aria più
pulita che potete trovare in tutto il viaggio all'interno di Expo. Non mancate
però di soddisfare il vostro palato: imperdibile è lo strudel, servito con acqua purissima,
completamente gratuita.












La Pagella

Si'
* La temperatura fresca
*L'acqua naturale purissima distribuita gratuitamente
* Il percorso che ricorda un sentiero di montagna
* Lo strudel

No
* Le file d'attesa all'esterno
* La confusione creata dalle scolaresche





















( Fonte Marianna Baroli, Libero 20 maggio 2015 )
( Fotografie dal web )



















Fatterellando, Greta Buysse e l'eros: mito e seduzione

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Nella mitologia greca la divinità primordiale Nyx, la Notte, partorisce due figli immortali,
nati da uova argentee deposte nel grembo dell'oscurità: Eros e Thanatos.
Il primo genera la vita, il secondo la toglie.
Amore e Morte, sesso e distruzione. felicità e lutto sono fratelli indelebilmente legati
nella combinazione degli opposti.









Espressioni comuni come " Morire d'amore " o " ti amo da morire " riacquistano un senso riferiti
ad Eros e Thanatos, come quando nell'atto sessuale si giunge al massimo
godimento, annullando se stessi attraverso il piacere:
" Non ho potuto amare che là dove la morte mescolava il suo soffio con quello della bellezza "
scrisse Edgar Allan Poe che ha basato l'intera sua opera sul rapporto misterioso e conflittuale
tra amore e morte.









Eros Thanatos è anche il titolo di un bellissimo libro della fotografa fiamminga
Greta Buysse, nel quale la magia dell'eros si sposa con la paura della morte e 
dell'ineluttabile fato: le immagini mostrano donne accovacciate alla maniera degli antichi
rilievi, bianche menbra appena spolverate di sabbia, volti fasciati da drappi e
corpi accarezzati da veli umidi, trasparenti come tele di ragno.














Grata Buysse si serve dell'erotismo come strumento di conoscenza e come veicolo di cultura 
per esprimere attraverso i corpi nudi una sensualità in cui carne e spirito
diventano una sola cosa.










Il suo occhio, celato dall'obiettivo della macchina fotografica,
è uno sguardo indagatore che esplora il corpo femminile con estrema sensibilità e sapienza,
come soltanto una donna sa offrire ad un'altra donna. Talvolta l'Eros evocato dalla Buysse
si manifesta in maniera plateale - magnifici corpi mollemente adagiati su divani, stesi su un letto di foglie bagnate, 








sdraiati sul nudo pavimento, 








guarniti di pizzo o corpetti di pelle - 














mentre altre volte l'Eros è suggerito
da segni allusivi e quasi invisibili, un minuscolo strappo nella maglietta aderente, 








un rivolo
di sudore o pioggia tra i seni, oppure un sottile nastro che nulla stringe ma che avvolge 
ariosamente le forme del corpo.









Greta Buysse è una fotografa molto colta, perfetta interprete di tutte le reminiscenze
storiche, artistiche e letterarie assorbite nel tempo: nelle sue immagini c'è la memoria delle 
grandi cattedrali, il ricordo dell'arte barocca e rinascimentale, la ricerca musicale
dell'armonia, l'eredità surrealista e gli echi della poesia antica.









Non casualmente i suoi cicli fotografici sono intitolati Eros Thanatos, Angeli caduti, 
Omaggio a Magritte, Labirinto e Scrittura sul corpo.
La Buysse usa, mescola e traduce la sua intelligenza e la sua cultura in immagini di grande
impatto visivo ed è anche capace di appropriarsi di tradizioni lontane dalla sua educazione europea.








Nella civiltà cinese, giapponese ed araba la scrittura applicata alle arti figurative è una consuetudine 
mantenuta fino ai nostri giorni, mentre nel mondo occidentale le due discipline sono nettamente
separate. Greta Buysse ha voluto infrangere questa abitudine creando una seria di immagini di 
" corpi scritti ", pagine viventi in cui le parole fluttuano in armonia con i movimenti
della figura umana.




















Nell'erotismo gli oggetti e l'ambiente giocano un ruolo importante e aiutano a concretizzare
la metamorfosi dei corpi. La figura nuda che si offre allo sguardo lo fa in tanti
modi: può essere piena di reticenza, sentirsi denudata controvoglia davanti ad occhi indiscreti,
oppure può mostrarsi generosamente senza complessi e pienamente consapevole.









A seconda delle sensazioni che intende suscitare Greta Buysse sceglie accuratamente
il luogo e la disposizione degli oggetti dove avviene la posa di nudo,
muovendosi tra divani di velluto e morbidi tappeti, lenzuola sapientemente drappeggiate,








gipsoteche nelle quali frammenti statuari possano confondersi con le membra umane,








 teli di plastica e mura screpolate, ma anche freddi depositi industriali e palazzi antichi dalle grandi vetrate
e scalinate monumentali.






















Dotata di una tecnica eccezionale, Greta Buysse crea molte immagini in studio, ma predilige
la luce naturale ogni qualvolta sia possibile. L'ultimo tocco di magia avviene nella camera
oscura dove Greta sviluppa le sue fotografie di grande formato - 1,50 x 1,20 metri - 
montate spesso alla maniera di pale d'altare e dei trittici delle cattedrali.









Le sue immagini risultano opaline, nitide, tridimensionali, dotate di un'infinita gamma di 
sfumature, che vanno dal nero profondo al bianco candido passando per tutte le gradazioni 
del grigio.









Nella storia della fotografia dell'eros Grata Buysse occupa un posto molto speciale:
le sue donne sono contemporaneamente carnali e spirituali, sono tangibili e astratte,
sono insieme duttili e rigidamente individuali, caste e provocanti.









A queste donne vorrei dedicare il verso di una lirica del poeta cileno
Pablo Neruda, forse lontano dalla cultura squisitamente europea che anima Greta Buysse,
ma universale nel cantare la bellezza dell'eros femminile:

" Nuda sei semplice come una delle tua mani,
liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente,
hai linea di luna, cammini di mela,
nuda sei sottile come il grano nudo. "









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La fotografa fiamminga Greta Buysse è originaria di Bruges dove vive e lavora dopo essersi diplomata al NARAFI ( National Technical Institute for Radio end Film ) di Bruxelles.
Ha seguito inoltre corsi di fotografia ad Antwerpen, Monaco di Baviera e Francoforte.
Inizia la sua carriera come fotografa pubblicitaria, ma presto si rende indipendente per seguire le proprie
inclinazioni artistiche. Dagli inizi degli anni ottanta realizza numerosi nudi femminili e immagini dedicate 
ai grandi maestri della pittura e della letteratura, e allestisce cicli fotografici nei maggiori musei e gallerie d'arte di Germania, Francia, Belgio, Olanda, Stati Uniti e Messico.
Pubblica numerosi cataloghi e libri tra cui i già citati Eros e Thanatos, Omaggio a Magritte, Scrittura sul corpo. Nel 1998 vince l'edizione belga del Premio Hasselblad International.





( Fonte: Judith Lange )




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Clicca qui e vai da Audrey, del blog "L'atelier du Fantastique",
per scoprire i baci del grande Robert Doisneau.



http://www.atelierdufantastique.ifood.it/

Giugno

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Scende la sera, immobili sono i prati,
Il gorgogliare del ruscello assetato,
Silente tutto il giorno, si leva di nuovo;
Abbandonata è la quasi falciata pianura,
Silenziose le stoppie! Il cigolare dei carri,
Il grido del falciatore, l'abbaiare dei cani,
Tutti albergano nelle fattorie addormentate!
L'affaccendarsi del giorno è finito,
l'ultimo tagliatore di fieno se n'è andato.
E dal timo sull'altura,
E dai bianchi fiori di sambuco,
e dalle pallide rose sulla siepe,
E dalla pianta di menta nel falasco,
la brezza notturna porta folate di profumi
Cui poi il giorno rinuncia.
E lontano sul puro orizzonte,
Vedi, pulsante per la prima stella,
Il liquido cielo sopra la collina!
Scende la sera, immobili sono i prati.

( Matthew Arnold )
( Da Il diario di campagna di una signora inglese
del primo novecento )




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Nell'antico calendario romano, Giugno era il quarto mese. Ovidio afferma
che a questo mese è stato dato il nome in onore di di Giunone, altri
scrittori collegano il termine col consolato di Giunio Bruto.
Tuttavia si tratta probabilmente di un riferimento all'agricoltura e in origine indicava il mese
in cui crescono e maturano le messi.
Gli anglosassoni lo chiamavano il " mese asciutto ", ma anche il " mese di mezza estate ",
per contraddistinguerlo da Luglio, il " primo mese caldo ".
In Giugno cade il solstizio d'estate.
( Enc. Brit. )
( Diario di campagna di una signora inglese
del primo novecento )

( Disegni di Cicely Barker dal web )





Expo, Il gioiello Azerbaijan fra hi - tech e bazar

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Da molti è definito il vero gioiello dell'Expo 2015 tanto da essersi guadagnato il soprannome
 di " The jewel ". E' il padiglione dell'Azerbaijan, simbolo della creatività tutta italiana
( il progetto è completamente Made in Italy e composto da un team di giovanissimi ) e dell'amore 
di uno Stato per la sua terra.








Il Padiglione è un vero inno al Paese, una porta d'accesso al presente, passato e futuro di una zona 
da molti sottovalutata e che invece offre scorci imperdibili, tradizioni ancora sconosciute e un turismo
che è un astro nascente. Le code per accedere all'esposizione di quattro piani, non per niente, sono lunghissime. Nei giorni di maggior affluenza, si arriva a dover attendere almeno mezz'ora sotto la grande sfera d'acciaio e vetro da cui si può osservare tutto il Decumano.








Entrando si viene subito accolti da un'atmosfera altamente digitale e un invito: scaricare l'applicazione per
smartphone gratuita che permette di amplificare l'esperienza.








Prima di imboccare la scala per salire al primo piano, soffermatevi alle pareti con le note musicali e
provate a suonare alcuni degli strumenti musicali digitali che sembrano di cristallo.
La musica è soave.








Saliti al primo piano si rimane immediatamente colpiti dalle decine di tulipani che ricoprono il piano. I fiori sono 2.0, come quasi la totalità del padiglione.
Passando la mano sopra i pistilli si illuminano, cambiano tonalità e producono musica a seconda del tocco.
" Sono pazzeschi " si sente mormorare nello stupore generale. Poco più avanti l'albero della biodiversità.








Si sale ancora un'altra rampa di scale mobili, ci troviamo nell'area che vuole proporre
i prodotti e le bellezze dell'Azerbaijan. Colpisce un carretto del mercato. Ai lati spezie e vasi
di sapori e profumi mentre, dal soffitto, piovono frutti di carta che sembrano veri.








Il carretto ovviamente è digitale e permette di giocare con giostre di prodotti
e scoprire dettagli della tradizione come, per esempio la cerimonia del thè.
Poco più avanti una nuova sfera, con vista sul decumano, offre un'esperienza virtuale.
Guardando all'interno di grandi occhialoni e posizionando la propria mano in un determinato vano
si può assistere a giochi di luce in 3d.








Lati negativi non sembrano essercene eppure molti turisti lamentano la totale assenza 
di un punto di ristoro e di un gift shop.








La Pagella


SI'

* Scale mobili
*Il carretto del mercato digitale
*App gratuita


NO

* Lunga fila all'entrata
* Assenza gift shop
*Esperienza virtuale già guasta



















( Fonte Marianna Baroli, Libero del 9 maggio 2015 )
( fotografie dal web )

















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Il Senso dei miei Viaggi, la Pioggia nei miei Viaggi

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Questo mese tocca a Federica proporre il tema de " Il Senso dei miei Viaggi"
e ci propone un tema, secondo me stupendo

La Pioggia nei miei Viaggi

Amo tantissimo la pioggia in tutte le sue forme, sia quando cade silenziosa come pioggerellina 
sottile ed insistente, quasi invisibile, sia quando cade rumorosamente a grosse gocce 
con scrosci che riempiono e scuotono l'aria.
Amo la pioggia con tutti i sensi, primo tra tutti l'olfatto. L'odore della pioggia sull'erba ma anche sull'asfalto, l'odore della pioggia che sale dai cortile caldi di sole, ma anche l'odore che spesso, qui da noi, la pioggia porta con sè, un odore di terra smossa e fango, di fronde verdi spezzate, di fondi di fiume smossi.
Poi l'udito, il rumore della pioggia che cade violento e cadenzato sui tetti, sulle cappottine dei balconi,
sugli ombrelli. Il rumore della pioggia che gonfia l'acqua dei torrenti che scendendo a valle dalla montagna si portano dietro in un rombo senza fine le pietre che rotolano. Il rumore quando senti la pioggia
che sta arrivando...sì, perchè la pioggia che arriva fa rumore, inizi a sentirla che picchia sui boschi
dietro casa e la senti che si avvicina in un rumore quasi assordante di foglie e gocce.
E poi il tatto, la sensazione di toccare la pioggia che cade, di scendere in cortile, magari senza scarpe, e lasciarsi inzuppare dall'acqua, sentire i rivoli di pioggia che scorrono dai capelli e accarezzano
la pelle ( poi tornare a casa e prendere un antibiotico per il mal di gola ), toccare
le gocce di pioggia sulle foglie...è come mettere la punta di un dito dentro l'arcobaleno..
Subito dopo il gusto...portarsi quel dito bagnato di pioggia alle labbra e bere il nettare del cielo...
E naturalmente la vista...guardare piovere è uno degli spettacoli, a mio parere, più belli della natura.
Quando il cielo è nero e cupo e la pioggia è accompagnata da un vento violento che
arriva dalla montagna, scende come se la rovesciassero a secchielli, sembra bussare ai vetri.
Le nubi, cariche di elettricità, si rincorrono nel cielo squarciato da lampi e il rombo sordo
del tuono sembra non finire mai...oppure quando piove adagio ,in modo monotono ed insistente, quella pioggerellina fine con il grigio del cielo spezzato da qualche pennellata di luce.
Oppure di notte, in macchina, la pioggia che tamburella sul tettuccio e il tergicristallo in funzione...l'asfalto lucido, le luci filtrate dall'acqua, il mondo lavato e visto attraverso un velo di perline.
E poi un sesto senso, il senso dell'anima dove tutti i sensi diventano un tutt'uno e le percezioni
si acuiscono, dove si sente la grandezza e la malinconia del pianto delle cose...

E adesso le tre piogge dei miei viaggi. Devo dire che, in realtà, quando viaggio ho
" la fortuna " di trovare bel tempo ma quando incontro la pioggia la incontro in tutta la sua grandezza e potenza.




Pisa e un temporale memorabile










IL LAMPO

E cielo e terra si mostrò qual era: 
la terra ansante, livida, in sussulto; 
il cielo ingombro, tragico, disfatto: 
bianca bianca nel tacito tumulto      
una casa apparì sparì d'un tratto; 
come un occhio, che,largo,esterrefatto, 
s'aprì si chiuse, nella notte nera.
( Giovanni Pascoli )




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Uragano tropicale nel mar dei Caraibi








" V'è qualcosa che si svolge in cielo, come una decomposizione,
una corruzione dell'aria, che rimane più ferma che mai.
In fondo, sono soltanto nubi, che possono portare vento oppure pioggia.
Strano che debbano conturbarmi così.
Ho l'impressione che tutti i miei peccati mi abbaino raggiunto.
( J.Conrad )



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L' estate in Val Sessera







Grandinata

Strepitando vien giù candida e bella,
batte il suol, tronca i rami, il cielo oscura
e nelle grige vie sonante e dura
picchia, rimbalza, rotola, saltella;
squassa le gronde, i tetti alti flagella;
sbriciola sibilando la verzura.
ricasca dai terrazzi e nelle nura
s’infrange, e vasi e vetri urta e sfracella;
e per tutto s’ammonta e tutto imbianca;
ma lentamente l’ira sua declina
e solca l’aria, diradata e stanca;
poi di repente più maligna stride,
poi tutto tace, e sulla gran rovina
perfidamente il ciel limpido ride.
 (E. De Amicis)



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" La pioggia ha un vago segreto di tenerezza 
una sonnolenza rassegnata e amabile, 
una musica umile si sveglia con lei 
e fa vibrare l'anima addormentata del paesaggio. 

È un bacio azzurro che riceve la Terra, 
il mito primitivo che si rinnova. 
Il freddo contatto di cielo e terra vecchi 
con una pace da lunghe sere. 

È l'aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori 
e ci unge con lo spirito santo dei mari. 
Quella che sparge la vita sui seminati 
e nell'anima tristezza di ciò che non sappiamo. 

La nostalgia terribile di una vita perduta, 
il fatale sentimento di esser nati tardi, 
o l'illusione inquieta di un domani impossibile 
con l'inquietudine vicina del color della carne. 

L'amore si sveglia nel grigio del suo ritmo, 
il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue, 
ma il nostro ottimismo si muta in tristezza 
nel contemplare le gocce morte sui vetri. 

E son le gocce: occhi d'infinito che guardano 
il bianco infinito che le generò. 

Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco 
e vi lascia divine ferite di diamante. 
Sono poeti dell'acqua che hanno visto e meditano 
ciò che la folla dei fiumi ignora. 

O pioggia silenziosa; senza burrasca, senza vento, 
pioggia tranquilla e serena di campani e di dolce luce, 
pioggia buona e pacifica, vera pioggia, 
quando amorosa e triste cadi sopra le cose! 

O pioggia francescana che porti in ogni goccia 
anime di fonti chiare e di umili sorgenti! 
Quando scendi sui campi lentamente 
le rose del mio petto apri con i tuoi suoni. 

Il canto primitivo che dici al silenzio 
e la storia sonora che racconti ai rami 
il mio cuore deserto li commenta 
in un nero e profondo pentagramma senza chiave. 

La mia anima ha la tristezza della pioggia serena, 
tristezza rassegnata di cosa irrealizzabile, 
ho all'orizzonte una stella accesa 
e il cuore mi impedisce di contemplarla. 

O pioggia silenziosa che gli alberi amano 
e sei al piano dolcezza emozionante: 
da' all'anima le stesse nebbie e risonanze 
che lasci nell'anima addormentata del paesaggio! "
( Federico Garcia Lorca )




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Con questo articolo partecipo a Il senso dei miei Viaggi
gestito questo mese da Federica autrice del blog


Oasi Zegna / La Conca dei Rododendri

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Domenica scorsa era la giornata perfetta per  una passeggiata nella nostra
bellissima Oasi Zegna ed in particolare era la giornata giusta per percorrere la grandiosa
Conca dei Rododendri, in quanto la fioritura era al massimo del suo splendore
















I Rododendri con la loro infinita varietà di specie, forme e colori
danno il nome al primo tratto  dell'Oasi Zegna.
Originaria dell'Himalaya, il " tetto del mondo " questa pianta trova qui, sulle pendici delle 
Alpi Biellesi, un ambiente ideale per vivere.
















Il punto più scenografico del primo tratto dell'Oasi è " La Valle dei Rododendri " 
alla cui realizzazione contribuì in misura determinante Piero Porcinai, un grande
architetto di giardini.
















Piero Porcinai progettò la Valle dei Rododendri direttamente sul terreno, senza
ricorrere a disegni in studio; diede le direttive per assestare adeguatamente 
il terreno e fece disporre le piante in base alla loro dimensione e alle sfumature di colore.





















In questo modo si creò uno spazio verde aperto a tutti, un vero giardino
in mezzo alle montagne, meta di piacevoli, brevi passeggiate in qualsiasi periodo dell'anno,
e che vi lascerà un ricordo indelebile se vi troverete a visitare l'Oasi  tra la fine di
maggio e l'inizio di giugno, il periodo di massima fioritura dei rododendri.
























All'interno della Valle si trova una delle installazione della 
" Fondazione Zegna All'Aperto ", 
" Two Way Mirror / Hedge Arabesque ( 2014 ).
E' uno dei caratteristici padiglioni in acciaio e vetro dell'artista americano Dan Graham.












E sezionato da un'alta siepe ( Hedge ) in tasso ed ha un profilo curvilineo ispirato
all'arabesco ( Arabesque ), lo stile decorativo islamico composto da elementi grafici e 
motivi ornamentali intrecciati. Il vetro a riflessione differenziata ( Two Way Mirror ), ha una 
proprietà unica, da un lato è trasparente dall'altro specchiante, moltiplicando così le rifrazioni e il
sovrapporsi delle immagini.
















Copngegnati come luoghi d'incontro, svago, conversazione o raccoglimento,
i padiglioni sono opere d'arte aperte a tutti. I movimenti nello spazio, le condizioni di luce
e le mutazioni del paesaggio circostante catturano chi entra   con un gioco di specchi
in evoluzione costante




















" Il mio lavoro è sempre dedicato a come gli spettatori vedono loro stessi ".
dice Graham.
Two Way Mirror, fa parte del progetto All'Aperto, promosso dalla Fondazione Zegna, 
che dal 2008 sviluppa nell'area attorno al paese di Trivero una serie di opere d'arte contemporanea
permanenti realizzate " su misura " da autori di calibro internazionali che si rivolgono alla collettività.






























Che dire? Una domenica bellissima in mezzo a questi fiori stupendi,
non mi resta che invitarvi a passare di qui per godervi dal vero la Valle dei Rododendri e tutte 
le altre bellissime passeggiate dell'Oasi Zegna...e scusate se vi ho un po' annoiati con tutte
queste fotografie ma non sono riuscita a trattenermi!















































Expo, frutta multimediale al padiglione Messico

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Il padiglione del Messico dà il benvenuto ai visitatori assegnando ad ognuno un prodotto
tipico del Paese attraverso un piccolo codice a barre che viene distribuito all'ingresso.
Un dettaglio che rende l'esperienza multimediale al punto giusto senza essere invadente,
e che diverte grandi e piccini grazie al selfie da scattarsi all'ingresso, in apposite colonnine.








Un breve video illustra poi le bellezze del Paese centramericano prima che il visitatore si 
trovi a viverle in prima persona attraverso ricostruzioni ricche di colore e di musica. Un esempio?
La sala della musica in cui si è circondati dalle maracas che suonano ad intervalli regolari.













Più in là l'esperienza diventa culinaria con uno chef che illustra la preparazione di un dolce
a base di panna e zucchero, raccontando passo per passo cosa si consuma
per realizzare i piatti tipici della tradizione messicana.












Schemi interattivi tra una sala e l'altra permettono, inoltre, attraverso il codice a barre ricevuto 
all'ingresso, di approfondire la cultura messicana. Con pochi, semplici click si può ricevere
via mail un pacchetto ricco di ricette ed immagini suggestive per portarsi a casa l'esperienza Expo
una volta conclusa la giornata.








Il percorso, fatto di continui saliscendi che a volte risultano difficoltosi, termina in un piccolo shop, 
ricco di gioielli artigianali e di sombrero coloratissimi.








Un adesivo che riporta il frutto assegnato ad inizio percorso viene poi regalato
ad ogni visitatore come ricordo del viaggio.








Ma la parte più apprezzata del padiglione sono sicuramente i ristoranti.
Primo fra tutti il bar Tapas, che, situato all'ingresso, vede un intenso via vai di turisti
intenti ad assaggiare le specialità accompagnate da una bottiglia di Corona ghiacciata.








Provate per esempio gli ottimi tacos al pastor, le tortilla di mais ripiene di carne di maiale,
o più raramente di vitello, marinate con una salsa tradizionale di spezie e peperoni che dona agli 
ingredienti il caratteristico colore rossastro, e accompagnata da coriandolo, cipolla, ananas
e varie salse.








La più richiesta? la cremosa " guacamole ", fatta con avocado schiacciati, succo di 
limone, pomodoro, peperoncino verde piccante, olio, sale, pepe e coriandolo.
Questi tacos sono preparati, e lo saranno fino a fine ottobre
da un vero " taquero " messicano.








La Pagella

SI'

* Il codice a barre che ti assegna un frutto o una verdura
* La sala della musica con le maracas sul soffitto
*Il bar tapas


NO

*Troppe rampe sali e scendi
*Il ristorante nascosto sul retro
*Le bottiglie di birra vuote abbandonate all'ingresso









































( Fonte Marianna Baroli, libero del18 maggio 2015 )
( fotografie dal web )






















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Italia...

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 Milano










Firenze












Roma









( Immagini dal web )






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Expo, nel padiglione turco ad ogni angolo si fa una scoperta

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Se cercate un padiglione in cui rilassarvi, guardandovi attorno e giocando un po' a scoprire
dettagli interessanti, sorseggiando magari un buon caffè, la Turchia è la meta che fa per voi.








Il motivo? Il padiglione , situato quasi alla fine del Decumano, è uno dei più liberi di tutta l'Esposizione
Universale. Questo si traduce in lati positivi - primo fra tutti la possibilità di accomodarsi su comode
seggiole sotto l'ombra rinfrescante dei platani - che, dopo una giornata a camminare per il sito
espositivo, non vanno certo sottovalutati.








La Turchia è stata fino all'ultimo, una delle grandi incognite di Expo: il padiglione, partito
in ritardo rispetto agli altri, è stato costruito da Ddf in soli due mesi ed è un padiglione
ricco di curiosità e di simboli che rimandano alla tradizione turca.








Innanzitutto è bene sapere che il melograno, simbolo del padiglione turco,
non è del tutto casuale, i turchi si sentono come questo frutto, una scorza dura all'esterno ma,
una volta aperti pieni di sfaccettature come i grani di questo frutto.








La molteplicità d'idee si traduce in un padiglione in cui ogni angolo è una scoperta.
Si parte dall'ingresso, dove si possono ammirare oggetti di vetro, l'angolo dei fiori, quello delle spezie
 e la ricreazione del Tempio di Gobeklitepe, inserito nel Patrimonio Unesco.












Ma il consiglio è uno solo: perdetevi.
Camminate e scoprite ogni angolo camminando con il naso all'insù verso il grande
soffitto aperto e nascondetevi nelle costruzioni in cui sono ospitate le mostre.
Le imperdibili? Food & Art e Turkish Coffee.








E proprio il caffè turco è un must che va assolutamente assaggiato. Sorseggiatelo
amaro, seduti a uno dei tavolini in legno con inserti in ceramica dipinta a mano.
Poi afferrate la tazzina, voltatela sul piattino e lasciate che qualcuno al bar vi legga i fondi
del caffè. La fortuna, a vostra insaputa, potrebbe essere dietro l'angolo.








La Pagella

SI'

* L'assenza di cose
*Il caffè turco
*I simboli sparsi per i padiglioni
*La mostra con decine di tazzine da caffè

NO
*Il percorso in balia delle interperie
*l'assenza del ristorante ( per ora )
*La necessità di spiegazioni per capire il padiglione


































( Fonte  Marianna Baroli, Libero del 16 maggio 2015 )
( fotografie dal web )







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I misteri dei miei viaggi

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Questo mese Il Senso dei miei Viaggi viene proposto da Claudia
autrice del blog Giro del Mondo attraverso i Libri, e devo dire che si tratta di un argomento
veramente intrigante: I Misteri dei nostri viaggi.
Un viaggio già di per se stesso è un mistero, infatti nel corso di un viaggio ci troviamo di fronte
a realtà sconosciute, ad abitudini diverse dalle nostre, a storie e leggende che affondano le radici 
in un passato lontano...se ogni viaggio è un mistero ci sono, però, misteri più misteriosi di altri
e questi sono i misteri dei miei viaggi.





Santa Maria delle Vigne e lo spartito del Diavolo









Percorrendo la strada che da Lucedio,nel vercellese, ( post qui ) porta verso la collina  appare, 
come un miraggio, una cupola in mezzo al verde:
è il Santuario della Madonna delle Vigne, in passato conosciuto anche come 
Santissimo Nome di Maria
Progettata dall'architetto A.Bertola  di Biella nel 1696 su incarico 
dell'abate commendatario di Lucedio, Vincenzo Grimani, e costruita su un preesistente
edificio sacro, la leggenda narra che durante una terribile grandinata il raccolto di tutta la zona
del Principato di Lucedio fu distrutto e che solo le colture presenti su una collinetta si salvarono
come protette da una mano divina. I contadini del luogo, convinti che quel terreno fosse stato miracolato dalla Madonna, decisero di costruirvi un santuario a lei dedicato.
Attorno a questo santuario, 
nell'antichità sono fiorite molte leggende su presunte presenze demoniache, sabba, suore, frati, che hanno portato alla sconsacrazione della chiesa che oggi, purtroppo versa in stato di totale abbandono
Passando tra i calcinacci e i muri ormai pericolanti siamo riusciti ad entrare nel Santuario
e ad ammirare quello che resta del suo interno.

Capitelli a forma angelica osservano il visitatore dall'alto,
spostando lo sguardo sopra il portone d'ingresso, dove nelle classiche chiese
si trova l'organo a canne, in questo santuario si può vedere, sì, un organo ma
interamente dipinto, usando la soluzione stilistica del trompe d'oeil.
I colori sono molto sbiaditi ma l'affresco è ben visibile nei suoi particolari;
quello che maggiormente interessa e che è stato oggetto di molte trasmissioni
televisive è il dipinto di uno spartito musicale, soprannominato
lo "Spartito del Diavolo ".

La leggenda narra che nel vicino Principato di Lucedio, all'interno della cripta
della chiesa di Santa Maria sia stato segregato un terribile essere maligno che infestava
la zona di Lucedio. La cattura dello spirito, si racconta, sia stata effettuata utilizzando
la musica di uno spartito composto da un abate, ma come nelle migliori leggende
lo spartito è sia in grado  di intrappolare l'entità maligna che di liberarla.

L'associazione TESES ( Team Sperimentale Esplorazioni Sotterranee)
con il supporto della dottoressa Paola Briccarello, ricercatrice di scritti di musica antica,
hanno compiuto degli studi sullo spartito e le scoperte fatte sono alquanto sorprendenti:
l'andamento grave dei primi tre accordi lascia supporre che lo spartito sia solo la parte
conclusiva di un intero teme musicale, inoltre suonando lo spartito nelle direzione canonica
la melodia risulta fastidiosa, se invece si suona dall'alto verso il basso o 
da destra verso sinistra risulta piacevole e acquisisce armonia.

Il Santuario è stato più volte luogo di messe nere e di
riti satanici e nel vercellese gode di una pessima fama,
ma per chi ama i luoghi misteriosi e pregni di leggenda questa
è una meta obbligatoria.
( Ho estrapolato la leggenda da un post che avevo scritto parecchio tempo fa, chi fosse interessato può trovare la storia, tutte le leggende e le fotografie di quel vecchio post  Qui )




Il mistero ha sempre accompagnato il cammino dell'uomo e l'avventura dell'esistenza non sarebbe così affascinante se ci fosse dato conoscere tutto quello che ci circonda.
Romano Battaglia  




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La Sacra di San Miche le e la torre della Bell'Alda











Simbolo della più rocciosa piemontesità la Sacra di San Michele si staglia contro
il cielo azzurro delle Alpi con il suo profilo visibile da grandi lontananze ad indicare
l'imbocco della Valle di Susa. Quando si legge Il nome della Rosa di Umberto Eco
il pensiero corre subito a questa immensa roccaforte montana, che sembra sfidare i secoli e
la natura stessa innalzandosi verso il cielo fin dove l'opera umana lo consente.
L'Abzia è splendida e lascia letteralmente senza fiato, attorno alla sua origine sono nate nei secoli molte leggende ma il " mistero " che vorrei ricordare qui è quello che riguarda l'adiacente Torre dalla
Bell'Alda e la sua tragica leggenda.
Dal terrazzo panoramico della Sacra si spalanca improvvisamente un baratro,
narra la leggenda che quando bene non si sa, forse ai tempi del Barbarossa o forse nel ‘300, quando tutta la Val di Susa pullulava di mercenari sanguinari, o forse ancora nel ‘600 coi Lanzichenecchi pestilenziali di manzoniana memoria, la Sacra – vista la sua posizione – era una sicura fortezza dove trovavano rifugio i villici durante le varie incursioni nemiche.
Durante una di queste, arrivò un gruppo di contadini; fra loro vi era una fanciulla che si chiamava Alda, nota in tutta la zona per la sua avvenenza.
Ed era bella, ma tanto bella, ma così bella che tutti la chiamavano – con slancio di fervida, poetica e originale fantasia – la Bell’Alda.
Quella volta però i nemici riuscirono ad invadere la Sacra; saccheggiarono la chiesa, massacrarono i monaci, uccisero i contadini e violentarono le donne.
La Bell’Alda riuscì a fuggire e, in preda alla disperazione e al terrore, s’arrampicò sulla cima della torre; la soldatesca la seguì sin lassù.
Non aveva più scampo.
Invocò l’aiuto della Madonna e si lanciò nel vuoto.
Ma dal cielo scesero lievi due angeli i quali, prendendola delicatamente per le braccia, la depositarono incolume a terra.
Passò un po’ di tempo e la Bell’Alda, inorgoglita, non faceva che vantarsi raccontando a tutti il miracolo di cui era stata protagonista; ma nessuno le credeva.
“Ma come?” diceva “Osereste mettere in dubbio la parola d’una Prescelta e Prediletta dalla Vergine, dagli Angeli e dai Celesti tutti?”.
E il popol tutto rispondea: “Sì!”.
Offesa e seccata, un bel giorno la Bell’Alda – pestando piccata il piedino a terra – sbottò: “Ok. Venite con me che vi faccio vedere io”.
Seguita dalla folla dei compaesani, corse alla Sacra, si ri-arrampicò sulla cima della torre e, sicura d’un nuovo aiuto divino, si ri-lanciò di sotto.
Ma il Cielo punì la sua superba boria: degli angeli quella volta non si vide manco la piuma di un’ala, e la Bell’Alda si spiaccicò violentemente al suolo.
Di lei, dice sempre la leggenda, “’L toc pi gross rimast a l’era l’ouria” (il pezzo più grosso rimasto
era l’orecchio).
Nel punto esatto dello schianto, la pietà umana pose una croce e la fervida e poetica fantasia popolare le dedicò una canzone la cui ultima strofa declama:

La Bell’Alda insuperbita
qui dal balzo si gettò,
sfracellata nella valle
la Bell’Alda se ne andò.




La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero; è la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza.

Albert Einstein



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Storie di Arcangeli










La Leyline di San Michele

" Il culto dell’Arcangelo Michele in luoghi sacri posizionati su un’unica linea retta. Un allineamento perfetto, insipegabile. Solo una casualità?

Skellig Michael (Repubblica Irlandese), St Michael’s Mount (Cornovaglia – Inghilterra sud-occidentale), Mont Saint Michel (Normandia – Francia), la Sacra di San Michele (Val di Susa – Piemonte), San Michele (Monte Sant’Angelo – Puglia), Monastero di San Michele (Isola di Simi – Grecia, Dodecaneso meridionale). A vederli su di una cartina geografica, questi santuari risultano posizionati su una unica linea retta, la Leyline di San Michele.

Forse ancora più sorprendente è il fatto che tre luoghi importanti ovvero Mont Saint Michel in Francia, la Sacra di San Michele in val di Susa e il santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano si trovano alla medesima distanza. Qualcuno interpreta questo fatto come un ammonimento dell’Arcangelo ai fedeli di Cristo a mantenersi nella rettitudine e a non abbandonare mai il rispetto rigoroso delle leggi imposte da Dio. Potrebbe anche essere che quei luoghi di culto siano stati costruiti in punti della terra a forte concentrazione energetica, disposti sulle famose Lay Lines. Ma questa è tutta un’altra storia. Un’altra caratteristica di questa linea è il suo perfetto allineamento con il tramonto del Sole nel giorno del Solstizio d’Estate, giorno che è sempre stato ritenuto importante per riti e connessioni energetiche con la Natura. "



Sono stata infinite volte a Monte Sant'Angelo, si può dire in ogni anno della mia
infanzia e adolescenza e parecchie volte in età adulta.
Luogo misterioso Monte Sant'Angelo e ricco di suggestioni, la linea angelica, le apparizioni
dell'Angelo, l'impronta del suo piede sulla roccia della grotta dove i pellegrini appoggiano
ancora oggi la mano, o poi la tomba di Rotari,  - che in realtà non è una tomba ma un battistero,
e che in realtà non c'entra nella con il Re Longobardo, che probabilmente non ha mai messo piede
in questo luogo - che è uno dei luoghi più misteriosi di tutto il Sud Italia.
Ma quella che è rimasta impressa nella mia mente prima di bambina, poi di adolescente attratta dall'occulto e dalle storie di spiriti infelici, e poi anche di persona adulta  è la leggenda che si racconta a Pescopagano nella vicina Basilicata.
Dunque, si narra che è praticamente " obbligatorio " andare in pellegrinaggio al
" Monte dell'Angelo " almeno una volta nella vita perchè se no si sarà costretti ad andarci
a piedi, per ben 7 volte, dopo morti trascinandosi appresso sferraglianti catene.
Vi lascio immaginare quali orrende visioni questa credenza popolare ha suscitato nella mia mente infantile...
bene, oggi ho una certezza, comunque vada, nell'al di là almeno questo tormento
mi sarà risparmiato!!!




È così stupido chiudere gli occhi al mistero, così disumano, un atteggiamento da bestie.
Federico Fellini




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Con questo post partecipo a Il senso dei miei Viaggi
gestito questo mese da Claudia autrice del blog
" Giro del Mondo attraverso i Libri "



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La sensazione più bella che possiamo provare è il mistero. Costituisce l'emozione fondamentale che sta alla base della vera arte e della vera scienza. Colui che l'ha provata e che non è ancora in grado di emozionarsi è come una merce avariata, come una candela spenta. È l'esperienza del mistero, spesso mischiata con la paura, che ha generato la religione. La conoscenza di un qualcosa che non possiamo penetrare, delle ragioni più profonde di una bellezza che si irradia, che sono accessibili alla ragione solo nelle sue più elementari forme, è questa la conoscenza e l'emozione che stanno alla base della religione, in questo senso, e in questo solamente, io posso definirmi profondamente religioso.
Albert Einstein  







Potrei dirvi...

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Vi chiedo scusa se improvvisamente sono scomparsa e non ho più nè risposto ai
vostri commenti nè visitato, letto e commentato i vostri blog.
Potrei dirvi, e sarebbe la verità, che un grosso impegno di lavoro mi ha tenuta impegnata
più del previsto, potrei dirvi che in questo periodo la connessione ad internet è un po' ballerina e
fa i capricci e anche questa sarebbe la verità.
Ma la verità vera è che in questi giorni non avevo più voglia nè di leggere nè di scrivere e
non avrei nemmeno saputo cosa scrivere.
La verità è che in questi giorni il piccolo paese in cui abito è stato sommerso dalla tristezza
e dal dolore togliendoci perfino la forza di respirare.
Sabato 13 giugno è accaduta una terribile tragedia, una tragedia che Coggiola non
riuscirà mai a dimenticare.
Era un sabato qualunque, un sabato di inizio estate e un tremendo incidente stradale  ha
portato via tre di noi, tre giovani vite.
Questo è un paese piccolissimo, non arriviamo nemmeno a 2.000 abitanti, e quando una tragedia
del genere si abbatte su una comunità così minuscola il dolore di uno diventa il dolore di tutti,
il lutto di una famiglia diventa il lutto di tutte le famiglie. Ci conosciamo tutti,
tutti prima o poi ci siamo incrociati al bar oppure in tabaccheria o in edicola, conosciamo
bene almeno un membro di ogni famiglia, ogni ragazzo e ogni ragazza sono stati o sono amici dei figli
dei nostri amici...forse, quando ci si incontra per strada si scambia solo un saluto
ma in realtà siamo, inevitabilmente, tutti presenti nella vita di tutti.
Qui il tempo si è fermato, si è inchiodato quel maledetto sabato pomeriggio alle 15 e
ci ha lasciati in uno stato di desolazione e incredulità che hanno quasi impedito alla vita
quotidiana di continuare.
Lunedì abbiamo accompagnato Elena, Alberto e Graziano nel loro ultimo viaggio,
lunedì tutti abbiamo pianto e sofferto con le famiglie di questi ragazzi, tutti ci siamo indignati per
la poca sensibilità di giornalisti e fotografi, lunedì...
Oggi, per forza di cose, la vita ricomincia, si cerca di tornare a respirare ma non posso non
chiedermi cosa stia succedendo in questo piccolo paese.
In soli 10 mesi abbiamo perso in modo drammatico cinque vite, questa non è una città, cinque
vicende così tragiche in soli 10 mesi sono un'enormità.
Lo scorso agosto abbiamo avuto un disperso in montagna mai più ritrovato, poi ad ottobre
 il dramma di Federico, di soli vent'anni, investito e morto da solo sulla strada,
ad aprile la mia amica Gloria, banalmente caduta dalle scale ed entrata in coma per poi lasciarci
per sempre venti giorni dopo, ed ora Elena, Alberto e Graziano di 24, 20 e 37 anni,
morti così, senza una ragione in un pomeriggio di sole...
Ecco, non avevo più voglia di scrivere, avevo bisogno di staccare un momento e di
pensare...e oggi sono qui, davanti a questa " pagina " bianca e vorrei scrivere tante
cose ma, alla fine, sarebbero tutte banalità...resta la realtà di un paese gravemente ferito, di tre famiglie
 distrutte dal dolore, di una " normalità " che stenta a tornare...

Ciao Elena, Alberto e Graziano,
Buon viaggio e continuate a sorriderci da lassù.





Expo, viaggio nella Colombia sconosciuta

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Sedersi all'ombra del padiglione, su uno dei maxi divani bianchi all'ombra di un ombrellone,
sorseggiando, magari, una granita di frutta fresca, è una delle esperienze più rilassanti che potete
trovare ad Expo 2015.









L'oasi del refrigerio si chiama Colombia, e il suo padiglione bianco, in cui spiccano immagini della
nazione conosciuta soprattutto per il caffè, è uno dei più visitati all'interno del sito espositivo. I motivi?
Svariati, sicuramente, ma  tra i più gettonati c'è la curiosità di scoprire qualcosa di più sulla terra
natia di calciatori e pop star.









Una delle criticità del padiglione, che si sviluppa in tre sale ognuna con video che accompagnano
alla scoperta di una terra sconosciuta a moltissimi, è la lunga attesa.







A deludere leggermente è l'attesa nell'attesa. Finita la lunga scalinata non ci si ritrova
immediatamente nello spazio espositivo. Il gruppo di fortunati in procinto  di dare
il via al loro viaggio viene infatti lasciato in attesa qualche minuto ( fino a una decina nei più
sfortunati dei casi ) attorno ad una cartina 3D della Colombia.








Qui uno dei ragazzi, adibiti a guida all'interno del padiglione, racconta delle varie
aree climatiche, con dovizia di particolari e un sorriso cortese stampato sulle labbra.
Ma nemmeno la prestanza fisica dei giovani ragazzi e ragazze di turno distoglie dalla noia
di essere, nuovamente, fermi in attesa.









Una volta aperte le porte del padiglione, però si dimentica tutto, il sole,
il caldo e perfino l'afa. Nella prima sala si viene circondati da uno schermo curvo su
cui è posto un fiore in 3D  che mostra immagini dello Stato , dalle nevi alle distese verdi.












Ma la vera esperienza viene dopo quando si entra in una saletta più piccola delle
altre con schermi a 360 gradi e in cui, come in un ascensore, si passa dalla cima delle montagne
fino in fondo al mare in un viaggio che incanta. Incanta davvero.









L'ideale sarebbe poi concedersi un po' di relax, quello vero, degustando uno dei
prodotti tipici in uno dei due bar del padiglione.
Consigliatissimi: il caffè espresso Sierra Nevada al sapore di cioccolato e nocciola e
il succo rinfrescante alla maracuja.









Per gli amanti dello shopping, invece, imperdibili sono le borse coloratissime e
fatte a mano in vendita nel gift shop del padiglione. Il prezzo dai 100 euro in su, non è
accessibile a tutti, è vero, ma i pezzi sono unici e tutti differenti tra loro








La Pagella


* La sala che sembra un ascensore in cui viaggi dalle nevi perenni al fondo del mare
* Il caffè freddo da bere su divani bianchi all'ombra.
* I giochi interattivi
* La granita di frutta alla maracuia.


NO

* I video troppo lunghi
* Lo shop dai prezzi troppo elevati
*La lunga attesa sulle scale sotto il sole.

























( Fonte Marianna Baroli. Libero del 14 maggio 2015 )
( Immagini dal web )





Luglio

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" Poi i giunchi verdi, così smaltati e verdi,
I ginchi sussurreranno, frusceranno, fremeranno,
E sulla fluttuante foschia giungerà, ingioiellata
E ricca più d'una regina, la libellula dagli occhi di giada
E si librerà sui fiori...aerea creatura,
Piccoli arcobaleni si rifletteranno sulle sue ali.
( Jean  Ingelow )
( Da " Il diario di campagna di una signora inglese
del primo novecento " )



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Luglio, il settimo mese del nostro calendario, era in origine il quinto
mese dell'anno, e come tale, era chiamato dai Romani Quintilis
Il nome di Luglio gli fu dato successivamente in onore di Giulio Cesare,
Gli Anglosassoni chiamarono Luglio " Moed - monad " o " Mead -  month ", 
dal nome dei prati che in questo mese sono in fiore, e " Aftera Lida ", " Il secondo mese caldo "
in contrapposizione a Giugno chiamato " Il primo mese caldo ".
( Da " Il diario di campagna si una signora inglese del primo novecento,
Edith Holden )

( Disegno di Cecil Barker dal web )





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