Questo mese il consueto appuntamento mensile con
l'iniziativa di Monica
Il senso dei miei viaggi
mi stava mettendo in grossa difficoltà e stavo
per rinunciare, sebbene con grande dispiacere.
Amo molto gli animali, ormai lo sapete tutti, ma cercando le tre
consuete fotografie mi sono resa conto di averne fotografati pochissimi
e oltre tutto li ho pure fotografati male.
Poi l'ispirazione...
Monica ha detto " gli animali dei miei viaggi "
ma non ha specificato di quali animali intendesse parlare
e allora....fantasia a briglie sciolte e dal mare di fotografie
I Delfini del Palazzo di Cnosso Creta
Creta è stata una delle mete del mio viaggio di nozze:
20 giorni nel "Greco mare" e nelle sue isole.
Non ho amato particolarmente quest'isola, ci sono luoghi che
non sanno parlare alla nostra anima, tra me e Creta è stato così,
non è scattata la magia...
Però i delfini del Megaron della Regina nel Palazzo di Cnosso
sono indimenticabili!
Il delfino era dedicato ad Apollo ed era considerato signore dei mari, amico dell'uomo, amante dei bambini, sensibile alla musica, compagno dei marinai ai quali preannuncia acque calme e rotte sicure, "complice" dei pescatori, caro agli Dei per i quali la sua cattura è un sacrilegio. E sul delfino fioccano miti e leggende. Secondo una di esse il patto di amicizia tra delfini e umani era stato suggellato dall'unione di Poseidone, signore del mare, con Melanto, figlia di Deucalione, alla quale il dio si era presentato con le sembianze di un delfino. Per questo motivo il figlio fu chiamato Delfo, da cui prese nome la città di Delfi - dove si trovava l'oracolo di Apollo - di cui era il re quando Apollo giunse a prenderne possesso. Al mito di Dioniso si ricollega un'altra spiegazione dell'amicizia tra delfini e umani. Nel corso delle mille avventure e disgrazie subite per affermare il suo diritto alla vita eterna, Dioniso ebbe occasione di chiedere ad alcuni pirati di traghettarlo da Argo a Nasso, ma scoprì un complotto da costoro ordito per venderlo in schiavitù. Per punirli trasformò i loro remi in serpenti, avviluppò la nave in una cortina d'edera e la paralizzò con tralci di vite finché i pirati, impazziti, non si gettarono in mare, venendo trasformati in delfini. Da allora essi sono amici degli uomini e si adoperano per salvarli dai flutti, come memoria del pentimento dei pirati da cui discendono.
La Chimera di Arezzo
La magia che non è scattata a Creta
mi avvolge sempre quando viaggio attraverso l'Italia,
viaggi in cui io e mio marito maciniamo km. e parole...
in uno di questi lunghi viaggi una delle nostre soste è stata Arezzo.
Quattro giorni bellissimi che, in realtà non ne so bene il motivo,
ma annovero sempre tra i miei ricordi più belli...
e poi l'incontro con la chimera!
La storia del mito della Chimera si intreccia con la storia degli Etruschi, che hanno lasciato una famosa scultura rappresentante questa figura mitologica, scoperta e riportata alla luce nel 1533. Era esattamente il 15 novembre 1533, il giorno in cui ad Arezzo, nei pressi di Porta San Lorentino, durante la realizzazione di fortificazioni medicee, alcuni operai scoprirono e dissotterrarono quasi intatta, una statua bronzea che, a prima vista, sembrava raffigurare un leone. Subito, però, si capì che non si trattava di un leone normale: la testa di capra, piantata in mezzo alla schiena del felino, era qualcosa di anomalo. Nonostante ciò, nessuno, almeno inizialmente, riconobbe nella statua la figura mitologica della Chimera. In seguito fu scoperto che la scultura, alta circa 80 centimetri e risalente probabilmente al V-VI secolo a. C., era una statua etrusca. La Chimera di Arezzo, rappresenta la creatura mitologica ferita, con la criniera irta e le fauci spalancate, mentre si ritrae di lato, volgendo la testa in un atto drammatico di sofferenza. La testa di capra reclinata sembra essere già morente a causa dei colpi ricevuti dall’eroe Bellerofonte. Qualche tempo dopo il rinvenimento della statua, iniziarono le prime ricerche per capire se la scultura raffigurasse proprio la creatura mitologica della Chimera. Il primo a dichiarare che la statua rappresentava la figura mitologica della Chimera fu lo storico dell’arte aretino Giorgio Vasari. La statua della Chimera è forse la più bella ed affascinante opera d’arte che la civiltà etrusca abbia lasciato. Anche Cosimo I de’ Medici fu talmente affascinato dalla statua, da decidere di esporla a Palazzo Vecchio a Firenze, da dove, poco dopo, fu trasferita a Palazzo Pitti. Durante il periodo fascista, il podestà di Arezzo riuscì a ottenere il permesso per effettuare un calco della statua, utile a poter commissionare la realizzazione di alcune copie della scultura, da esporre nella stessa città di Arezzo, dove tutt’oggi possiamo ammirare alcune repliche della Chimera ritrovata vicino Porta San Lorentino. Due statue identiche all’originale sono state collocate nelle due fontane difronte alla stazione ferroviaria di Arezzo, mentre un’altra copia, completamente ricoperta d’oro, può essere ammirata nella sede della Camera di Commercio aretina. ll mito della Chimera non smetterà mai di stupire e di sorprendere, come non smetterà mai di stupire il fatto che questa leggenda si intrecci indissolubilmente con la storia degli Etruschi, che hanno lasciato un’importante testimonianza della Chimera, nella statua bronzea rinvenuta ad Arezzo, nei pressi di Porta San Lorentino.
La Volpe e la Cicogna a Mosca
Il viaggio in Russia lo considero
un viaggio che tutti dovrebbero fare,
la Russia è magnifica, infinita, splendente e glaciale...
avrebbe potuto essere un Paradiso...ma questa è un'altra storia.
A Mosca dietro la Piazza Rossa
c'è una fontana con le sculture delle fiabe e qui
incontriamo la Volpe e la Cicogna, protagoniste della favola di Esopo.
La volpe e la cicogna erano buone amiche. Un tempo si vedevano spesso, e un giorno la volpe invitò a pranzo la cicogna; per farle uno scherzo, le servì della minestra in una scodella poco profonda: la volpe leccava facilmente, ma la cicogna riusciva soltanto a bagnare la punta del lungo becco e dopo pranzo era più affamata di prima. "Mi dispiace" disse la volpe "La minestra non è di tuo gradimento?" "Oh, non ti preoccupare: spero anzi che vorrai restituirmi la visita e che verrai presto a pranzo da me" rispose la cicogna. Così fu stabilito il giorno in cui la volpe sarebbe andata a trovare la cicogna.
Sedettero a tavola, mai i cibi erano preparati in vasi dal collo lungo e stretto nei quali la volpe non riusciva ad infilare il muso: tutto ciò che poté fare fu leccare l'esterno del vaso, mentre la cicogna tuffava il becco nel brodo e ne tirava fuori saporitissime rane. "Non ti piace, cara, ciò che ho preparato?"
Fu così che la volpe burlona fu a sua volta presa in giro dalla cicogna.
Con questo post partecipo all'iniziativa di Monica
Il senso dei miei viaggi