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Sacha, la cagnetta miracolata dall'alluvione

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Sasha era scomparsa proprio in quel  giorno, sotto la pioggia torrenziale che ha mandato sott’acqua la Sardegna. Anche in quel punto era arrivata l’acqua e di lei si erano perse le tracce. I padroni avevano lanciato appelli su facebook . La cagnolina, al momento  della scomparsa, si trovava nella zona occidentale di Olbia, non molto distante dai canali  traboccanti d’acqua




.

Poi, all’improvviso, la bella notizia sempre comunicata via facebook: “Abbiamo trovato Sasha“. Una delle tante storie di cani e gatti dispersi  con i quali i proprietari cercano di ricongiungersi. Il tutto  tra mille esigenze e soccorsi che stanno unendo in una formidabile gara di solidariteà tutta la Sardegna. Un ruolo importante stanno avendo anche in questo contesto i Rifugi di cani abbandonati alcuni dei quali, come quello della LIDA di Olbia, letteralmente invasi dall’acqua.

Sasha è stata trovata, ma all’interno di un canale dove l’acqua scivola via in maniera impetuosa. Un’amica di chi in quelle ore cerca disperatamente la sua Sasha, ritrova la cagnolina su You Tube. Nella sponda opposta del canale, una signora ha filmato la scena e posta il video chiedendosi a chi appartiene quel cane.







Lo sponde sono ripidissime ed in cemento. La cagnolina appare in precario equilibrio in meno di un metro quadrato di vegetazione semisommersa, miracolosamente protetta dalla furia delle acque da alcuni rottami che si sono incastrati proprio in quel punto. Sasha tenta di rimanere in equilibrio  cadendo ripetutamente nell’acqua gelida. Abbaia ed ulula, chiede aiuto.

Sulla sponda in cemento sono arrivati i soccorsi. Si inizia a preparare l’imbracatura per raggiungere la cagnolina. Momenti di forte apprensione anche perchè basta un attimo di spavento per perderla tra i flutti. Pochi secondi appena. Il soccorritore scende lungo il ripido argine, imbraca il cane per il torace ed inizia a tirare. Una volta tanto un provvidenziale nodo scorsoio che salva la vita. Sasha è sulla riva e dalla sponda opposta parte un applauso di ringraziamento per i bravi soccorritori.






Dove è finita Sasha?

La ragazza si mette in contatto con la giornalista Marella Giovannelli,  che ha ripreso la scena del salvataggio e postato il video su You Tube e sul suo account facebook,, ma ancora nessuno sa dove hanno portato la cagnolina. La sponda era quella opposta e non è stato possibile sentire dove il mezzo delle Guardie Ecozoofile, nel frattempo giunte sul posto, ha portato il cane. Di certo si è sentito chiamare un Veterinario. Ripartono le ricerche ma almeno questa volta con la sicurezza che Sasha è stata trovata ed è  da qualche parte.

Passa poco tempo ed arriva l’altra comunicazione: “Abbiamo trovato Sasha, è stata accolta dal Rifugio della LIDA di Olbia“.






Nonostante la drammatica situazione che ancora in queste ore sta vivendo il Rifugio, gli operatori non si sono tirati indietro. Non potevano però sapere il vero nome e Sasha, sebbene per poco tempo, diventa “Sole” esposta nell’account facebook della LIDA di Olbia, al fine di poterla ricongiungere con i suoi padroni. Il tam tam si diffonde velocemente e poco dopo parte la corsa per raggiungere Sasha.

Tutti i partecipi di questa storia, dal Rifugio ai padroni di Sasha, stanno subendo gli effetti dell’alluvione ma oggi, dicono dalla LIDA di Olbia, c’è il lieto fine.








“A tutte le persone che hanno perso i loro amati amici a quattro zampe e li stanno cercando, auguriamo di ritrovarli e riunirsi, proprio come Sasha e la sua famiglia” – dicono dalla LIDA di Olbia.

Al Rifugio, però, l’emergenza continua. Un’azione meritoria che continua anche in piena emergenza  fornendo tra l’altro un supporto non indifferente , specie quando di mezzo ci sono affetti importanti.
(Geopress)
( fotografie dal web )


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Un gruppo di 350 creativi ha messo a disposizione
le proprie creazioni per un'iniziativa benefica per
le persone gravemente colpite dall'alluvione.
Da lunedì 25/11 alle 21 al 26/11 fino alle 21 sarà possibile
acquistare uno degli oggetti messi in vendita su

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.182081261981790.1073741829.182076601982256&type=3&uploaded=1

Per saperne di più sull'iniziativa vi invito a passare da Audrey

qui

per acquistare cliccate sulla fotografia qui sotto




Se vi è possibile in coda al vostro post di oggi
cercate di fare girare questa iniziativa molto importante
riportando il banner e il link.
Grazie!










La storia in cucina / I primi 80 anni della Moka

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Dedico questo post alla mia amica Audrey
perchè so che le piace molto questa  rubrica "La storia in cucina "
e perchè conosco la sua grande ammirazione per gli imprenditori
che hanno osato e che hanno fatto grande l'Italia



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La moka compie ottant'anni.
Col suo disegno classio, la caldaia annerita, il manico di plastica
che si è sciolto fino ad assumere le sembianze di una stalattite,
il gorgoglio del caffè che sale senza schiuma, nero e lento.
Lo "schifoso " caffè della nonna che non ha mai imparato ad usare 
la moka secondo le regole dell'Omino coi baffi:
" Sembra facile! Sisisi. Cosa ci vuole? Un po' di attenzione, tanta pazienza
e un po' di pratica "






Oggi, se le chiedi un caffè, la nonna ti porta un espositore
con tutti i cru Nestpresso: " Cosa ti faccio? Vuoi un Fortissio, un Così,
un Linizio? " Tu nel panico da scelta, senti una voce che non può essere la tua
chiedere: " Non hai più la moka? "...
Ma George Clooney saprà poi che cos'è una moka?
Cosa penserà quando vede la sua domestica di Lallio mettere quello strano oggetto
di metallo sul fornello?
Perchè la moka è affare italiano, è patrimonio nazionale.






Gli americani pensano che noi italiani beviamo solo
 caffè espresso e che abbiamo sempre avuto a casa le macchine
automatiche che George Clooney pubblicizza







Rivoluzionaria ma borghese, Moka Bialetti è una distinta signora
con il gusto per l'Art Decò, nome esotico e cognome importante,
nata ottant'anni fa in provincia di Verbania.
Il padre della Moka l'ingegnere esperto fonditore Alfonso Bialetti,
era solito addormentarsi con un sigaro tra le labbra e stringendo al petto il pezzo
più difficile realizzato quella giornata.
Una sera di ottant'anni fa Alfonso Bialetti andò a letto con la Moka.








Rifinita in ogni parte con un'attenzione ai dettagli che oggi riconosciamo 
nei prodotti di Apple.
Oggetti belli nella loro sintesi tra funzionalità ed essenzialità per cui siamo
disposti a pagare cifre esorbitanti. Nella mente di Bialetti quello strano oggetto a 
pianta ottagonale che cullava nel sonno doveva invece essere economico, bello 
e alla portata di tutti. Chiunque avrebbe potuto prepararsi un caffè
buono come al bar senza macchine costose ed ingombranti 
e senza la macchinosità della cuccuma napoletana
La democrazia del caffè.






Alfonso Bialetti aveva a lungo osservato la moglie fare il bucato
con la " lisciveuse " una pentola riempita con acqua, bucato e lasciva
Sulla base della struttura la moglie di Alfonso avvitava un coperchio forato
e dotato di camino. L'ebollizione dell'acqua faceva salire il detersivo
e l'acqua nel camino e lo faceva tornare ai panni attraverso i fori del coperchio.
Una pentola a pressione per il bucato.






L'intuizione di Bialetti fu di applicare questo principio a un oggetto semplice 
in alluminio e bachelite.
Con queste idee Bialetti si addormentava e sognava di mettersi
sulle orme del Candido di Voltaire e di bere la bevanda scura della città di Mokha..







La storia della Moka e con lei della Bialetti da piccola fonderia a
 colosso industriale è fatta di sogni, audaci piani industriali e 
fortunate campagne pubblicitarie
Protagonista, assieme a Moka, è il flemmatico omino Bialetti, 
star dei jingle di Carosello ideati da Paul Campani nel 1954 e ispirato alla figura di Bialetti.






Nel 1956 il pubblicitario Aldo Beldì, che già aveva partecipato
alla realizzazione dell'omino baffuto, realizza una moka gigante da cui 
esce acqua scura profumata al caffè ed è esposta
alla fiera campionaria di Milano.






Oggi quel pressofuso di alluminio che Alfonso Bialetti si portava a letto
è esposto nel Design Museum della Triennale di Milano e al Moma di New York,
dove è osservato come  fosse un frammento dell'UFO di Roswell.






Ottant'anni di onorata carriera e la moka è ancora la regina
del piano cucina e come Madonna non ha nessuna intenzione di cedere 
lo scettro alla reginetta del pop di turno, finchè tengono le autoreggenti.
Se vincere la battaglia contro la cuccumella, la caffettiera a stantuffo o
il bollitore americano è stato facile, la guerra termonucleare contro la Nespresso
si annuncia durissima.






Ma la Signora Moka diventata maggiorenne in piena Guerra Fredda, 
conosce la sottile arte della diplomazia. Così ecco, accanto all'inossidabile
Moka Express, troviamo la Moka Cream, che fa il cappuccino
e la Orzo Express che fa il caffè d'orzo







C'è poi la Mokona Bialetti, macchina a cialde 
travestita da moka.
Se poi non bastassero i prezzi bassi perchè non dare la possibilità
 di personalizzare la moka come ha fatto la Coca Cola e la Nutella?
Chi di noi non vorrebbe vedere il proprio nome inciso
su un'opera d'arte?
E l'omino Bialetti se la ride sotto i baffi.






Per gli amanti del mito inossidabile si terrà
dal 27 novembre all'8 dicembre
presso il Palazzo della Permanente di Milano l'esposizione
" La Moka si mette in mostra, ottant'anni di un'intuizione geniale
diventata mito "






A chi fosse appassionato di caffè e della sua storia
consiglio due splendidi romanzi:
" Il profumo del caffè " ( leggi qui ) di Antony Capella
e " Arabia Felix "












Oriana Fallaci / Quel Giorno sulla Luna

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Dopo aver passato quattro anni insieme agli astronauti, in particolare quelli impegnati nei progetti Gemini e Apollo 11, la Fallaci ha acquisito una conoscenza davvero profonda delle ricerche che porteranno l’uomo ad approdare sulla Luna. Come semplice giornalista, inviata dell’«Europeo» prima, come amica e confidente poi, ha assorbito in pieno il clima di sfida, non solo tecnologica, tra Stati Uniti e Urss.







Ha osservato e compreso i mezzi tecnici e finanziari necessari alla partenza, al volo, all’attraversamento dell’orbita terrestre, all’atterraggio sulla Luna. Ha assistito alla selezione degli astronauti da lanciare nello spazio, rintracciandone le motivazioni principali. Ha poi intervistato gli stessi astronauti, gli scienziati impegnati nella missione, gli economisti che si occupavano di reperire i fondi indispensabili all’operazione, gli scrittori di fantascienza che intorno al mito della Luna avevano basato un genere letterario.
Ne è nato subito un libro pubblicato nel 1965 da Rizzoli, Se il Sole muore, che sulla base di queste conoscenze Oriana ha impreziosito di un fitto tessuto romanzesco. In seguito, tornando ai grandi reportage pubblicati per «L’Europeo» e arricchendo la cronologia di tutte le conseguenze che l’allunaggio ha innescato, la Fallaci ha ricostruito quegli anni di cambiamenti così rivoluzionari e repentini, sviscerando ulteriormente i dilemmi morali e psicologici già affrontati in Se il Sole muore.







Ne è nato così Quel giorno sulla Luna, resoconto minuzioso delle missioni nello spazio e ritratto disincantato degli astronauti, personaggi diventati ormai mitici nell’immaginario collettivo ma che per la Fallaci nulla rende speciali. Condividendone le angosce, le speranze e le delusioni, i momenti di tristezza e debolezza, si è infatti convinta che non si tratti di eroi o persone particolarmente sopra la norma («E chi sono loro? Diciamolo subito: borghesi di provincia. Non ti aspettare da essi un’intelligenza pari alla responsabilità che hanno, o una visione nuova della vita»), ma di uomini normalissimi che il caso ha portato a vivere in prima linea la più grande avventura dell’uomo.






Per conoscerlo un po'


Un uomo, messo accanto a quel razzo, sembra meno di una formica. È un razzo così ciclopico che la sua altezza equivale a quella di un grattacielo con trentasei piani, la sua ampiezza è quella di una stanza di sette metri per sette. Pieno di carburante, pesa tremila tonnellate. Per alzarsi, ha bisogno di una spinta pari a quattromila tonnellate. Se ne raggiungi con un ascensore la cima, io l’ho fatto, ti coglie il terrore. E di ciò non ti rendi conto alla televisione o quando lo guardi dal recinto della stampa che è il più vicino alla pista di lancio: un chilometro e mezzo.







 La torre che lo sostiene è altrettanto grossa, tutto intorno la pianura è deserta: ti mancano i termini di paragone, e solo il boato che segue la fiammata da apocalisse ti riconduce alla realtà. Poi lo spostamento d’aria che ti investe come un mastodontico schiaffo. Ma è una realtà irreale: mentre lui sale dentro l’azzurro sputando una cometa di fuoco arancione, tuonando l’esplodere di mille bombe, non credi ai tuoi occhi e ti senti quasi offeso nelle tue dimensioni umane. Offeso, ricordi che in fondo è una bomba, nacque da una bomba che si chiamava V2 e non serviva a volare nel cosmo, serviva a distruggere le città, a massacrare gli inermi. Pensaci al momento in cui partirà per la Luna, il 16 luglio. La data è il 16 luglio. L’ora le nove e trentadue del mattino. Il luogo, Cape Kennedy in Florida. 






Avrebbe potuto essere Baikonur nell’Unione Sovietica: la corsa dei due paesi andava di pari passo e anzi sembrava che a vincerla fossero i russi. Poi i russi rimasero indietro, non s’è mai saputo perché, e a meno di una sorpresa in extremis sembra proprio che a vincerla siano gli americani. Hanno tenuto fede all’impegno. Entro il 1969, dicevano, sbarcheremo sulla Luna. Ed entro il 1969 ci sbarcano: 
per darci il Grande Spettacolo.
Naturalmente gli uomini non cambieranno per questo: allo stesso modo in cui non cambiarono il giorno che la prima zattera si staccò da una spiaggia e navigò il mare e approdò a un’altra spiaggia. Coloro che ancora vivono come bestie dimenticate da Dio, e sono centinaia di milioni, non sanno neppure che esiste il razzo Saturno, che si va sulla Luna. Se lo sapessero, direbbero ciò che dicono le due spazzine della vignetta pubblicata anni fa da un giornale satirico di Mosca: «Ora ci tocca spazzare anche lei». Quanto a coloro che invece lo sanno e ne comprendono il significato, non illudiamoci.








 Gli uomini continueranno come prima a soffrire, a uccidersi nelle guerre, a offendersi nelle ingiustizie, e con la Luna allargheranno i confini della loro perfidia e del loro dolore. Ma allargheranno anche quelli della loro intelligenza, della loro curiosità, del loro coraggio e, se le insidie non si materializzano, può anche darsi che il Grande Spettacolo diventi una buona avventura. Certo le insidie sono cupe. La prima è che un microscopico germe lunare invada la biosfera e contagi il genere umano, gli animali, le piante, le acque: senza che la natura e la scienza sappiano difendersi. La morte fisica insomma. La seconda è che la tecnologia prenda il sopravvento e addormenti i nostri cuori, i nostri cervelli, ci trasformi in robot incapaci di fantasia, sentimenti, rivolta. La morte spirituale insomma. La terza è che tutto si risolva in un avvenimento giornalistico, uno show televisivo dietro cui non c’è nulla fuorché qualche dato scientifico per far guadagnare chi guadagna già troppo. La morte morale insomma. Per destino o per scelta, ci siamo imbarcati in un’impresa che rischia di annientarci o peggiorarci o deluderci. Ma non possiamo più tirarci indietro. E qui sta il lato eroico dell’intera faccenda, il suo blasfemo splendore, la conseguente retorica che l’ha sempre falsata."





( Immagini dal web )









Le Matitiadi di Cristina Berardi

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Ho conosciuto  Cristina Berardi
attraverso il blog e mi sono innamorata
fin da subito dei suoi disegni:
eleganti, ironici con grazia, simpatici...
Il pulcino Oscar è la grande star ma io non ho 
saputo resistere a queste matite!






E queste sono le parole con cui Cristina si presenta
sul suo blog:

" Nelle arti figurative sono un outsider. Mi sono laureata in Lingue e Letterature Straniere specializzandomi in Traduzione Letteraria e Tecnico Scientifica. Ho ereditato dalla famiglia la mia passione per le arti. Mia mamma , figlia di coltivatori di fiori, studia da sarta e modellista , mio papà, appassionato di cinema e fotografia, deve riporre i suoi sogni per farsi strada con il suo diploma di geometra e tanta volontà: il nonno paterno, fotografo e artista, muore prematuramente, lasciando moglie e figlio di sette anni in tempo di guerra.  Da loro ho preso l'amore per la Natura e il disegno (mamma) e la concretezza e l'ordine (il papà)...per quest'ultimo...beh, ci provo! Nel 1995 la mia prima mostra importante, dedicata alle Città Invisibili di Italo Calvino. Nel 2000 ho cominciato una collaborazione con la casa editrice CEI che ha cambiato il mio percorso artistico. Ho a poco a poco ampliato il mio lavoro da traduttrice di parole in traduttrice di parole e figure!!! Sono da sempre studiosa dei processi creativi e dal 2006 ho uno studio dove svolgo stabilmente attività e laboratori in cui aiuto gli altri a sviluppare e potenziare creatività e disegno."






Non so voi ma io le trovo irresistibili,
e guardate questa " Discussione",
ogni matita una faccetta diversa...





Vi invito a visitare il blog di 
oltre ai bellissimi disegni  l'autrice racconta
delle sue esperienze in campo editoriale ed artistico
in modo simpatico e originale.








Chi " ringraziare " se i marò rischiano la pena di morte

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Non fanno niente, ci sputtanano nel mondo, e pretenderebbero anche rispettoso silenzio,
toni bassi, chè il manovratore non va disturbato. Peccato che dorma, peccato che il 
Commissario del Governo sulla vicenda, Staffan de Mistura, si comporti come uno
invitato al tè delle cinque, peccato che sia vistosamente uno che avrebbe difficoltà a far
liberare due polli prigionieri di vegetariani, figuriamoci due militari italiani innocenti
in balia delle lotte elettorali indiane.






Ma la colpa è di chi lo ha messo a ricoprire quell'incarico e lo mantiene dopo 
quasi due anni di scandaloso fallimento, ovvero il governo; di chi è comandante in capo
delle Forze Armate, ovvero il presidente della Repubblica; ma la colpa è anche di deputati 
e senatori, componenti della Commissione Esteri, che mai, dico, mai, hanno dimostrato interesse,
che bivaccano in TV  ( non è vero presidente Casini? Non è vero presidente Cicchito? ),
mai, mai fare un po' di casino sulla sorte di Massimiliano Latorre e di Salvatore Girone.
E' l'ora di additarli al paese, prima o poi si rivoterà, no? Non votano anche i militari e le 
loro famiglie? Non c'è tra gli elettori qualcuno col senso della sovranità nazionale,
più semplicemente della giustizia? Non ci sono seimila militari in servizio antipirateria
per i mari del mondo, esposti alla stessa sorte?






I principali responsabili per assenza, inerzia, incapacità e non volontà
della vergogna nazionale incarnata in due fucilieri di marina sequestrati illegalmente
in India  da ventuno mesi sono certamente Giorgio Napolitano, Enrico Letta, 
Emma Bonino e Mario Mauro.
Ma la nostra è una Repubblica parlamentare, agli eletti dai cittadini sono demandate
le funzioni di controllo del rispetta della nostra sovranità.
Sapete quanti sono i componenti delle commissioni Esteri dei due rami del Parlamento?
Presiedute, lo ripeto, da Pier Ferdinando Casini  e da Fabrizio Cicchito, due che 
non difettano di visibilità, un'intervista e un programma TV al giorno non glieli toglie nessuno,
e fervono verve polemica e un ego ben sviluppato. Ma sullo scandalo dei marò silenzio di tomba,
non credono che la storia porti o tolga voti. Dovrebbero capire che sbagliano.






Le famiglie dei due fucilieri  e i loro commilitoni finora hanno trattenuto la rabbia
e contenuto il dolore, mai una parola di troppo; sono militari. Ma sarebbe sbagliato dare per assicurato per sempre questo comportamento, non se il tempo passa e la capacità di una soluzione giusta
si allontana sempre di più. Guai se i disperati si ribellano!






Dopo oltre 640 giorni, durante i quali l'Italia ha subito un ricatto continuo da parte dell'India
e rinunciato ad affermare anche la sua sovranità nazionale proponendo un arbitrato internazionale
a cui Delhi non avrebbe potuto sottrarsi, è sempre più evidente che ormai il governo è 
supinamente pronto anche ad accettare una  pena lieve sancita dall'India nei confronti di 
Massimiliano e Salvatore perchè giudicati responsabili di eventi colposi, nonostante i due siano
innocenti e il processo sia illegale quanto la prigionia.
La conseguenza di tale viltà è semplice e brutale: il giudice monocratico indiano,
presidente di un Tribunale Speciale, potrebbe essere chiamato a pronunciarsi su prove ben
più gravi di quelle previste per reati colposi, non esclusa la condanna a morte.







L'ineffabile De Mistura, appena rientrato dall'India, accompagnato da tale successo,
ci dice che la prassi della NIA ( polizia antiterrorismo, che non si capisce cosa c'entri )
è di mirare in alto, ovvero " usare le così dette maniere forti nel suo rapporto "; quindi se 
la relazione conclusiva sulle indagini svolte dall'Agenzia configura un reato ben più grave, ritornando
alle vecchie ipotesi di un omicidio volontario per il quale l'ordinamento giudiziario indiano prevede
la pena di morte, De Mistura aggiunge lieto che non bisogna prenderli sul serio.
La Bonino con certezza granitica, la stessa espressa quando ci ha spiegato di non essere certa
dell'innocenza dei due marò, esclude l'ipotesi.
Il governo indiano pattina allegro tra possibili equivoci linguistici e decisioni insindacabili
dei giudici, tanto non si sente sfidato in nessun modo dall'Italia nelle sedi internazionali.






Il 21 marzo scorso i due fucilieri erano in permesso in Italia e avrebbero dovuto restarci.
Li hanno costretti a tornare a Delhi per essere giudicati per un reato per il quale l'ordinamento 
giudiziario indiano prevede la pena di morte, infischiandosene di quanto è previsto dal 
Codice Penale Italiano, dalla Costituzione e da precise sentenze della Suprema Corte.
Un ministro degli esteri Giulio Terzi, si è nobilmente dimesso per protesta, abitudine quasi
sconosciuta in Italia, rivolgendosi al Parlamento.
Sapete cosa ritenne di rispondere intervenendo in Aula l'allora vice segretario del PD ,
Enrico Letta?  Cito da Youtube: " il Ministro Terzi con il suo comportamento ha gravemente offeso
Il Parlamento e il Governo, E' stato un atteggiamento irrispettoso nei confronti di Napolitano
e strumentale verso i due marò e le loro famiglie " e non è finita qui. " Viviamo in un tempo in cui
pare non esserci più alcun limite alla decenza, un tempo in cui la voglia di ribalta e di protagonismo
portano a lacerare qualunque decenza istituzionale. Il rispetto per le istituzioni è un valore e forse mai si è assistito a una caduta di dignità come quella a cui abbiamo assistito ieri.
Con la scena di ieri Terzi ha fatto forse un passo in avanti verso un prossimo parlamento
ma quel che è certo è che la dignità ed il prestigio dell'Italia hanno fatto cento passi indietro "






Io non ho alcuna fiducia nella volontà di riportare a casa i due marò se il Presidente del Consiglio
è lo stesso di questo discorso.
Ma è al Parlamento che si deve chiedere oggi conto.

( Fonte Maria Giovanna Maglie su Libero del 29/11/2013 )











Aspettando Natale / La poesia nel Natale

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"...è bene tornare bambini qualche volta
e non vi è miglior tempo che il Natale,
allorchè il suo Onnipotente fondatore
era egli stesso un bambino... "

( C.Dickens )


Natale...sinonimo di dolcezza, di calore,
di luci, di profumi speziati e di poesia...tanta poesia...
Tanti grandi poeti hanno dedicato al Natale 
alcuni dei loro versi migliori, ve ne propongo una piccolissima
selezione, quelle che preferisco, quelle che per un motivo 
o per l'altro mi emozionano...quelle che hanno un perchè...






Perchè, come molti di voi sanno, amo la grande letteratura russa,
 perchè amo in modo particolare questo autore,
perchè il suo personaggio più noto, il Dottor Zivago, mi è
entrato nel cuore tanti anni fa e lì è rimasto...


Una stella sulla strada di Betlemme
Boris Pasternak


Era inverno
e soffiava il vento della steppa.
Freddo aveva il neonato nella grotta
sul pendio del colle.
L'alito del bue lo riscaldava.

Animali domestici stavano nella grotta.
Sulla culla vagava un tiepido vapore.
Dalle rupi guardavano
assonnati i pastori
gli spazi della mezzanotte.

E li accanto, sconosciuta prima d'allora,
più modesta di un lucignolo
alla finestrella di un capanno,
tremava una stella
sulla strada di Betlemme.



*******







Perchè è un ricordo dei natali passati, di quando si era bambini
e a scuola le poesie del Pascoli si studiavano a memoria
e si recitavano il giorno di Natale, in piedi sulla sedia,
davanti a tutta la famiglia riunita,
perchè ha il sapore antico di un mondo perduto
che vorrei tanto fosse possibile recuperare,
perchè ha il profumo di un'emozione che fa battere il cuore...


Le ciaramelle
Giovanni Pascoli

Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!



******







Perchè...non c'è un perchè,
 perchè mi piace, perchè mi commuove,
perchè non risveglia cari ricordi però
mi fa mancare il fiato,
perchè mi dice che non siamo soli
 perchè quel " C'era ..." finale
infonde una grande speranza


C’era
di Juan Ramon Jmenez

 L’agnello belava dolcemente.
L’asino, tenero, si allietava
in un caldo chiamare.
Il cane latrava
quasi parlando alle stelle.
Mi svegliai…Uscii. Vidi orme
celesti sul terreno
fiorito
come un cielo capovolto.
Un soffio tiepido e soave
velava l’alberata:
la luna andava declinando
in un occaso d’oro e di seta
apersi la stalla per vedere se Egli
era là…
C’era…



*******************








Perchè anche se sono adulta a volte faccio
sogni da bambina,
perchè, come i bambini, mi incanto ancora
davanti alle luci degli alberi di Natale,
perchè, come quando ero piccola,
metto i pacchetti dei doni sotto il mio albero
e mi piace aprirli, con mio marito e i miei ragazzi,
la mattina di Natale,
perchè come sapete ho nel cuore il mio
"Pianeta degli alberi di Natale"
e ogni anno a Natale mi piace riaccenderne la magia...


Il magico Natale
( Gianni Rodari )

S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento,
ma non l'alberello finto,
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna,
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.
Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie
per tutte le vie.

In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole
d'ogni qualità,
che chiudono gli occhi
e chiamano papà,
camminano da sole,
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s'intende.

In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero
del cioccolato;
in via del Tritone
l'albero del panettone
in viale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.

Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto
all'albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.
Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.
Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello
o anche più bello.
Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l'albero delle scarpe e dei cappotti.
Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.


******************


Lo scorso anno concludevo il mio post

"" Da Christmas Carol al Pianeta degli Alberi di Natale "

con questo consiglio che quest'anno mi sento di rinnovare:

" Questo è solo un piccolo esempio di letteratura natalizia, ma mi permetto
di consigliarvi di mettere sempre, insieme ai vostri regali, sotto
l'albero un libro, magari anche uno di questi piccoli racconti,
se volete potete anche usarli come segnaposto, come ho fatto io
un anno, ma fatelo,
il libro è un regalo per tutta la vita. "


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La chicca di Melinda



Natale è simbolo di amore e pace, ma spesso questa festività è stata travolta dalla guerra.

E alcune delle più belle e commoventi poesie di Natale nascono proprio durante gli anni bui delle guerre, basta ricordare Natale de guerra di Trilussa, Natale di Giuseppe Ungaretti, E’ Natale di Madre Teresa di Calcutta.
Anche se, personalmente, ritengo che la più bella poesie di Natale sia stata scritta da John Lennon e Yoko Ono, nella stupenda canzone Merry Xmas, war is over che tradotto in italiano diventa Buon Natale, la guerra è finita.

Quando potremo dirlo sul serio?




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Vi invito ora a passare dal blog di Audrey
dove troverete una rassegna di
telefilm natalizi davvero imperdibili










Dicembre

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" E dopo di lui veniva il gelato Dicembre,
E tuttavia coi suoi allegri festini
E falò accesi, non ricordava il freddo,
Tanto la nascita  del Redentore la sua mente allietava.
Una capra dalla barba ispida cavalcava, la stessa,
Dicono, del Dio Giove bambino
E in mano reggeva una coppa larga e fonda
Dalla quale beveva alla salute di tutti i suoi pari.

( da " Il diario di campagna di una signora inglese del primo novecento
di Edith Holden, lirica di Spencer )














Storie di Natale / Comincia a nevicare, Grazia Deledda

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Comincia a nevicare
di Grazia Deledda

- Siamo tutti in casa? - domandò mio padre, rientrando una sera sul tardi, tutto intabarrato e col suo fazzoletto di seta nera al collo. E dopo un rapido sguardo intorno si volse a chiudere la porta col paletto e con la stanga, quasi fuori s'avanzasse una torma di ladri o di lupi. Noi bambine gli si saltò intorno curiose e spaurite.
- Che c'è, che c'è?
- C'è che comincia a nevicare e ne avremo per tutta la notte e parecchi giorni ancora: il cielo sembra il petto di un colombo.
- Bene - disse la piccola nonna soddisfatta. - Così crederete a quello che raccontavo poco fa.







Poco fa la piccola nonna, che per la sua statura e il suo viso roseo rassomigliava a noi bambine, ed era più innocente e buona di noi, raccontava per la millesima volta che un anno, quando anche lei era davvero bambina (nel mille, diceva il fratellino studente, già scettico e poco rispettoso della santa vecchiaia), una lunga nevicata aveva sepolto e quasi distrutto il paese.
- Quattordici giorni e quattordici notti nevicò di continuo, senza un attimo d'interruzione. Nei primi giorni i giovani e anche le donne più audaci uscivano di casa a cavallo e calpestavano la neve nelle strade; e i servi praticavano qualche viottolo in mezzo a quelle montagne bianche ch'erano diventati gli orti ed i prati. Ma poi ci si rinchiuse tutti in casa, più che per la neve, per l'impressione che si trattasse di un avvenimento misterioso; un castigo divino. Si cominciò a credere che la nevicata durasse in eterno, e ci seppellisse tutti, entro le nostre case delle quali da un momento all'altro si aspettava il crollo. Peccati da scontare ne avevamo tutti, anche i bambini che non rispettavano i vecchi (questa è per te, signorino studente); e tutti si aveva anche paura di morire di fame.






- Potevate mangiare i teneri bambini, come nel mille - insiste lo studentello sfacciato.
- Va via, ti compatisco perché sei nell'età ingrata, - dice il babbo, che trova sempre una scusa per perdonare, - ma con queste cose qui non si scherza. Vedrai che fior di nevicata avremo adesso. Eppoi senti senti...
D'improvviso saliva dalla valle un muggito di vento che riempiva l'aria di terrore: e noi bambine ci raccogliemmo intorno al babbo come per nasconderci sotto le ali del suo tabarro.
- Ho dimenticato una cosa: bisogna che vada fuori un momento - egli dice frugandosi in tasca.
- Vado io, babbo - grida imperterrito il ragazzo; ma la mamma, bianca in viso, ferma tutti con un gesto.
- No, no, per carità, adesso!
- Eppure è necessario - insiste il babbo preoccupato. - Ho dimenticato di comprare il tabacco.
Allora la mamma si rischiara in viso e va a cercare qualche cosa nell'armadio.
- Domani è Sant'Antonio; è la tua festa, ed io avevo pensato di regalarti...
Gli presenta una borsa piena di tabacco, ed egli s'inchina, ringrazia, dice che la gradisce come se fosse piena d'oro; intanto si lascia togliere dalle spalle il tabarro e siede a tavola per cenare.






La cena non è come al solito, movimentata e turbata da incidenti quasi sempre provocati dall'irrequietudine dei commensali più piccoli; tutti si sta fermi, quieti, intenti alle voci di fuori.
- Ma quando c'è questo gran vento, - dice la nonna - la nevicata non può essere lunga. Quella volta...
Ed ecco che ricomincia a raccontare; ed i particolari terribili di quella volta aumentano la nostra ansia, che in fondo però ha qualche cosa di piacevole. Pare di ascoltare una fiaba che da un momento all'altro può mutarsi in realtà.
Quello che sopratutto ci preoccupa è di sapere se abbiamo abbastanza per vivere, nei giorni di clausura che si preparano.
- Il peggio è per il latte: con questo tempo non è facile averlo.






Ma la mamma dice che ha una grossa scatola di cacao: e la notizia fa sghignazzare di gioia il ragazzo, che odia il latte. Gli altri bambini non osano imitarlo; ma non si afferma che la notizia sia sgradita. Anche perché si sa che oltre il cacao esiste una misteriosa riserva di cioccolata e, in caso di estrema necessità, c'è anche un vaso di miele.
Delle altre cose necessarie alla vita non c'è da preoccuparsi. Di olio e vino, formaggio e farina, salumi e patate, e altre provviste, la cantina e la dispensa sono rigurgitanti. E carbone e legna non mancano. Eravamo ricchi, allora, e non lo sapevamo.
- E adesso - dice nostro padre, alzandosi da tavola per prendere il suo posto accanto al fuoco - vi voglio raccontare la storia di Giaffà.
Allora vi fu una vera battaglia per accaparrarsi il posto più vicino a lui: e persino la voce del vento si tacque, per lasciarci ascoltare meglio.






 Ma la nonnina, allarmata dal silenzio di fuori, andò a guardare dalla finestra di cucina, e disse con inquietudine e piacere:
- Questa volta mi pare che sia proprio come quell'altra.

Tutta la notte nevicò, e il mondo, come una grande nave che fa acqua, parve sommergersi piano piano in questo mare bianco. A noi pareva di essere entro la grande nave: si andava giù, nei brutti sogni, sepolti a poco a poco, pieni di paura ma pure cullati dalla speranza in Dio.
E la mattina dopo, il buon Dio fece splendere un meraviglioso sole d'inverno sulla terra candida, ove i fusti dei pioppi parevano davvero gli alberi di una nave pavesata di bianco.




( immagini dal web )







I miei Balocchi 4/ Segna posto

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Lo scorso anno vi avevo presentato qui
alcuni eleganti segna posto per il cenone di fine anno
ma che naturalmente possono essere realizzati anche per il
Pranzo di Natale
Quest'anno vi propongo questa serie di piattini che ho realizzato
seguendo un filone " musicale







Questi piattini  richiedono dei tempi di realizzazione un po'
lunghi ma saranno sicuramente di grande effetto
usati come segna posto in una cena elegante,
oppure per il pranzo di Natale.











e questi realizzati seguendo un filone
" angelico "













Anche questi richiedono tempi di lavorazione lunghi,
le pieghe e le macchie hanno bisogno di diversi tipi di vernici
e di colle sovrapposti e del bitume,
ogni componente richiede tempi di asciugatura rigorosi
perchè a tempi diversi corrispondono risultati diversi.














Se invece desiderate qualche cosa di più spiritoso
e di veloce realizzazione
magari da utilizzare durante le cene che di solito
si fanno prima di Natale con amici e colleghi vi propongo 
questi simpatici pupazzi che ho realizzato con l'utilizzo del panno
e di qualche nastrino e cordoncino...



i pupazzi di neve






Le renne






e, rigorosamente per fine anno,
i pinguini

















Un Natale a tante zampe

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Cassandra e Platone partecipano al concorso fotografico natalizio
organizzato da Silvia autrice del blog


Se vuoi partecipare anche tu con il tuo 
amico animale
vai a visitare il suo blog e troverai tutte le spiegazioni.



Gatti, cani, conigli, criceti, ma anche pennuti, rettili e perfino pesci... 
partecipa con il tuo amico animale al concorso fotografico natalizio! 
In palio un libro a scelta!






Ringrazio la mia amica Audrey che ha pubblicato per me questo post.
Non potrò rispondere subito ai vostri commenti e per questo mi scuso,
lunedì risponderò a tutti.
Buon fine settimana!













Una cartolina dai Natali passati

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Ricorda se non riesci a trovare il Natale nel tuo cuore, 
non potrai trovarlo sicuramente sotto un albero

( Charlotte Carpenter)



Anche oggi ringrazio Audrey per la pubblicazione,
lasciate pure i vostri commenti, lunedì
risponderò a tutti.
Buon sabato!






Aspettando Natale 2 - Un trionfo di frutta per Natale

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" Il tacchino va bene per Natale, ma il Natale non va bene per il tacchino"
( Achille Campanile )



Siamo giunti al terzo appuntamento di questo "Aspettando Natale edizione 2013 "
e  naturalmente non potevamo non parlare del pranzo di Natale.

Già il pranzo di Natale,
momento magico e di aggregazione di tutte le famiglie,
momento in cui ci si ritrova davanti a una tavola da "occasione speciale"
e si comincia a ricordare, e ogni famiglia ha i suoi ricordi
che gira e rigira a Natale ritornano puntualmente.
Quando i bambini erano piccoli, quando gli adulti erano ragazzi,
quando i genitori erano giovani...
quando i bambini eravamo noi...
Ci si attarda a tavola a chiacchierare, si ricordano gli avvenimenti della vita 
con dolce malinconia,
ci si sente davvero una famiglia!

E allora anche il cibo diventa importante,
anche il cibo ci racconta delle storie...


L'anno scorso, con Audrey, avevamo deciso di presentarvi due menù natalizi
tradizionali ( li potete trovare qui e qui )
quest'anno abbiamo pensato a due menù un po' alternativi.
Il menù di Audrey sarà un menù che avrà come filo conduttore le spezie,
il mio sarà un "trionfo di frutta "




( fotografia dal web )


Anche quest'anno vorrei invitarvi al mio pranzo di Natale
e quindi comincio con il proporvi
il mio menù







Questo menù nasce per esaltare la bontà della frutta, la bellezza delle parole
 e la spiritualità innata degli avvenimenti.
Ogni portata è accompagnata da un'aforisma o da una citazione, 
questo perchè la frutta è stato il primo cibo degustato da Adamo ed Eva.
 Delicato, buono, genuino, desiderato, come i termini che hanno permesso all'essere umano di raccontare: emozioni, sensazioni, storie.
Il tutto comincia con l'antipasto accompagnato dai primi pensieri .






La mela unita al sedano, all'insalata e alla noci, rappresenta proprio il principio,
 il punto di partenza della storia dell'umanità. 
Come scriveva Oriana Fallaci, in Lettera a un bambino mai nato, 
“Il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: 
quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza”.






Si passa così ai pompelmi ripieni, succosi, amarognoli, splendenti. 
L'ibrido nato probabilmente dall'unione tra un'arancia dolce e un pomelo è conosciuto anche come
"citrus per paradisi". Coltivato perlopiù in Israele popolo di guerre e speranze.
 Oscar Wild disse di lui
 “Definizione di pompelmo: un limone cui si è presentata un'occasione e ha saputo approfittarne”. Forse è l'occasione che tante volte è mancata ad una civiltà che ha sofferto
 e patito la disputa tra le religioni.






Si continua così con le prugne al cognac passate al forno
ma badate a non esser troppo golosi perchè come afferma un vecchio proverbio siciliano
 “Di prugna mangiane solo una, di ciliege quante ce ne stanno nella pancia”
L'ingordigia e l'avarizia sono peccati da non scordare per questo spesso vengo citati e ricordati.
 Per concludere in bellezza la prima parte di questo banchetto troviamo
 l'insalata di arance un frutto originario della Cina, venuto al mondo molto probabilmente
 dell'incrocio tra un pomelo e un mandarino. 
Bello come il sole, sano e genuino; conduce il commensale verso la vera prima portata: 
i tagliolini limoni e vodka.






L'alcool si sposa alla perfezione con l'aroma di limone che inebria attraverso 
l'emanazione del suo profumo fresco e determinato.
 Il matrimonio avvenuto tra un melangolo e un cedro, 
cresciuto in Cina già ben prima della Dinastia Song viene descritto da Valeriu Butulescu 
con questo semplice ma significativo concetto
 “Il paradosso del limone. E' diventare acre per difendersi. 
E proprio per la sua asprezza viene raccolto”.
 Quanto  accade soprattutto alle persone ferite che si creano una corazza spessa e dura,
 a volte anche pungente, al fine di non essere nuovamente maltrattati. 
Poi, però, arriva sempre qualcuno pronto ad affrontare quell'asprezza 
per conoscere la vera essenza di quell'essere. 
Proprio come faceva quell'uomo di nome Gesù.






Il secondo è senz'altro un piatto ricco e regale, 
uno di quelli capaci d'innalzare verso il massimo piacere i commensali, 
il suo arrivo è preceduto dalle parole di Voltaire:
 “Essi spremono l'arancia e gettano via la scorza”.
 Cosi accadeva un tempo e cosi accade tutt'ora. 
Giuda usò Gesù spremendo e raccogliendo tutto ciò che poteva e alla fine lo butta via 
dandolo in pasto al nemico.


Una chiacchiera, una riflessione sul buon cibo, una sulle parole e
 la loro diversa interpretazione e una sulla storia del Messia, 
venuto al mondo per salvarci, ci hanno condotto in un baleno,
 tra un boccone e l'altro, al desiderato dolce







La fine del menù vede come nuovo inizio i mandarini ripieni...
”sicut erat in principio, et nunc, et semper, et in saecula saeculorum”
Il mandarino re degli agrumi, un piccolo concentrato di bontà. 
Un Anonimo disse “Chi sta accanto al mandarino riceve molti onori. 
Chi sta vicino alle cucine riceve cibo”.
 A differenza di Giuda gli altri apostoli, proprio per la grande fedeltà e dedizione, 
di quella parola e di quelle gesta da anni narrate ebbero molti onori perchè 
restarono accanto a lui per lungo tempo tramandando ai posteri il Suo insegnamento..







Concludiamo il tutto con la mousse al caramello su letto di pere e pandoro,
 simbolo del Natale pagano che chiude il nostro cerchio della vita 
con la nascita del Bambin Gesù.
un controsenso un po' azzardato eppure estremamente giusto e calcolato 
come questa pietanza che unisce la dolcezza del pandoro alla
 morbidezza della mousse al caramello dando incisività al tutto
 attraverso la pera, grande protagonista inaspettata.






Le cose non vengono mai dette per caso, 
ogni discorso ha il suo fine come questo pasto e 
l'ultimo capitolo che vi regalo è di Woody Allen, spero vi faccia riflettere sul senso di questo menù
 “ Perchè vale la pena vivere? É un'ottima domanda...Beh! 
Ci sono certe cose per cui vale la pena di vivere...Per esempio, per me..
Uff, io direi...Il vecchio Groucho Marx, per dirne una...e Joe Di Maggio...
e il secondo movimento della Sinfonia Jupiter...Louis Armstrong,
 l'incisione di Potatohead blues...si, i film svedesi, naturalmente...
L'educazione sentimentale di Flaubert...Marlon Brando, Frank Sinatra...
Quelle incredibili mele e pere dipinte da Cézanne...
I granchi da Sam Wu...Il viso di Tracy...

 Pagano o Cristiano che sia, il Natale è un momento magico,
 nel quale è giusto riflettere sul senso della vita, sull'essere e il non essere, 
sulle parole e su come sia facile cambiare il loro senso e il loro significato.
 Per farlo ho usato il cibo, mezzo di comunicazione efficace e mai banale e 
nello specifico un sentiero fatto di frutta, incontrastata regina della nascita della terra.



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TAGLIOLINI LIMONE E VODKA






INGREDIENTI


Tagliolini all'uovo
una tazza di panna da cucina
un pezzo di burro
1 bicchiere di vodka
2 limoni
pepe
Parmigiano

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preparate i tagliolini, io uso la proporzione di
un hg. farina/ 1 uovo.
Mettete sul fuoco la pentola per cuocere la pasta e intanto
preparate il sugo.
In un pentolino fate sciogliere ( senza friggere ) il burro,
unite la panna e mescolate bene
quindi aggiungete il succo e la buccia tagliata a listarelle
di un limone sempre continuando a mescolare,
unite la vodka ed abbondante pepe nero appena macinato.
Lasciar cuocere a fuoco basso sempre mescolando fino a quando
il composto non diventa una crema.
Cuocete al dente i tagliolini e condirli con il condimento
di limone e vodka, decorate con fettine di limone
e servite con Parmigiano








MANDARINI RIPIENI






Ingredienti

100gr. panna da montare
70 gr. zucchero semolato
60 gr. latte
30 gr. farina bianca
7 mandarini grossi
1 uovo
sale.

Taglite 6 mandarini a metà, liberateli dai semi e svuotateli
ottenendo così due scodelline della stessa dimensione.
Usando lo schiaccia patate spremere gli spicchi di mandarino
raccogliendo il sugo in una ciotola.
Sbattere in una casseruolina l'uovo con lo zucchero,
la farina e un pizzico di sale,
incorporate al composto il latte e il succo dei mandarini filtrato.
Mescolando continuamente con una frusta
porre sul fuoco e portare ad ebollizione, immergere quindi
la casseruola in acqua fredda e fare raffreddare la crema
mescolando ogni tanto.
Montate la panna ed incorporatela con delicatezza
e riempite i mandarini con la crema ottenuta guarnendoli con una 
fogliolina e uno spicchio di mandarino,
oppure con una calottina di mandarino ( a me piace di più )
ma a questo punto dovete avere a disposizione 12 mandarini.
Disponeteli in un piatto da portata e conservarli in frigorifero.
( non vanno conservati per più di una giornata )








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La chicca di Melinda



Paese che vai, piatto strano che trovi, ecco quindi la hit parade dei cibi natalizi più assurdi:
1-Svezia: con il lutfisk, ovvero il merluzzo lavato nella soda, questo paese merita il primo posto!
2-Giappone: ecco a voi il KFC, cioè il Kentucky Fried Chicken.
3-Groenlandia: ma voi lo mangereste un pinguino? Loro lo fanno, si chiama Kiviak.
4-Cina: testa di maiale bollita con frutta secca e salsa agrodolce oppure bachi di seta fritti.
5-Lapponia: mai mangiato il Mattak? Io non lo farei, la balena a strisce non mi ispira proprio!
Ma come si dice, dopotutto de gustibus non disputandum est!



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Vi invito a passare da Audrey, che ringrazio tantissimo 
per il grande aiuto che mi ha dato nella realizzazione di questo post,
 per gustare il suo
spettacolare menù " alle spezie "clicca qui o sull'immagine.



http://borderline83.blogspot.it/2013/12/aspettando-natale-2-le-spezie-del-mondo.html

( Le fotografie della frutta sono tratte dal web )









I miei Balocchi 5/ Angeli e Candele

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L'anno scorso vi ho presentato
qui e qui
alcuni balocchi che ho creato per i natali passati.
Quest'anno vi propongo questi angioletti
a punto croce ( presentati da Audrey qui lo scorso anno )
e che io quest'anno ho rielaborato
rifinendo i medaglioni con nastri e passamanerie.














Li ho ricamati in diversi colori e li 
unirò ai regali di Natale
Anche questi possono essere usati come segna posto
o come piccolo pensiero natalizio...













E poi per la tavola di Natale ho preparato questo 
centro tavola con segna posti abbinati, 
utilizzando tubi da idraulico, cordoncini, passamanerie,
 pasta di neve, rami di pino, rametti di corallo dorato
e orchidee e rose di natale glitterate







Forse un po' lunga la realizzazione ma , secondo me,
l'effetto finale ripaga del tempo impegnato








A me piace tantissimo realizzare queste piccole cose,
mi proiettano nel Natale con grande anticipo
e mi fanno stare bene...







Cerco di curare nel modo migliore tutti i particolari...







e questo è il segnaposto







...mi piace pensare che i miei ospiti se ne andranno
da casa mia con un piccolo oggetto 
che ho realizzato per loro con le mie mani...







...e poi tutto contribuisce a creare questa fiaba meravigliosa
che è il Natale...







Vi auguro davvero di vivere nel miglior modo possibile
questo magico periodo dell'anno...

























Storie di Natale, Il Bambino e l'Albero di Natale di Gesù di Fedor Dostoevskij

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 Il bambino «con la manina»


I bambini sono creature strane, vi appaiono in sogno e vi immaginate di vederli.
Poco prima di Natale e nel giorno della vigilia mi accadeva sempre di incontrare nella via, al solito angolo, un piccino che non poteva avere più di sette anni. Con quel gelo terribile era vestito quasi come d’estate, ma aveva al collo un vecchio cencio, e ciò significava che vi era ancora chi lo vestiva prima di mandarlo fuori casa, lo mandava in giro «con la manina»: termine tecnico che vuol dire chiedere l’elemosina.








 Sono stati i bambini stessi a coniarlo. Ce n’è una moltitudine come lui, si aggirano per le vostre strade e ripetono in tono lamentoso quelle formule imparate a memoria; ma questo non si lamentava e parlava in un certo modo inusuale e ingenuo e mi guardava fiducioso negli occhi: doveva esser solo agli inizi della professione. Alle mie domande replicò che aveva una sorella a casa, senza lavoro e malata; forse era la verità, ma solo in seguito scoprii che di piccini così ve ne sono a miriadi; li mandano in giro «con la manina», anche nel gelo più terribile, e se non raccolgono nulla, vi sono senz’altro le botte ad attenderli.




Racimolate le copeche, il bimbo ritorna con le dita intorpidite ed arrossate in qualche cantina dove si sta ubriacando una compagnia di perdigiorno, di quelli che «smettono di lavorare in fabbrica il sabato in vista della domenica e non vi fanno ritorno prima del mercoledì sera». Là nelle cantine, si ubriacano con loro anche le mogli affamate e maltrattate, e ancora lì vagiscono affamati i lattanti. Vodka, sporcizia, e depravazione, ma soprattutto vodka. Con le copeche raccolte il piccino viene subito spedito all’osteria, da cui torna con dell’altra vodka. Per divertimento versano anche a lui talvolta in bocca una mezzetta e sghignazzano quando, col respiro mozzato, cade sul pavimento quasi privo di sensi:

... e in bocca l’orribile vodka
senza pietà mi versava...









Una volta cresciuto, verrà spedito senza indugio da qualche fabbrica, ma tutti i suoi guadagni li poterà ancora a quei perdigiorno, che di nuovo se li berranno. Tuttavia già prima della fabbrica questi bimbi diventano dei perfetti delinquenti. Vagabondano per la città e conoscono vari posti nelle cantine dove pernottare indisturbati. Uno di loro pernottò per alcune notti di seguito da un portiere dentro una cesta, senza che questi se ne accorgesse neppure. Va da sé che diventano dei ladruncoli. Il furto si trasforma in passione persino per i bambini di otto anni e talvolta senza che siano minimamente consapevoli della criminosità della loro azione. Alla fine sopportano tutto: fame, freddo, botte solo per un’unica cosa, per la libertà, e fuggono dai loro perdigiorno per vagabondare ormai da soli. Sono dei selvaggi e talvolta non paiono neppure in grado di intendere nulla, né dove vivano, da che nazione provengano, né se vi sia Dio o se esista un sovrano; sul loro conto circolano voci tali da sembrare incredibili, ma tuttavia corrispondono ai fatti.







Il bambino sull’albero di Natale da Gesù


Ma io sono un romanziere e mi pare di aver inventato la “storia”. Scrivo «mi pare» perché sono certo di averla inventata, e mi immagino sempre che tutto sia avvenuto in un certo luogo in un certo momento, e che sia accaduto proprio alla vigilia di Natale, in qualche enorme città, con un gelo terribile.
Mi sembra di rivedere in una cantina un bimbo, ancora piccino, di forse sei anni e anche meno. Il bimbo si è svegliato un mattino nella cantina umida e fredda. Ha addosso una specie di camicina e trema. Il suo fiato si trasforma in bianco vapore e lui, seduto sul baule, in un angolo, per la noia, fa fluire questo vapore dalle labbra e si diverte a guardare come vola via.





Tuttavia ha una gran voglia di mangiare. Fin dal mattino, si è avvicinato più volte al tavolaccio dove, su un pagliericcio sottile sottile, con il capo appoggiato ad una sorta di fagotto che le fa da guanciale, giace la madre malata. Come sarà finita lì? Probabilmente era giunta da un’altra città con il suo bambino e si era improvvisamente ammalata. La padrona di quegli “angolini” era stata arrestata dalla polizia due giorni prima; gli inquilini si erano dispersi chissà dove per le feste ed era rimasto solo un perdigiorno che non aveva atteso le feste per bere, e ormai da ventiquattro ore giaceva ubriaco, come morto. In un altro angolo della stanza gemeva per i reumatismi una vecchietta ottantenne che un tempo era stata bambinaia e che ora moriva in solitudine, sospirando, lamentandosi e brontolando contro il bimbo, tanto che lui temeva di avvicinarsi troppo al suo angolo. Da qualche parte nell’andito era riuscito a trovare qualcosa da bere, ma di croste di pane non ne aveva scovate e almeno una decina di volte si era accostato alla madre per svegliarla.






 Infine gli era venuto il terrore del buio: da un pezzo ormai era scesa la sera, ma i lumi erano ancora spenti. Tastando il viso della mamma si stupì che lei non facesse il minimo movimento e che fosse diventata fredda come il muro. «Fa proprio freddo qui» pensò il bimbo, e restò per un po’ immobile, dimenticando senza volerlo la mano sulla spalla della defunta, poi soffiò sui suoi ditini per riscaldarli, si mise a frugare sul tavolaccio alla ricerca del suo berrettino e si avviò a tentoni verso l’uscita della cantina. Si sarebbe allontanato anche prima, ma aveva sempre temuto il grosso cane che stava tutto il giorno di sopra, sulla scala, davanti alla porta dei vicini. Però il cane non c’era e lui si ritrovò di colpo in strada.





Dio, che città! Non aveva mai veduto nulla di simile. Da laggiù, da dove veniva, il buio era così fitto e un solo fanale illuminava tutta la via. Le casupole di legno avevano le imposte chiuse; non appena imbruniva la via diventava deserta e tutti si rinchiudevano in casa, e solo branchi di cani abbaiavano ed ululavano per tutta la notte. Ma almeno lì stava al caldo e veniva nutrito, mentre qui, mio Dio, magari avesse trovato qualcosa da mangiare! E lo strepito, il fracasso, la gente, le luci, e tutti quei cavalli e quelle carrozze, e che gelo, che gelo! Un vapore gelido fluiva dai cavalli stremati, dal respiro rovente dei loro musi; nella neve soffice i loro ferri tintinnavano contro i sassi, e tutti si spintonavano, e, Signore, sarebbe stato così bello poter mangiare, e i ditini ad un tratto sembravano fare tanto male. Una guardia passò davanti al bimbo, ma voltò il capo dall’altra parte per non vederlo.






Ma ecco un’altra via: com’era ampia! Lì l’avrebbero di certo schiacciato. E come vociavano tutti, come si affrettavano, come correvano sulle loro carrozze, e quante luci, quante luci! Ma questa che cos’è? Oh, che vetro grande, e dietro il vetro una stanza dove la legna arriva fino al soffitto; c’è un abete, e quante luci sull’abete, e stelle e decorazioni d’oro, e quante file di pupazzetti e di cavallini lo avvolgono tutt’intorno; nella stanza si rincorrono dei bimbi lindi e vestiti a festa, e ridono, giocano, mangiano, bevono. Ed ecco, una bambina si è messa a danzare con un bimbo, com’è carina! E ora si può sentire anche della musica attraverso il vetro. Il bimbo guarda pieno di meraviglia e già ride, ma ormai anche i ditini dei piedi gli dolgono, e quelli delle mani, sono tutti arrossati, non si piegano e muoverli fa tanto male. E tutt’ad un tratto, resosi conto del dolore, scoppia in lacrime e fugge via, ma poi scorge di nuovo attraverso un altro vetro un’altra stanza, con gli stessi alberi e una tavola con torte rosse e gialle e di mandorla, e vi siedono quattro ricche signore che te ne danno un po’ non appena ci si avvicina, ogni istante si spalanca la porta e fiumane di signori entrano e si dirigono verso di loro. Il bimbo si intrufola e di colpo la porta si è aperta e lui è entrato.








 Oh, come lo sgridano, come agitano le braccia! Una signora lo raggiunge in gran fretta e gli ficca in mano una copeca, poi gli apre lei stessa la porta e lo sospinge fuori. Come è spaventato il piccino! La copechina gli è subito scivolata di mano tintinnando sugli scalini: non è riuscito a piegare le sue dita arrossate per ottenerla. Il bimbo fugge via e corre, corre senza sapere dove va. Avrebbe voglia di piangere, ma ha paura e continua a correre, soffiandosi sulle manine. E l’angoscia lo assale poiché all’improvviso si è sentito così solo, così pieno di paura. E poi, di colpo, oh Signore, ma che c’è ancora di nuovo? Una folla di persone osserva rapita: dietro il vetro, sulla finestra, vi sono tre piccoli automi, vestiti di rosso e di verde, e sembrano quasi
vivi!





Uno è un vecchietto seduto che pare intento a suonare un grosso violino, mentre gli altri stanno in piedi e suonano dei piccoli violini, dondolando a tempo la testa e guardandosi l’un l’altro, e muovono le labbra proprio come se parlassero, solo che dal vetro non si ode nulla. E il bimbo da principio ha creduto che fossero veri, ma poi ad un tratto ha capito che si trattava di automi ed è scoppiato a ridere. Non aveva mai veduto bambole simili e non pensava neppure che potessero esistere! Avrebbe voluto piangere, ma era così buffo guardarli! All’improvviso gli sembrò che qualcuno lo afferrasse per la camicina: un ragazzaccio cattivo lo colpì alla testa e gli strappò il berretto, facendogli lo sgambetto. Il bimbo ruzzolò a terra, intorno si udirono delle grida, lui rimase inebetito, e poi balzò in piedi e corse via; senza rendersene conto, entrò di corsa dentro un portone, in un cortile sconosciuto, e si sistemò su un mucchio di legna. «Qui non mi troveranno, e poi è buio.»




Sedeva tutto rattrappito, senza riuscire a riprendere fiato dalla paura, ma tutt’ad un tratto si sentì così bene le manine e i piedini non gli facevano più male e avvertiva un tale senso di tepore, come se si fosse trovato sopra una stufa; ma poi prese a tremare tutto. Ah, già, si era quasi addormentato. Come era bello addormentarsi lì! «Rimarrò per un po’ e poi andrò di nuovo a guardare gli automi», pensò il bimbo e sorrise, rammentandosene: «parevano proprio vivi!...» E all’improvviso udì sopra di lui la voce della sua mamma che gli cantava una canzoncina: «Mamma, sto dormendo. Ah, come è dormire qui!».
«Vieni da me a vedere l’albero di Natale, piccino» bisbigliò ad un tratto una voce sommessa sopra di lui.





Dapprima pensò che fosse stata la mamma a parlare, ma no, non era stata lei; non riusciva a vedere chi l’avesse chiamato, ma qualcuno si era chinato su di lui e lo aveva abbracciato nel buio e lui gli aveva teso la mano... e poi d’improvviso, che luce! Che albero di Natale! Ma no, non era neppure un albero di Natale, non aveva mai veduto prima di allora alberi simili! Dove si trovava? Era tutto un brillio di luci e vi erano bambole ovunque, anzi no, si trattava di bimbi e di bimbe, ma erano così luminosi, gli vorticavano intorno, volando, e lo baciavano, lo afferravano e lo trascinavano con loro, anche lui volava.
 E vedeva la sua mamma che lo osservava e rideva gioiosa.





«Mamma! Mamma! Oh, com’è bello qui, mamma!» gridava il bimbo, mentre scambiava dei baci con gli altri bambini, e avrebbe voluto subito raccontare degli automi che aveva scorto dietro il vetro. «Chi siete, bimbi? Bimbe, chi siete?» chiedeva ridendo, pieno d’amore per loro.
«È l’“albero di Natale di Gesù”» fu la loro risposta. Gesù in questo giorno ha sempre un albero di Natale per i piccoli che non ne hanno uno...» E scoprì che tutti i bambini erano proprio come lui, ma che alcuni di loro erano morti assiderati sulle scale davanti alla porta di qualche impiegato di Pietroburgo dentro le ceste in cui erano stati abbandonati, e che altri, affidati dall’orfanotrofio a balie finlandesi, non erano sopravvissuti all’allattamento, o ancora che erano morti al seno inaridito delle loro madri o nel fetore di carrozze di terza classe, ma ora tutti erano lì, nelle sembianze di angeli, da Gesù ed egli era fra di loro, tendeva loro le braccia e li benediceva con le loro madri peccatrici...
E anche le madri si trovavano lì in disparte e piangevano, riconoscendo ciascuna il proprio bimbo o la propria bimba che andavano verso di loro e le baciavano, asciugavano le loro lacrime con le manine, scongiurandole di non piangere, poiché si stava tanto bene lì...





Mentre laggiù verso il mattino i portieri ritrovarono il cadaverino di un bimbo capitato lì per caso e morto assiderato dietro un mucchio di legna; rintracciarono anche la sua mamma... Era morta ancor prima di lui: si erano ritrovati in Cielo dal Signore Iddio.
Perché mai avrò scritto una storia come questa, così poco adatta ad un normale ragionevole diario, e ancor meno a quello di uno scrittore? E dire che avevo promesso dei racconti su fatti realmente avvenuti! Eppure, ecco, ho come l’impressione che tutto ciò sia potuto accadere davvero; mi riferisco a quel che è avvenuto in cantina e dietro il mucchio di legna, quanto all’albero di Natale di Gesù non saprei dirvi se sia andata proprio così! Ma non per nulla sono un romanziere e qualcosa devo pur inventare!




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Vi segnalo l'uscita dell'ultimo romanzo di Luca Filippi
di cui vi ho parlato qui
riportandovi le parole che lui mi ha scritto:

Cara Antonella, carissimi amici spero di farvi cosa gradita segnalando che da oggi in tutte le librerie è dsponibile: PIU' DEL VELENO, L'ANIMA, il mio nuovo cortoromanzo Una storia d'amore e sangue, che si dipana lungo i secoli tra le coste della Normandia e l'atmosfera liquida della Trieste contemporanea... "Di tutti i veleni, l'anima è il più forte" http://www.ibs.it/code/9788863931600/filippi-luca/piu-d… Come sempre, aspetto di scambiare idee e opinioni con voi tutti!





Fine settimana a Milano, Raffaello: il trionfo della Madonna di Foligno

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E' possibile avere a trent'anni la maturità per realizzare un capolavoro?
Ed è possibile cinquecento anni dopo, riconoscere che quest'opera gode
ancora di una grandezza insuperata?
A questi interrogativi risponde la mostra  di Eni curata a Milano da Valeria Merlini e
Daniela Storti che, fino al prossimo 12 gennaio, ospiterà la
Madonna di Foligno,
famosissimo dipinto di Raffaello , considerato al vertice della sua produzione artistica
e che ho avuto modo di visitare durante il mio consueto
fine settimana di dicembre a Milano







L'opera, conservata presso i Musei Vaticani, arriva per la prima volta nel capoluogo
lombardo, dove sarà visibile nella sala Alessi di Palazzo Marino
Grazie a Eni, al nuovo parternariato con i Musei Vaticani ( come fu per gli scorsi
anni con il Museo del Louvre ) e dell'ospitalità del Comune di Milano.
Prosegue così la splendida tradizione iniziata nel 2008 per cui - durante il periodo
natalizio - all'interno del Palazzo di Città è possibile ammirare gratuitamente un capolavoro
della storia dell'arte, " prestato " per l'occasione da un museo internazionale.



Il dipinto offerto quest'anno come dono di Natale ai visitatori  fu realizzato 
da Raffaello nel 1511 su committenza del segretario del Papa Giulio II,
il nobiluomo Sigismondo de' Conti, in segno di riconoscenza per
un miracolo da questi ricevuto.







Al cuore dell'opera c'è infatti un simbolo che ne spiega la genesi 
e ne amplia il fascino: un punto rosso seguito da una scia infuocata si abbatte
sulle case di un borgo abitato, probabilmente la città di Foligno.
Da alcuni questa presenza luminosa è stata associata ad una cometa o
ad una meteorite, da altri invece ad una fiammata prodotta da una palla di cannone.
Di certo, Sigismondo fu risparmiato per poco dall'esplosione nella sua casa di 
questo fuoco, umano o divino che fosse.
L'opera di Raffaello non fu che un eccelso ex voto da lui richiesto per
ringraziare Dio della salvezza ottenuta.







L'antinomia tra questa scena e l'arcobaleno- quasi uno scudo
sacro - che sembra respingerla,
è solo uno dei binomi che caratterizzano il quadro.






A catturare lo sguardo del visitatore c'è infatti anche il 
contrasto tra gli occhi questuanti e rivolti al cielo dei santi
( nell'ordine da sinistra: San Giovanni Battista, San Francesco e
San Girolamo con la mano tesa sul capo dello stesso Sigismondo) e gli occhi
misericordiosi protesi verso  la Terra della Vergine e del Bambino tra le sue
braccia: quasi una sintesi dell'aspirazione umana alla trascendenza e della
contemporanea protezione accordata da Dio alle sue creature.






Questa doppia tensione crea l'intersezione tra due rette,
una longitudinale, che ha il suo apice nella Vergine  ( vertigine e vertice 
insieme ), e l'altra latitudinale, che si dispiega
da sinistra a destra, formando una sorta di croce.






A ciò si somma la corrispondenza intensa e dolcissima 
tra il putto in basso che stringe una tabula priva di iscrizioni






e i volti dei cherubini che si moltiplicano in cielo
prendendo forma tra le pieghe delle nuvole.
Su tutta la scena prevale un'esplosione di luce, cifra predominante 
dell'opera, dovuta oltre che all'irruzione del sacro, a un processo di formazione 
dello stesso artista, avvicinatosi in quegli anni ai maestri del colore veneziano,
da Giorgione a Lotto.






Questa perfezione stilistica, testimonianza di un'"armonia del bello 2, significò,
significò secondo molti interpreti non già l'acme di
una carriera personale, ma la vetta dell'arte rinascimentale tout court.
Usando le parole di Antonio Paolucci direttore dei Musei Vaticani,
" oltre non era possibile andare nella rappresentazione della bellezza "






La  Madonna di Foligno segna dunque il trionfo del divino
( un'altra interpretazione la vuole collegata a una storia narrata nella
Leggenda Aurea, secondo cui la Vergine e il Bambino apparvero all'imperatore
Augusto, inducendolo a rinunciare alla propria autovenerazione) e dà seguito alla
felice alternanza tra sacro e profano per cui negli ultimi anni a palazzo Marino si sono 
succeduti " La conversione di Saulo, di Caravaggio, il San Giovanni Battista, di Leonardo,
e lòa Donna allo specchio, di Tiziano, il San Giuseppe falegname di George de la Tour
e Amore e Psiche di Antonio Canova.






Ad accrescere la forza dell'opera  contribuisce la sua collocazione
all'interno di un abside nero, circondato da fondali di cielo
con nuvole che abbracciano i visitatori.






L'esposizione, progettata da Elisabetta Greci, favorisce anche un'esperienza 
multisensoriale. Oltre all'impatto visivo del quadro e del contesto,
si apprezza il sottofondo musicale, che mescola autori del Medioevo
e dei nostri giorni, con un denominatore comune rappresentato dal "soffio della
voce ": si va dalle musiche del XII secolo di Magister Perotinus alla
Ninnananna per Lucy composta nel '900 da Peter Maxwell Davies.






Non manca neppure l'abbinamento olfattivo, grazie ai profumi
di Giovanni Padovan, che legano ogni colore del quadro 
a una fragranza diversa, dando vita a sfumature al contempo aromatiche
e cromatiche.






Perfini i cultori della tecnologia possono dilettarsi, esercitando il senso
del tatto attraverso i tablet, che illustrano i contenuti dei saggi scientifici
presenti nel catalogo della mostra.






Al di là dei sensi corporei, però,
abbiamo messo alla prova il sesto senso,
in una dimensione tutta spirituale che fa capo alla percezione
del Bello e del Vero





( Immagini dal web )















Una cartolina dai natali passati

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 il Natale non è un periodo o una stagionalità, ma uno stato della mente. 
Deve portare tra la gente pace e buoni propositi, 
essere pieni di misericordia significa avere il vero spirito natalizio.
 Se pensiamo a queste cose dentro di noi rinascerà il Salvatore e su di noi 
brillerà il raggio di una stella che porterà un barlume di speranza per il mondo.

( Stralcio dal messaggio del 25 dicembre 1927 alla Nazione Americana 
da parte del presidente Calvin Coolidge)

Aspettando Natale / Ricevere con bon ton tra le note di Natale e il profumo di casa

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 "Il Natale dovrebbe essere legna che arde nel caminetto,
 profumo di pino e di vino,
buone chiacchiere, bei ricordi e amicizie rinnovate. 
Ma... se questo manca basterà l'amore" 
( Jesse O'Neil )



Dicembre...periodo di tradizioni, di poesia,
Dicembre ...periodo di luci, di profumi, di caminetti accesi
Dicembre...periodo di regali, di incontri, di pomeriggi trascorsi
nell'intimità delle case seduti intorno agli alberi di Natale,
Dicembre...neve che cade fuori dalle finestre e cioccolata calda
nelle tazze fumanti,
Dicembre...periodo di ricordi e di tenerezze, di riti e 
dolci abitudini,
Dicembre... periodo dell'anno in cui la voglia di ritrovarsi
 tra amici e parenti si fa più forte...
Dicembre...cerchiamo di dimenticare la fretta che c'è
restiamone fuori e viviamo qualche cosa di importante
dentro i nostri cuori,
Dicembre...che a nostro parere va vissuto con sobria eleganza
e con un po' di arte del buon vivere.



Arte del buon vivere e quindi Audrey sul suo blog
vi propone il bon ton per regali e auguri
e io vi dirò qualche piccola cosa relativamente al ricevere
gli amici e all'allestimento della tavola delle feste






Si dice che ricevere è un'arte.
Un incontro piacevole presuppone un'attenta preparazione,
un investimanto di tempo, energie, creatività
che però è in grado di ripagare con momenti indimenticabili e
amicizie rinsaldate.






Condividere il proprio tempo e la propria casa
con gli altri è un'esigenza e una necessità che possono trasformarsi
in una gioia e in una opportunità per esprimere il proprio gusto e la 
propria personalità.
Il cibo, le luci, i profumi, le musiche, l'atmosfera,
tutti i sensi possono essere coinvolti e gratificati da un ricevimento 
ben riuscito.
Non è necessario che sia lussuoso, basta che sappia toccare le corde giuste
per mettere tutti a proprio agio, compresa la padrona di casa che 
ha tanto faticato perchè tutto sia perfetto.
Le feste personali, i riti di passaggio e le feste comandate come il Natale
non dovrebbero essere pure formalità ma innanzitutto 
emozioni da condividere.






Uno dei momenti più creativi per la padrona di casa che dà 
un ricevimento è senza dubbio l'apparecchiatura della tavola,
 scenografia e sfondo della serata, che deve adattarsi al tono dell'evento
e a sua volta dettarlo.
Non servono necessariamente tovaglie e accessori preziosi:
con stile e fantasia si possono allestire tavole molto belle e raffinate anche
senza oggetti di grande valore.
E' importante però coltivare quest'arte anche nella tavola di tutti i giorni,
 senza riservarla solo a quella delle grandi occasioni,
basta poco a dare un tocco di grazia e allegria alla tovaglietta della colazione
o a quella del pranzo veloce con i famigliari.






La tovaglia è fondamentale per lo stile e la riuscita di una tavola:
deve essere scelta con la massima cura.
C'è una tovaglia giusta per ogni occasione: quelle preziose ereditate
 o regalo di nozze, in tessuti delicati ( fiandra, seta, raso ) e ricamate sono perfette
per serate molto formali o feste in famiglia importanti ( battesimi, anniversari )
o anche semplicemente inviti a cui si vuole dare un tono elegante.
Un tovaglia informale permette grande varietà di scelta nei colori,
che nel nostro caso saranno i classici natalizi: rosso, oro, argento, blu scuro, verde.
sta alla creatività e al gusto della padrona di casa scegliere
la tovaglia adatta all'occasione e all'atmosfera.
Qualunque sia la scelta la tovaglia dovrà essere in sintonia con il colore
e lo stile dei piatti.
Una soluzione di grande effetto è sovrapporre due tovaglie: 
Una pesante a tinta unita lunga fino a terra e arrotondata verso l'interno e
sopra una più leggera in un colore simile oppure complementare,
o in una fantasia che richiami il colore della prima.






Il servizio di piatti deve essere in perfetto stato puliti e senza 
sbocconcellature o colori sbiaditi.
Tutti i piatti utilizzati dovono, naturalmente, appartenere allo stesso servizio
e dovrebbero accordarsi allo stile della tovaglia.
In tutte le case c'è un servizio da usare ogni giorno e uno riservato alle
" grandi occasioni ".
Il " servizio buono " di solito è anche classico cioè 
di porcellana bianca o decorata in oro.






Il sottopiatto veste la tavola perchè il posto non rimane mai sguarnito.
Le ultime tendenze rivalutano questo accessorio molto decorativo, 
tradizionalmente in argento e quindi riservato ad eventi importanti e formali.
Oggi viene rivisitato in nuove forme, materiali e colori.
Sul sottopiatto, che non va mai sostituito, vanno posti tutti i piatti
delle portate dall'antipasto al dessert.






Per quanto riguarda le posate il materiale più
nobile è senz'altro l'argento, obbligatorio su una tavola raffinata.
Le posate in lega d'argento sono più pratiche,
quelle in acciaio inossidabile ancora di più, ma sono adatte
solo per l'uso quotidiano.






Il bicchiere da oggetto quotidiano è diventato, più di ogni altra stoviglia, 
espressione artistica e simbolica dell'ospitalità.
Il primo gesto spontaneo quando si riceve una persona,
 indipendentemente dal rapporto che si ha con lei, ma anche il primo passo
per rompere il ghiaccio ed entrare in sintonia è offrirle qualcosa da bere.
E quando si organizza un incontro una delle più importanti componenti
è proprio la selezione dei vini e altre bevande 
 che devono puntare sulla qualità e sul perfetto abbinamento con i cibi.






I principali tipi di bicchiere sono:
Il calice da vino bianco: gambo lungo e sottile non troppo panciuto, 
svasato verso l'alto per esalare i profumi fruttati
tipici dei vini bianchi.
Il calice da vino rosso: il calice è più panciuto, lo stelo più lungo 
e la svasatura più ampia per far risaltare colore e profumi decisi.
Ottimo per vini rossi più leggeri e giovani.
Ballon o grande calice panciuto: è più grande e ha il piede
più largo degli altri, con la parte inferiore molto larga e arrotondata che si richiude
verso l'alto in un'imboccatura comunque ampia. E' perfetto per la degustazione perchè 
permette di far roteare il vino all'interno, distinguere bene il colore e i profumi 
prima di portarlo alla bocca. Spesso fa parte di un servizio a sè che viene portato 
in tavola solo al momento in cui viene servito il rosso invecchiato.
Flùte: calice allungato e sinuoso che permette al perlage dello champagne
di salire lentamente. Perfetto per tutti gli aperitivi a base di champagne , va bene
anche per i vini frizzanti.
Coppa: calice con lo stelo medio che si apre su una larga imboccatura,
dove le bollicine si sprigionano a vista: spumanti, vini dolci, champagne ( in alternativa al flute)






Centrotavola: deve essere in stile con il tono della serata e della tavola,
ma anche con il menù e con la stagione.
Può essere in cristallo, vetro, porcellana e decorato da frutti e fiori di stagione,
purchè inodori.
Se è troppo grande va spostato prima del pranzo dopo essere stato ammirato,
non deve ostacolare nè la conversazione, nè i movimenti nè il servizio.






Vi propongo anche questo insolito centro tavola
realizzato interamente in cioccolato dal mio cuginetto chef






Segnaposti: nelle occasioni formali è un oggetto in argento nel quale
si inserisce un cartoncino con il nome e il cognome dell'invitato,
scritto a mano e in bella calligrafia
Nelle tavole informali può essere un elemento decorativo,
ve ne ho proposti alcuni qui , qui e qui
purchè stabile e inodore. Se ci sono i segnaposti il nome e il titolo vanno
scritti per esteso, ma se gli invitati sono amici basta scrivere il nome di battesimo.
Alla fine del pasto può essere regalato agli ospiti come ricordo.






Posacenere: ci deve essere un piccolo posacenere 
in cristallo o argento per ogni. fumatore.
I posacenere si mettono in tavola solo al momento del dessert.
prima è vietato fumare!

Candele: ottime per l'atmosfera ma devono essere assolutamente
inodori.






Vediamo ora velocemente come apparecchiare una perfetta tavola per Natale

*  Sul sottopiatto si appoggia il piatto piano per il secondo, 
su questo il piatto fondo per il primo, al quale si sovrappone il 
piatto con tazza per il consommè oppure il piattino per l'antipasto.

* Il piattino o la mezza luna per l'insalata si portano a tavola
quando si cambia il piatto del primo, sulla sinistra.

* Le posate devono essere messe ai lati del piatto, secondo l'ordine
in cui vengono adoperate: ci si servirà per prima di quelle più
lontane dal piatto.

* Le forchette vanno sempre a sinistra con le punte rivolte all'insù.

* I coltelli vanno a destra e devono avere il lato tagliente della lama
rivolto verso il piatto.

* I cucchiai vanno a destra.

* Le posatine da dessert si mettono orizzontalmente, sopra il piatto,
dall'alto al basso: il cucchiaio, con il manico a destra, il coltello con la lama
verso il piatto e il manico a destra, la forchetta con le punte insù e 
l'impugnatura a sinistra.

* Le posate da frutta saranno servite assieme al piattino da frutta.

* Se nel menù è previsto il pesce sono obbligatorie le apposite posate.

* Gli eventuali coltellino per il burro e forchettina per le ostriche si
aggiungono all'estrema destra.

* I bicchieri devono essere almeno 3 per ciascun commensale, disposti in alto 
a destra dei piatti.
Vicino al coltello si mettono per primi i calici grandi da acqua, poi 
quelli da vino rosso e infine quelli da vino bianco;
il flùte va posto dietro questi tre bicchieri. L'ordine decrescente è dettato da esigenze
pratiche: ogni commensale dovrebbe servire agevolmente la signora seduta alla sua sinistra.
La coppa per lo champagne e i bicchieri per il dopo cena non andranno
disposti sulla tavola, ma faranno mostra di sè in un vassoio in un angolo del soggiorno
per essere utilizzati al momento opportuno.






Queste sono piccole indicazioni di bon ton...
tutto il resto lo farà la vostra fantasia e il calore della famiglia
e degli amici che siederanno alla vostra tavola di Natale.







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la chicca di Melinda


Tra tutte le feste di Natale, sicuramente quelle diventate più famose per lo sfarzo, l’importanza e soprattutto per il significato storico sono state quella di Carlo Magno nell’800 e quella di Napoleone nel 1800.
Durante la prima notte Carlo Magno divenne infatti re del Sacro Romano Impero, cominciando quella lenta rivoluzione che avrebbe traghettato il buio Medioevo verso la luce del Rinascimento.
Durante la seconda notte invece Napoleone e la moglie si salvarono da un attentato all’Opera e per festeggiare Napoleone invitò tutto il popolo di Parigi a unirsi nella sua dimora in una festa memorabile.
Immaginate come sarebbe andata la storia se non ci fossero state quelle notti di Natale...



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Vi invito a passare da Audrey, che vi darà tutte le indicazioni 
per il modo più elegante di fare gli auguri
e i regali.










I miei balocchi 6 / I segnaposto con le renne

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Ormai siamo in dirittura d'arrivo, Natale è alle porte,
ancora pochi giorni e la magia si compie...
Ma sono ancora tante le occasioni sia prima che dopo Natale
per ritrovarsi seduti ad una tavola
in compagnia degli amici più cari e dei parenti...







Per esempio a casa nostra subito dopo Natale ci sarà
la tradizionale " pizzata di Natale "
insieme agli amici più cari, per quella sera, come segnaposto ma
anche come ricordo di una bella serata da lasciare ai partecipanti,
ho realizzato questi simpatici e velocissimi segnaposto
con le renne ricamate a punto croce.







Ho copiato, ricamandolo, lo schema che Monique,
autrice di  La Maison de Monique
ha regalato alle sue lettrici, ho usato tanti colori diversi,seguendo le inclinazioni
 e i gusti degli invitati, ho poi incollato il tessuto ricamato 
su dei pezzetti di legno (9x8 ) che "Il Restauratore " mi ha tagliato.
Sul retro ho incollato del panno dello stesso colore del ricamo.







Infine ho ricoperto lo spessore del segnaposto con 
la coda di topo e ho bordato sia il ricamo che il retro con 
il copripunto sempre dello stesso colore.
Velocissimi e simpatici...







Possono essere utilizzati anche come 
chiudipacco particolari e raffinati...
e il prossimo anno i vostri amici potranno usarli
a decorare l'albero di Natale.







Dedico questo post a Monique
che, come scritto sopra, 
ha condiviso lo schema a punto croce con tutte
le sue lettrici.






Grazie Monique e Buon Natale!




Storie di natale / Sogno di Natale, di Luigi Pirandello

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Sogno di natale di Luigi Pirandello

Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l'impressione d'una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l'anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors'anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.





Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori... E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:

- Buon Natale - e sparivo...




Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d'incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d'un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita.





Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l'immagine di lui m'attrasse così, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo punto però ebbi sgomento della leggerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintivamente m'arrestai. Subito allora Gesù si sdoppiò da me, e proseguì da solo anche più leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffio; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii.





Sparirono a un tratto le vie della città: Gesù, come un fantasma bianco splendente d'una luce interiore, sorvolava su un'alta siepe di rovi, che s'allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lungo quant'egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tutto, pur senza darmi uno strappo.





Dall'irta siepe saltai alla fine per poco su la morbida sabbia d'una stretta spiaggia: innanzi era il mare; e, su le nere acque palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fino a un punto nell'immenso arco dell'orizzonte. Si mise Gesù per quella via tracciata dal riflesso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide.




A un tratto, la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d'una grande città. Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.

- Non dormono... - mormorava Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d'odio e d'invidia pronunziate nell'interno, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l'impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: - Anche per costoro io son morto...





Andammo così, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, finché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch'ero la sua ombra per terra, non mi disse:

- Alzati, e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.

Era una chiesa magnifica, un'immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d'oro alla volta, piena d'una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l'altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d'incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d'argento splendevano a ogni gesto le brusche d'oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.

- E per costoro - disse Gesù entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.





Uscimmo dalla chiesa, e Gesù, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:

- Cerco un'anima, in cui rivivere. Tu vedi ch'ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l'anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un'anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d'ogn'altro di buona volontà.




- La città, Gesù? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?

- Otterresti da me cento volte quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.

- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.





Come se la mano, di cui sentivo in principio del sogno l'impressione sul mio capo inchinato, m'avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stropicciandomi la fronte indolenzita. E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.





( Immagini dal web )





Fiori di Natale

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Mi piace pensare a un Natale con tanti fiori
riempiono la casa di allegria e di atmosfera, sembra incredibile
ma sono veramente tanti  e molto belli i fiori che fioriscono in inverno.


Il più noto dei fiori di Natale è l'Euphorbia Pulcherrima,
 nome scientifico della Stella di Natale, è originaria del Messico,
ed è per questo che prolifera negli appartamenti surriscaldati,
dove grazie al calore le foglie assumono il caratteristico colore rosso che fa tanto Natale.


La Stella di Natale, fiore tipicamente natalizio, non è il solo omaggio
che possiamo portare in dono se siamo ospiti di amici.
Ecco qualche proposta







Io trovo bellissimo  l'Elleboro, la Rosa di Natale,
che produce fiori rosati e che a differenza della Stella, sopravvive anche a temperature rigide
 non occupando però molto spazio.
 La leggenda legata all'Elleboro, la rende un perfetto dono natalizio.
Si dice infatti che i fiori siano scaturiti dalle lacrime di una povera fanciulla,
che volendosi recare in visita alla grotta di Betlemme, si era accorta
di non avere nulla da donare alla Vergine.
Sulla neve sbocciarono i fiori, che furono portati poi a Maria.







Bellissimo per le decorazioni è il Corniolo, un alberello che cresce spontaneo nei boschi,
ma che viene coltivato proprio perchè produce bacche rosse molto ornamentali.
 I frutti, maturi in estate, sono fatti crescere in serra poichè perfetti in occasione del Natale.






Per chi cerca un arbusto da esterno che abbellisca il giardino anche d'inverno,
il Viburno è il sempreverde che fiorisce tutto l'anno ed è facile da accudire.
Fiori candidi, che sbocciano in grappoli profumati, sono un'alternativa che renderà elegante
 anche il più semplice allestimento natalizio.







 Se invece è il tocco di colore che cercate tra le luci dell'albero,
 il Gelsomino di San Giuseppe si arrampicherà fino a tre metri di altezza
senza dover essere annaffiato nemmeno troppo spesso.






 Bellissima la Camelia, che profuma il giardino a dicembre,
ma va sempre tenuta nella terra umida per veder sbocciare bellissimi fiori bianchi, rosa o gialli,
che durano a lungo.






Se volete essere originali, assieme al classico Ciclamino,
potete optare per la Primula Obconica, che oltre ai colori violacei,
declina i suoi petali anche in un bel rosso Natale,
idonei per la coltivazione negli appartamenti o nelle aiuole in ombra.






Per chi ha spazio, il Calicanto Invernale è l'albero ornamentale per eccellenza,
a cui recidere i fiori per decorare gli spazi interni.
 "Fiore d'inverno"è infatti l'etimologia del nome della pianta,
che regala fiori gialli screziati bruno, a forma di coppetta.






Dal freddo canadese arriva l'Amamelide,
che oltre a fornire estratti preziosi per il settore cosmetico,
poichè fiorisce in inverno con boccioli ocra, rosso e rosa, riuniti in mazzetti,
è un albero "natalizio" profumato e allegro.
I petali e i sepali infatti, si arrotolano spesso su se stessi a causa delle basse temperature,
prendendo una buffa forma nastriforme, che li protegge facendoli durare fino alla primavera,
giacchè la pianta è molto resistente all'attacco dei parassiti e delle malattie.






Molto di moda infine, la "forzatura" della fioritura del bulbo di Giacinto,
che sempre più spesso troviamo accanto ai presepi per il loro raffinato aspetto scenografico.
 Il Giacinto orientale in particolare, è indotto a fiorire nel periodo delle feste
in colori affascinanti come il bianco neve, l'azzurro cielo o il blu notte.






 Eppure la leggenda dice che Apollo, amico di Giacinto,
morto vittima della gelosia di Zefiro, non potendolo salvare, trasformò i suoi resti,
proprio nel fiore elegante e delicato che conosciamo, declinandoli con il rosso del suo sangue.







Io quest'anno per decorare la mia casa, ho optato
per il cactus di Natale o natalina.
Questo fiore, appartenente alle cactacee, fiorisce proprio in concomitanza con il Natale
o meglio con il solstizio di inverno, .
.  La sua presenza fiorita in occasione delle festività la rende una pianta beneaugurante,
simbolo di rinnovamento e di transizione da un periodo brutto ad uno migliore.
Siate quindi felici se vi viene regalata una tale pianta e non preoccupatevi eccessivamente di vederla sfiorire:
 è un vegetale resistente che si accontenta di poche cure.
 Una piccola curiosità per voi. Nella suo sbocciare primaverile, invece che natalina,
la schlumbergera ( questo il suo nome scientifico )
 viene chiamata “pasqualina”.
 Il perché, sicuramente, l’avete già capito.





( Tutte le fotografie, esclusa quella della Rosa di Natale,
sono tratte dal web )













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