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Novembre
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Per i nostri cari
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I Fiori e gli Alberi dei miei viaggi
Questo mese il tema che Monica ci propone
per la sua iniziativa
" Il senso dei miei viaggi "
non mi trova impreparata, ci chiede infatti di fotografare
" Fiori e Piante dei nostri viaggi "
Certo, non mi trova impreparata...forse troppo.
Come tutti sapete amo andare in montagna, camminare nei boschi, trascorrere
pomeriggi nei parchi delle ville...
, come tutte le persone che amano questo stile di vita e che si dilettano
di fotografia alla fine mi ritrovo con cartelle e cartelle di fotografie di argomento
botanico...e mi rendo conto che anche il mio blog è infarcito di immagini di
boschi, alberi e fiori.
E allora come fare per partecipare all'iniziativa evitando di postare immagini
che spesso appaiono su questo blog?
Ho pensato e ripensato e alla fine ho sviluppato tre idee che sono anche tre storie
perchè, alla fine che cos'è una fotgrafia se non una storia?
Il vaso e il piatto di Gubbio
" Il ricordo! Perenne rampicante dal fiore divino,
che profuma mestamente quello che abbraccia."
(J.R.Jimenez)
" Il ricordo! Perenne rampicante dal fiore divino,
che profuma mestamente quello che abbraccia."
(J.R.Jimenez)
Quell'anno, era il 1987, è stato l'anno in cui abbiamo percorso circa 7.000 km in macchina
attraverso l'Italia...per stordirmi, per distrarmi, per cercare di dimenticarmi...
A Luglio la mia mamma se ne era improvvisamente andata in cielo e ci aveva lasciati
nella disperazione e nell'angoscia più assoluti.
Non riuscivo a farmene una ragione e non riuscivo a ricominciare la vita che era rimasta
come pietrificata quella domenica sera in cui era suonato il campanello e un amico
era entrato in casa dicendo " E' successa una cosa orribile..."
E così siamo partiti...chilometri e chilometri di autostrada, chilometri e chilometri
di strade e stradine...un mese di parole, di lacrime, di abbracci sulle tracce
dei viaggi fatti con lei tanti anni prima...mare, montagne, colline,
città d'arte, borghi medioevali...
Gubbio...Gubbio con i suoi vicoletti, sembrava di sentire ancora la sua voce
che ci raccontava la storia di San Francesco e del lupo...
Gubbio con le sue botteghe artigiane, le sue ceramiche....e i piccoli capolavori tornati
Il Vassoio dipinto di Yaroslav
" Essere come il fiore,
nasce e aperto respira in pace,
canta sotto il cielo, nella luce,
benchè la morte esista "
( L.Cernuda )
Del viaggio in Russia ho già scritto parecchie volte...è stato uno dei viaggi
" Essere come il fiore,
nasce e aperto respira in pace,
canta sotto il cielo, nella luce,
benchè la morte esista "
( L.Cernuda )
Del viaggio in Russia ho già scritto parecchie volte...è stato uno dei viaggi
più significativi della mia vita...i viaggi verso nord mi hanno sempre
offerto l'opportunità di riflettere molto e di tornare a casa spiritualmente arricchita.
Di Yaroslav e delle sue nebbie ho già detto,
atmosfere surreali, qualche fiocco di neve, l'umidità nell'aria,
le cupole dorate delle chiese...
Io che stavo vivendo un momento magico della mia vita, che raccoglievo
ogni sensazione a piene mani, qualche mese dopo avrei cominciato a stare male,
ma in quel momento ero ancora avvolta e protetta
dal meraviglioso che mi sentivo intorno.
Nel freddo della sera russa, nel piccolo negozio, i nostri occhi sono caduti
su di "lui " , il bel vassoio dipinto a mano che ancora oggi è appeso sopra il camino
nella nostra cucina,
un'esplosione di fiori e di colori che scaldano quanto il fuoco.
Parecchie estati fa siamo partiti ,via mare, alla volta di Israele.
Qualche mese dopo, più o meno improvvisamente,sarebbe scoppiata la prima
guerra del Golfo...
Qualche vento di guerra stava già aleggiando sul Mediterraneo,
si faceva finta di niente ma grosse navi da guerra si spostavano e noi le guardavamo
dal ponte della nave...però era estate, era una vacanza,...nessuno ci pensava più di tanto,
la vita di bordo continuava a scorrere serena,
nessuno avrebbe immaginato...
Il cielo turchese d'Israele era solcato dagli F15 americani...
sono stata perquisita più volte ma tutto questo lì e allora sembrava normale
E Israele non era un viaggio, era un'esperienza...era ed è un'esperienza da vivere.
Crea emozioni troppo intense per poter pensare di riuscire realmente a metterle nero su bianco
ma certamente sono indelebili nell'anima...
La pietra del sepolcro dove fu deposto il corpo di Cristo,
il buco in cui era conficcata la Croce...
poterli toccare da cattolica ma sentirli comunque, per tutta l'umanità,
simboli di qualche cosa di grande che va oltre la comprensione umana.
E poi l'Orto degli Ulivi...emozioni forti.
In questo giardino, teatro della Passione, ci sono ancora otto ulivi
che hanno 3.000 anni...
otto ulivi che sono gli stessi che circondarono Gesù in quella notte d'agonia.
E' un ricordo che porterò per sempre nel cuore e dal mio diario di viaggio
un rametto di quegli ulivi.
Di Yaroslav e delle sue nebbie ho già detto,
atmosfere surreali, qualche fiocco di neve, l'umidità nell'aria,
le cupole dorate delle chiese...
Io che stavo vivendo un momento magico della mia vita, che raccoglievo
ogni sensazione a piene mani, qualche mese dopo avrei cominciato a stare male,
ma in quel momento ero ancora avvolta e protetta
dal meraviglioso che mi sentivo intorno.
Nel freddo della sera russa, nel piccolo negozio, i nostri occhi sono caduti
su di "lui " , il bel vassoio dipinto a mano che ancora oggi è appeso sopra il camino
nella nostra cucina,
un'esplosione di fiori e di colori che scaldano quanto il fuoco.
L'orto degli ulivi a Gerusalemme
"Come faceva di solito Gesù uscì e andò verso il Monte degli Ulivi,
e i suoi discepoli lo seguirono.
Quando giunse sul posto disse loro: "Pregate per resistere nel momento della prova"."
( Vangelo di San Luca )
Qualche mese dopo, più o meno improvvisamente,sarebbe scoppiata la prima
guerra del Golfo...
Qualche vento di guerra stava già aleggiando sul Mediterraneo,
si faceva finta di niente ma grosse navi da guerra si spostavano e noi le guardavamo
dal ponte della nave...però era estate, era una vacanza,...nessuno ci pensava più di tanto,
la vita di bordo continuava a scorrere serena,
nessuno avrebbe immaginato...
Il cielo turchese d'Israele era solcato dagli F15 americani...
sono stata perquisita più volte ma tutto questo lì e allora sembrava normale
E Israele non era un viaggio, era un'esperienza...era ed è un'esperienza da vivere.
Crea emozioni troppo intense per poter pensare di riuscire realmente a metterle nero su bianco
ma certamente sono indelebili nell'anima...
La pietra del sepolcro dove fu deposto il corpo di Cristo,
il buco in cui era conficcata la Croce...
poterli toccare da cattolica ma sentirli comunque, per tutta l'umanità,
simboli di qualche cosa di grande che va oltre la comprensione umana.
E poi l'Orto degli Ulivi...emozioni forti.
In questo giardino, teatro della Passione, ci sono ancora otto ulivi
che hanno 3.000 anni...
otto ulivi che sono gli stessi che circondarono Gesù in quella notte d'agonia.
E' un ricordo che porterò per sempre nel cuore e dal mio diario di viaggio
un rametto di quegli ulivi.
Con questo post partecipo all'iniziativa di Monica autrice di
" Il senso dei miei viaggi "
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Il Titanic del '600, la tragedia del Batavia
Nella prima metà del 600 la tragedia del " Batavia"-
orgoglio della potente compagnia olandese delle Indie Occidentali
( Verenigde Oostindische Compagnie - VOC )
e gigante dell'epoca con i suoi 50 m. di lunghezza e le circa 330 persone
trasportate, ma bastimento lento e poco manovrabile-
colpì l'opinione pubblica, affondando nel 1629 durante il primo viaggio
dalla rada di Texel a Giava via Città del Capo.
( 15.000 miglia marine da coprire da coprire in circa 8 mesi a una velocità
media di 2,5 nodi con l'incubo dell'inospitale " Terra Australis Incognita ),
D'altronde gli ingredienti per il dramma perfetto
- avventura, esotismo, violenza, sesso, salvataggio in extremis
e soprattutto un cattivo di talento -
non mancava di certo E così ecco rapporti, memorie,, atti del processo,
persino un bestseller tradotto parzialmente in francese...
Poi, inevitabile, l'oblio.
Fino al ritrovamento del relitto nel 1963, con le campagne d'esplorazione
il recupero della poppa e di parte del carico
( oggi al Maritime Museum and Shipwreck Galleries di Fremantle ),
gli studi scientifici, le divulgazioni giornalistiche, i racconti romanzati e le divulgazioni sintetiche.
Tra queste ultime spicca ora un appassionante libretto di Simon Leys
" I naufraghi del Batavia. Anatomia di un massacro " ( ed. Skira)
Si tratta di un reportage, già uscito sulla " Revue des Deux Mondes ",
basato sul suo soggiorno di 15 giorni alle Houtman Abrollhos
- il luogo del naufragio ( un gruppo di tutt'ora disabitati isolotti corallini,
aridi e spazzati dal vento a una quarantina di miglia dalla costa Ovest del continente
australiano ) - e sulle ricerche d'archivio di Mike Dash confluite poi
nel saggio Batavia's Graveyard
Sui velieri a tre alberi della VOC vigeva una strana e fragile diarchia, divisa
tra il commissario di bordo, uomo di terra dalle competenze
politico- commerciali, e il capitano, lupo di mare dalle responsabilità nautiche.
Ancora più traballante del normale sul Batavia - reso promiscuo da un uomo di chiesa
con moglie e figli, una quindicina di donne fatte salire clandestinamente, circa 180
membri dell'equipaggio, mercenari tedeschi e francesi affiancati da due vecchi ufficiali
e alcuni giovani cadetti, artiglieri e artigiani vari -
visto che il commissario, il colto ma sempre malaticcio Francisco Pelsaert,
e capitano, il rozzo e robusto Ariean Jacobsz, entrambi donnaioli impenitenti,
si detestavano da anni.
E ovviamente entrarono subito in competizione per le grazie della bella 27enne
passeggera Lucretia Van der Mijlen, decisa a raggiungere,
in compagnia di una servetta di facili costumi ( Zwaantie ), il marito in Insulindia.
Con il sottocommissario Jeronimus Cornelisz - un apotecario imbarcatosi per
sottrarsi alla giustizia in quanto in stretti rapporti con il pittore
Johannes Van der Beech( 1589 - 1644 ),
più noto come Torrentius, condannato per immoralità, satanismo ed eresia -
come terzo incomodo, ma schierato per ragioni tattiche dalla parte del capitano,al punto
da progettare con lui un'ammutinamento per impadronirsi della nave
e del favoloso tesoro ( monete e lingotti d'argento, perle e gioielli) che trasportava.
Ma all'improvviso, nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1629, il Batavia,
persosi nell'Oceano Indiano ( allora si navigava quasi alla cieca, senza mappe e
senza poter conoscere la longitudine ), finì contro un'invisibile barriera corallina
non lontano da Beacon Island, restandoci impalato.
Da qui in poi mentre l'elite dell'equipaggio ( 45 persone ribattezzate " traditori " dagli
altri, ma non Lucretia ) fece vela con la lancia e la iole alla volta di Giava
per chiedere soccorso, iniziarono, sotto il comando sempre più folle e dispotico
dell'anabattista Cornelisz, seguace - ricordiamolo -di Torrentius ( un genio maledetto
che si vantava di dipingere con la collaborazione personale del demonio),
quasi quattro mesi di orgie selvagge, condanne a morte, massacri indiscriminati di donne e
neonati, scontri fratricidi e diserzioni...
Non racconterò oltre per non togliere il piacere a chi vorrà leggere il libro.
Una sola noticina finale:
una volta ristabilito l'ordine con il ritorno di Pelsaert su una piccola
nave veloce, due criminali un po' meno colpevoli degli altri
furono abbandonati su una spiaggia deserta lungo la costa occidentale
del continente australiano; i primissimi coloni europei a stabilirsi, obtorto collo,
in Australia
( Fonte: Miska Ruggeri su Libero )
( Fotografie dal web )
non mancava di certo E così ecco rapporti, memorie,, atti del processo,
persino un bestseller tradotto parzialmente in francese...
Poi, inevitabile, l'oblio.
Fino al ritrovamento del relitto nel 1963, con le campagne d'esplorazione
il recupero della poppa e di parte del carico
( oggi al Maritime Museum and Shipwreck Galleries di Fremantle ),
gli studi scientifici, le divulgazioni giornalistiche, i racconti romanzati e le divulgazioni sintetiche.
Tra queste ultime spicca ora un appassionante libretto di Simon Leys
" I naufraghi del Batavia. Anatomia di un massacro " ( ed. Skira)
Si tratta di un reportage, già uscito sulla " Revue des Deux Mondes ",
basato sul suo soggiorno di 15 giorni alle Houtman Abrollhos
- il luogo del naufragio ( un gruppo di tutt'ora disabitati isolotti corallini,
aridi e spazzati dal vento a una quarantina di miglia dalla costa Ovest del continente
australiano ) - e sulle ricerche d'archivio di Mike Dash confluite poi
nel saggio Batavia's Graveyard
Sui velieri a tre alberi della VOC vigeva una strana e fragile diarchia, divisa
tra il commissario di bordo, uomo di terra dalle competenze
politico- commerciali, e il capitano, lupo di mare dalle responsabilità nautiche.
Ancora più traballante del normale sul Batavia - reso promiscuo da un uomo di chiesa
con moglie e figli, una quindicina di donne fatte salire clandestinamente, circa 180
membri dell'equipaggio, mercenari tedeschi e francesi affiancati da due vecchi ufficiali
e alcuni giovani cadetti, artiglieri e artigiani vari -
visto che il commissario, il colto ma sempre malaticcio Francisco Pelsaert,
e capitano, il rozzo e robusto Ariean Jacobsz, entrambi donnaioli impenitenti,
si detestavano da anni.
E ovviamente entrarono subito in competizione per le grazie della bella 27enne
passeggera Lucretia Van der Mijlen, decisa a raggiungere,
in compagnia di una servetta di facili costumi ( Zwaantie ), il marito in Insulindia.
Con il sottocommissario Jeronimus Cornelisz - un apotecario imbarcatosi per
sottrarsi alla giustizia in quanto in stretti rapporti con il pittore
Johannes Van der Beech( 1589 - 1644 ),
più noto come Torrentius, condannato per immoralità, satanismo ed eresia -
come terzo incomodo, ma schierato per ragioni tattiche dalla parte del capitano,al punto
da progettare con lui un'ammutinamento per impadronirsi della nave
e del favoloso tesoro ( monete e lingotti d'argento, perle e gioielli) che trasportava.
Ma all'improvviso, nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1629, il Batavia,
persosi nell'Oceano Indiano ( allora si navigava quasi alla cieca, senza mappe e
senza poter conoscere la longitudine ), finì contro un'invisibile barriera corallina
non lontano da Beacon Island, restandoci impalato.
Da qui in poi mentre l'elite dell'equipaggio ( 45 persone ribattezzate " traditori " dagli
altri, ma non Lucretia ) fece vela con la lancia e la iole alla volta di Giava
per chiedere soccorso, iniziarono, sotto il comando sempre più folle e dispotico
dell'anabattista Cornelisz, seguace - ricordiamolo -di Torrentius ( un genio maledetto
che si vantava di dipingere con la collaborazione personale del demonio),
quasi quattro mesi di orgie selvagge, condanne a morte, massacri indiscriminati di donne e
neonati, scontri fratricidi e diserzioni...
Non racconterò oltre per non togliere il piacere a chi vorrà leggere il libro.
Una sola noticina finale:
una volta ristabilito l'ordine con il ritorno di Pelsaert su una piccola
nave veloce, due criminali un po' meno colpevoli degli altri
furono abbandonati su una spiaggia deserta lungo la costa occidentale
del continente australiano; i primissimi coloni europei a stabilirsi, obtorto collo,
in Australia
( Fonte: Miska Ruggeri su Libero )
( Fotografie dal web )
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I libri di Sandor Marai / La recita di Bolzano
Dopo Le braci e L'eredità di Eszter, che hanno già catturato e coinvolto migliaia di lettori, La recita di Bolzano conferma la grande capacità narrativa di Sndor Marai
Protagonista del romanzo è un uomo di nome Giacomo, ma è anche, indubbiamente, l'amore.
L'amore negato, l'amore sofferto, l'amore unico, che nella vita non si può ripresentare due volte.
La vicenda è ispirata direttamente alla biografia di Giacomo Casanova,
come l'autore stesso scrive in un'Avvertenza all'inizio del testo
("il mio eroe rassomiglia maledettamente a quel viandante intrepido, apolide e
tutto sommato, io credo, infelice"). Giacomo è un personaggio affascinante, un avventuriero
che piace alle donne. Non bello, non particolarmente prestante, ma dotato di un appeal misterioso,
vive un'esistenza da libertino. Sempre alla ricerca della felicità, senza mai trovarla,
Giacomo, nato in una povera casa di Venezia, ma orgoglioso della sua origine
(i veneziani sono tutti gentiluomini di nascita, perché Venezia è la città più nobile del mondo)
conduce una vita senza legami e senza regole, ma non priva di etica.
La sua indole è incompatibile con il potere e lo porta allo scontro diretto e all'incarcerazione nei Piombi "perché il mondo esige ordine, consenso, remissività a tutti i costi, pretende la resa incondizionata all'ordinamento divino e umano. Ma in lui, profondamente radicata nel suo petto, divampava impetuosa la fiamma della resistenza; e questo era un fatto imperdonabile".
Riuscito a sfuggire dalle carceri veneziane, accompagnato da Padre Balbi, un monaco "depravato",
giunge a Bolzano, tappa intermedia di un viaggio che, nelle intenzioni, dovrebbe portarlo verso Monaco
e le corti europee. Ma a Bolzano l'aspetta il destino.
La città non gli piace (anche se la gente lo tratta con riguardo e con curiosità dopo che la notizia della sua rocambolesca fuga si diffonde insieme alle leggende legate alla sua figura)
ma Giacomo non riparte perché scopre che proprio a Bolzano risiede Francesca,
l'unica donna che abbia amato. Per Francesca in passato Giacomo ha affrontato un duello,
è stato gravemente ferito da quello che poi è diventato il marito della donna, il Conte di Parma.
La sua figura, il suo viso, la nostalgia per un sentimento inespresso e impossibile
l'hanno accompagnato nel tempo. Ma il destino gli gioca uno scherzo strano.
Ora che la donna è vicina, ora che potrebbe riallacciare segretamente una relazione con lei,
interviene il marito, un uomo anziano e gelosissimo, con una richiesta molto particolare,
che rimescola le carte e trasforma la situazione.
A Giacomo viene comandata una vera e propria recita che possa far "guarire" la donna
dalla sua passione per il veneziano. "Pagherò un prezzo alto per te, Giacomo
- dice il Conte di Parma andando a trovare il libertino direttamente nella sua stanza d'albergo -
com'è giusto che sia quando uno compra un regalo perché la sua vita volge al termine ed egli,
in segno di congedo, vuole offrire qualcosa alla donna, all'unica donna che ama".
L'uomo accetta ("Allora che aspetti? Comincia a vestirti, vecchio commediante, illusionista avvizzito!"),
ma non vuole compensi, non può essere pagato per una recita sui cui esiti non può garantire,
per uno spettacolo che probabilmente non potrà dirigere.
L'amore non ha regole, segue un istinto indomabile e può essere la gioia più grande e la più terribile pena. L'amore domina le tre figure che nella parte finale del romanzo si fronteggiano,
esprimendo lungamente i propri sentimenti l'uno all'altro.
L'amore ne uscirà vincitore, ma gli uomini saranno sconfitti
Per conoscerlo un po'
“Allora baciò la servetta a Bolzano, in una camera della Locanda del Cervo, tre giorni dopo la sua fuga dai piombi (…)
Le due bocche si incollarono l’una all’altra, ed ecco cosa accadde: qualcosa cominciò a cullarli. Era un moto ondeggiante che ricordava le coccole fatte ai piccini, come quando un adulto prende tra le braccia un bambino che ha giocato molto ed adesso è triste perchè si è stancato e tra poco farà sera (…) continuarono a baciarsi, il moto che li cullava, quel rullio strano e malinconico, li travolgeva a poco a poco nel bacio, come fa il mare il cui andare oscillante è al tempo stesso ninnananna e pericolo, fatalità e avventura.
Fu come se stessero precipitando giù dalle rive della realtà in preda ad una vertigine, per accorgersi poi con stupore che riuscivano a vivere e a muoversi anche in quel elemento, nell’elemento ignoto della fatalità e che poi non era tanto sgradevole allontanarsi dalla sponda, lasciandosi cullare dolcemente, smarrire ogni contatto (…) Ogni tanto tra un bacio e l’altro si guardavano intorno con occhi assonnati, come se sollevassero il capo dalle onde per poi lasciarsi ricadere in basso in quel elemento pericoloso e ristoratore, lenitivo e indifferente, pensando :
‘Forse non è poi tanto orribile sprofondare nel nulla! Forse è quanto di meglio possa offrirci la vita: farsi cullare così e perdere la memoria.’
E, dopo aver spalancato le braccia con gesti supplichevoli ed invitanti, ciascuno strinse a sè con forza il capo dell’altro.
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Gadget per aiutare l'associazione " Una Cuccia per la Vita "
Vi ripropongo integralmente il post pubblicato dall'amica
Fiore di collina autrice del blog
cerchiamo di dare una mano ad aiutare questi amici pelosi così sfortunati.
" Gadget per aiutare l'associazione "Una cuccia per la vita"
Cari amici tramite un appello su Twitter
sono venuta conoscenza della crudele realtà che esiste in Spagna:
lì i cani ed i gatti dopo 10 gg. della cattura e messi nelle "perreras" vengono uccisi!
L'Associazione "Una cuccia per la vita" è composta da un gruppo di volontari italiani
che lottano per salvare la vita ai cani condannati a morte nelle perreras spagnole.
La loro attività consiste nel riscattare dalle perreras (principalmente dalle due perreras di Granada)
il maggior numero di cani possibile, altrimenti destinati a una morte atroce.
Potete leggere voi stessi dal loro sito tutto ciò che riguarda questa triste realtà
e ciò che i volontari fanno.
Anche tu puoi aiutarli!!!
Ora che il Natale si avvicina, nella sezione Gadget donazioni per la cuccia
troverai il modo di contribuire e ricevere a tua scelta un bellissimo portachiavi
oppure c'è anche il gadget calendario 2014 !!! "
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Oasi Zegna 4 / Le Favole del Bosco del Sorriso
Ricorderete che ho già parlato del bellissimo
Bosco del Sorriso
oggi vi racconto la seconda favola di questo bosco
Il Faggio
Un grande Faggio sonnecchiava ai primi raggi di una fresca giornata di aprile
I suoi grandi rami, tanto erano lunghi
che sembrava accarezzassero le nuvole, e il suo
maestoso tronco liscio e prezioso, si godeva quel
primo sole del mattino
Tanto era bello e possente,
quanto il suo carattere era schivo e scontroso,
non amava la compagnia di nessun essere sulla Terra.
Quando un fringuello o un passero gli si appoggiava su un ramo
per riposare, dando colpa al vento, scrollava il ramo, cosicchè
L'uccello era costretto a riprendere il volo
Quando un bambino andava a giocare sotto la sua chioma,
lasciava cadere un riccio privo di spine, infastidendolo tanto
da obbligarlo a spostarsi.
Arrivò l'Autunno con le sue piogge e i primi freddi,
poi l'inverno con le prime abbondanti nevicate, il grande
vecchio faggio era sempre più bello ma anche sempre più schivo.
All'arrivo della Primavera poco distante da lui, tra i primi crocus,
l'erbetta appena nata ed il profumo dell'aria frizzante,
vide sbucare dal terreno delle piccole piantine.
Con il suo solito modo arrogante domandò: chi siete voi?
cosa volete? Avete intenzione di crescere qui vicino a me?
Intimorite le piccole piantine risposero che era stato il vento
a portarle in quel prato e lì avevano trascorso tutto l'inverno
avevano riposato ed ora che il sole scioglieva la neve
e scaldava l'aria si erano risvegliate. E lì volevano crescere!
Alcune dissero al vecchio faggio che venivano da dei ricci
che si erano schiusi, proprio come quelli dei suoi rami.
Borbottando il vecchio faggio tornò a farsi bello al sole aprendo le sue
chiome a più non posso e lodandosi della sua magnificenza.
Le piccole piantine crebbero e diventarono sempre più belle
sui loro rami abbondava un magnifico fogliame
che con il vento sembrava cantasse.
Il vecchio faggio a volte si lamentava, altre volte però
senza farsi vedere accennava ad un sorriso.
Quel meraviglioso prato che una volta era stato abitato
solo dal grande faggio ora era popolato da grandi alberi,
molti erano faggi nati proprio dal seme del vecchio albero.
Nelle giornate di vento facevano un gran rumore
ed era una festa quando all'arrivo della Primavera stormi
di uccelli si riposavano sui loro rami.
Accortosi di tanta gioia, perfino il vecchio faggio un giorno,
un po' invidioso, accolse su un suo ramo una giovane coppia
di fringuelli per farci il nido.
Quella valle era diventata una meravigliosa foresta.
Se questo Bosco vi è piaciuto vi consiglio di leggere anche:
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Pensieri
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Quart de Lune
Durante le nostre vacanze abbiamo alloggiato a Quart
sulle colline intorno ad Aosta in questo delizioso Bed & Brekfast
e ci tenevo tanto a farvelo conoscere perchè è un luogo dove vale veramente
la pena soggiornare, magari anche solo per un fine settimana molto romantico.
" Il B&B Quart de Lune è situato nel centro storico del Villar de Quart,
nella valle centrale della regione.
L'edificio sorge nella zona che fino agli inizi del XIX secolo fi possedimento
rurake dei Francescani Minori conventuali di Aosta.
Costruita nel 1911, immersa nel verde, la casa, caratterizza la sua
fisionomia di autentica abitazione " d'antan", il cui allestimanto ha mantenuto
intatta l'antica atmosfera, rendendo gli interni particolari
e carichi di eleganza sobria ed un po' vintage, con autentici mobili di pregio
del XIX secolo
Per chi ama la letteratura una fornita biblioteca offre una
sezione dedicata alla storia e alla cultura della Valle d'Aosta,
con libri in varie lingue.
Dalle finestre si possono ammirare il Monte Emilius, il Ruitor
e la possente struttura monumentale del castello medioevale di Quart...."
Ma questa splendida casa è molto di più!
Per noi è stato veramente come arrivare a casa, intanto
la struttura di "vecchia casa" è molto simile alla nostra ed è stato portato
avanti un restauro conservativo con gli stessi criteri con cui noi
abbiamo ristrutturato la nostra casa...
conservati gli antichi pavimenti in legno, i vecchi muri,
restaurate le porte e le finestre senza lasciare spazio ad alcuna " Innovazione "
La signora Emanuela. proprietaria del B& B e il suo spelndido cane Parsifal
abitano al piano terreno della casa, i due piani soprastanti sono stati,
per tutta la durata del soggiorno a nostra completa disposizione
( in quanto se sono ospiti dei cani la Signora non ospita altre persone
o pelosi)
Siamo stati accolti con calore nello splendido salone
vi assicuro che mi è sembrato di entrare nella mia casa.
addirittura i colori sono gli stessi!
Ogni sera, al nostro rientro dalle nostre passeggiate,
trovavamo le stufe accesse sia nel salone che nella nostra camera
( cosa che riempiva di gioia addirittura eccessiva la nostra Cassandra ).
e la Signora Emanuela pronta con un bel thè fumante, i pasticcini e la sua
piacevolissima e molto colta conversazione.
Al piano superiore tre bellissime camere da letto,
ognuna con una sua peculiarità,
tutte a tre a nostra completa disposizione.
La Camera Blu
La Camera Verde
La Camera Rossa
La Camera Rossa è stata per tutto il soggiorno la nostra camera,
ogni volta che entravo e la vedevo illuminata dal fuoco della stufa
mi sentivo a casa, mi sentivo felice e fortunata
di essere capace di godere fino in fondo di queste calde atmosfere.
Mi ha lasciata senza parole la biancheria del letto e del bagno,
così come gli eccezionali prodotti da bagno
che la Signora Emanuela mette a disposizione degli ospiti.
Uno su tutti il favoloso bagno schiuma al timo...
la conclusione più dolce a una giornata trascorsa tra montagne
e boschi stupendi.
La cucina era un luogo meraviglioso con il balcone che si affacciava
sulle montagne al tramonto,
luogo dove la signora Emanuela apparecchiava indimenticabili colazioni
con yogurt e burro fresco della valle, marmellate fatte in casa,
le sue meravigliose crostate e ogni giorno qualche delizia di pasticceria.
Imperdibile il pane nero con i fichi e le noci!
Il giardino della casa è bellissimo, un luogo che invita alla pace
e alla riflessione e la proprietaria ne è giustamente orgogliosa.
Ho già accennato alla Signora Emanuela, che è stata una padrona di casa eccellente,
la sua conversazione è piacevole e per me ricca di nuove conoscenze,
la signora, infatti, è esperta in musica antica.
Ogni giorno ci consigliava alcuni itinerari tra cui abbiamo sempre
scelto magnifiche passeggiate e quindi è stata anche una guida preziosa.
E poi con quale gioia e quale affetto ha accolto i nostri pelosi...
Anche lei proprietaria di un cane...e che cane!
Un terranova addirittura un campione di bellezza mondiale per diversi
anni consecutivi...il bellissimo Parsifal!

Un vacanza splendida perchè la Valle d'Aosta e le sue magnifiche
montagne, le sue cascate, i suoi castelli
ci hanno riempito gli occhi e il cuore
ma anche perchè alla sera c'era il calore di questa meravigliosa casa
e la cortesia di Emanuela ad attenderci!
Non so se Emanuela leggerà questo post
se così fosse lo dedichiamo a lei
e la ringraziamo ancora per la vacanza da sogno
che ci ha aiutati a realizzare.
Antonella, Renato, Cassandra e Platone
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La Storia in Cucina / Si fa presto a dire Tartufo
Del tartufo pensavamo di sapere
ma in uno studio relativamente recente di Giordano Berti
- poliedrica figura di scrittore, organizzatore di mostre storiche,
sceneggiatore di spettacoli d'ispirazione magico esoterica, nonchè profondo conoscitore
dei tarocchi e della loro storia - ha dimostrato che non è proprio così.
Almeno per qunto riguarda l'etimologia del celebre fungo ipogeo.
Im un codice trecentesco del " Tacuinum Sanitatis ",
oggi conservato presso la Biblioteca Nazionale di Parigi,
il ricercatore bolognese ha infatti trovato l'esatto significato del termine tartufo,
che non deriva dal tardo latino " terrae tufer "
( laddove tufer sarebbe la volgarizzazione del latino classico tuber )
- vele a dire escrescenza della terra -
ma da " terra tufide tubera, titolo che compare nella pagina del " Tacuinun "
in cui è illustrata proprio la raccolta del tartufo nero.
Il termine tartufo nasce quindi dalla somiglianza che nel
Medioevo si ravvisava tra questo frutto del sottobosco e il tufo,
la pietra porosa tipica dell'Italia centrale,
dove i tartufi sono apprezzati si può dire da sempre.
Questo fungo sotterraneo è noto, infatti,
da epoche remotissime, anche se storicamente è attestato
per la prima volta nella " Naturalis Historia " di Plinio il Vecchio ( sec.I d.C. )
e nel contemporaneo De re coquinaria di Apicio,
in cui figurano diverse ricette che prevedono l'uso del tartufo,
che i contemporanei ritenevano avesse origine divina, essendo frutto,
secondo la credenza popolare, del fulmine sacro a Giove.
Di qui l'attribuzione al tartufo di qualità afrodisiache,
dal momento che il padre degli dei era celebre
per la sua prodigiosa attività sessuale.
Dopo l'enorme successo culinario in epoca romana,
il tartufo conobbe nel Medioevo un lungo periodo di appannamento
della sua fama,
pur rimanendo un ingrediente molto apprezzato
soprattutto alla tavola dei nobili e degli alti prelati, che pare conoscessero
bene l'esistenza, oltre che di quello nero, anche del tartufo bianco,
come attesta un atto amministrativo dei duchi di Savoia,
datato 1380, nel quale si legge per la prima volta dell'esistenza
di questo pregiatissimo tipo di tartufo, che però verrà
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Oriana Fallaci / Se il Sole Muore
Nell’esergo al libro si cela il senso più profondo della riflessione della Fallaci:
A mio padre che non vuole andar sulla Luna
perché sulla Luna
non ci sono fiori né pesci né uccelli.
A Teodoro Freeman che morì ucciso da un’oca
mentre volava per andar sulla Luna.
Ai miei amici astronauti che vogliono andar sulla Luna
perché il Sole potrebbe morire.
È un’ambientazione sospesa, rarefatta, ai limiti del fantascientifico, quella di Se il Sole muore: l’erba è di plastica e indistruttibile, i robot circolano liberamente per le strade, il forno parla, ci si sposta soltanto in elicottero e non è rimasta traccia degli odori «inutili» della natura, del mondo prima della svolta tecnologica. È una versione inedita – e quasi apocalittica – della Los Angeles di fine anni Sessanta a far da sfondo all’incontro tra Oriana Fallaci e gli astronauti che si stanno preparando allo sbarco sulla Luna.
L’accurato resoconto scaturito dal confronto di due modi antitetici di leggere la realtà si inserisce nel dibattito dell’epoca, e si basa su alcuni dolorosi interrogativi: è giusto andare sulla Luna? E se invece si trattasse di un gesto stupido, avventato? Se inseguendo il sogno di conquistare la Luna rischiassimo di perdere tutto il resto?
In un mondo sconvolto dai frenetici cambiamenti dello sviluppo scientifico, dove gli strumenti elettronici rendono tutto possibile e la ricerca spasmodica di un «annullamento» dei tempi allontana da quello che la Terra era stata fino a pochi anni prima, la Fallaci è testimone degli esperimenti che astronauti e scienziati americani portano avanti nel miraggio dello sbarco sulla Luna, e dello scontro generazionale di chi in esso scorge una sconfitta anziché una speranza. La scrittrice è a tal punto coinvolta nei progetti dei suoi amici astronauti che Pete Conrad portò con sé in orbita una foto di Oriana in compagnia della madre Tosca e, sbarcando sulla Luna, pronunciò una frase che la stessa Fallaci aveva scritto ad hoc.
Al posto del Sole che potrebbe morire, sinonimo di vita, di natura, di animali fiori e piante, ora si trova soltanto il fioco bagliore della Luna, rifugio estremo e simbolo di un’evoluzione che rischia di cancellare tutto quel che il mondo è stato, eliminando la passione, l’arte, la poesia, e non lasciando più spazio all’uomo.
Un assaggio
" Il sasso non si vedeva, tanto l’erba era fitta e rigogliosa: ci incastrai un piede e caddi distesa, parallela alla strada. Nessuno mi venne in aiuto. E poi chi? Nessuno camminava in quella strada e forse in tutte le strade della città. Nessuno all’infuori di me. Nessuno esisteva, nessuno con due piedi e due gambe, un corpo sulle due gambe, una testa sul corpo: esistevano solo automobili che scivolavan via unte, ordinate, sempre alla stessa velocità, alla stessa distanza, e non un uomo dentro, una donna. Sedevano figure umane al volante, d’accordo: ma così ferme, composte, che certo non si trattava di uomini, donne, si trattava di automi, robot. La tecnologia moderna non è forse in grado di fabbricare robot identici a noi? La prima legge dei robot non è forse «ricorda che non devi interferire con le azioni degli umani ammenoché gli umani non sollecitino il tuo intervento»? Io sollecitavo forse un qualsiasi intervento?
Al contrario. Distesa sul prato lungo la strada, le guance in fiamme per l’imbarazzo, speravo solo che non mi si scorgesse, che non si ridesse di me. E i robot obbedivano: scivolando via unti, ordinati, sempre alla stessa velocità, alla stessa distanza, nemmeno chiedendo al loro calcolatore elettronico se la donna a pochi passi era morta o era viva e se era viva perché non si rialzava. Non mi rialzavo perché avevo notato qualcosa di assurdo, di atroce: quell’erba non aveva odore di erba.
Al contrario. Distesa sul prato lungo la strada, le guance in fiamme per l’imbarazzo, speravo solo che non mi si scorgesse, che non si ridesse di me. E i robot obbedivano: scivolando via unti, ordinati, sempre alla stessa velocità, alla stessa distanza, nemmeno chiedendo al loro calcolatore elettronico se la donna a pochi passi era morta o era viva e se era viva perché non si rialzava. Non mi rialzavo perché avevo notato qualcosa di assurdo, di atroce: quell’erba non aveva odore di erba.
Ci tuffai dentro il naso, aspirai. No, non aveva odore di erba, non aveva odore di niente. Agguantai tra il pollice e l’indice un filo, tirai. No, non si sradicava, non si strappava neanche. Frugai con l’unghia giù in basso, cercai un granellino di terra. No, non si afferrava neanche un granellino di terra: che strano. Eppure era terra, aveva il color della terra, la consistenza della terra. E l’erba piantata lì dentro era erba, aveva il colore dell’erba, la consistenza dell’erba, erba morbida, fresca, annaffiata perfino con un ingegnoso sistema di spruzzi perché restasse verde, crescesse, mio Dio, non stavo mica delirando, sognando, quel prato era un prato, sì, certo, era un prato... Era un prato? Di nuovo ci tuffai dentro il naso, aspirai. Di nuovo agguantai tra il pollice e l’indice un filo, tirai. Di nuovo frugai con l’unghia giù in basso, cercai un granellino di terra e, quasi una coltellata al cervello, il sospetto divenne certezza. Era un prato di plastica. Sì, di plastica. E tutti i prati che avevo visto in quei giorni, i prati lungo i viali, i prati lungo le autostrade, i prati dinanzi alle case, alle chiese, alle scuole, i prati curati dai giardinieri, annaffiati, trattati come prati vivi, prati veri, prati che nascono e muoiono, erano dunque in plastica. Un immenso sudario di plastica, di erba mai nata e mai morta, una beffa.
Come punta da mille vespe mi alzai, rientrai di corsa in albergo, spalancai la porta del mio appartamento e quasi caddi sulla pianta di cactus che adornava il soggiorno. Era un grande cactus: verde, succoso, irto di aculei e con un fiore sul capo. Tastai prima il fiore, lo piegai, lo contorsi: rimase intatto. Infilai un dito fra gli aculei, pigiai la polpa, supplicai una stilla di liquido: mi rispose una cedevolezza di gomma. Gli strinsi con entrambe le mani gli aculei, disperatamente pregando che mi bucassero, che mi dicessero ti sei sbagliata: mi donarono solo un solletico lieve, gli aculei eran di alluminio con le punte arrotondate. E il ficus nel corridoio? Falso anch’esso, s’intende. E la siepe là nel giardino? Falsa anch’essa, s’intende. E forse eran falsi anche gli alberi intorno ai quali non v’erano mai moscerini né uccelli: ogni filo d’erba, ogni ramo, ogni foglia era falso in questa città dove niente nasceva cresceva moriva nel verde. False le margherite, le azalee, i rododendri. False le rose in quel vaso, false... Il vaso stava sulla TV e avvicinandomi non avevo più speranza né dubbio. Sfilai piano una rosa, la alzai all’altezza del viso, la lasciai ricadere, e la rosa fece crac! poi si infranse sul pavimento in mille schegge di minutissimo vetro. Sul pavimento rimase una brinata di freddo, una goccia di luce. Ero giunta a Los Angeles, prima tappa del mio viaggio dentro il futuro e me stessa.
( fonte e fotografie web)
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Foglie
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Aspettando Natale con Fatterellando / 2
Cari lettori,
il Natale è ormai alle porte e con l'arrivo di questa ricorrenza il nostro Fatterellando si tinge di magia assumendo i colori, i suoni e i sapori di questa festività. Pertanto, dato il successo riscontrato l'anno scorso (cliccate qui se volete riscoprire i vecchi post), abbiamo pensato di farvi compagnia, ancora una volta, con la nostra edizione speciale e durante le varie settimane che precederanno l'arrivo del nostro adorato
Babbo Natale vi terremo compagnia con i nostri post a tema.
Cosi, come è accaduto l'anno passato, ogni week end brillerà di ricordi, informazioni e consigli,
sino ad arrivare al 22 dicembre per salutarci e auguraci un Natale favoloso.
Pertanto io è la mia amica Audrey, del blog Borderline, cercheremo di deliziarvi, intrattenervi e divertirvi, con i nostri post avvalendoci come sempre della collaborazione dei nostri due grandi alleati Xavier ,del blog Qeer As Blog conosciuto da tutti come ex Le chat noir, ideatore e creatore dei wall che saranno un po' le copertine firmate dei nostri post e Melinda, ideatrice del blog Meline Sante, la nostra chicca che su ogni post lascerà il suo graffio dato da quell'informazione in più che fa la differenza.
Come l'anno scorso vedrete apparire, in alto a destra, un wall simbolo della nostra iniziativa, cliccandoci su tornerete in questa pagina ove è presente il calendario dei vari appuntamenti che volta per volta verrà aggiornato con i link di riferimento, in questo modo in qualsiasi momento potrete andare a leggere o rilegge il post che vi interessano.
Auguriamo a tutti un felice week end e vi diamo appuntamento a domenica 24 novembre per il primo vero post della serie
CALENDARIO
1° appuntamento 24 novembre "Fino a quando non renderemo il Natale un occasione per condividere i nostri buoni sentimenti, tutta la neve dell'Alaska non basterà ad imbiancarlo!" Big Crosby
-Antonella "Il Natale e le sue tradizioni"
-Audrey "Il Natale e i suoi simboli"
2° appuntamento 01 dicembre "... è bene tornare bambini qualche volta e non vi è miglior tempo che il Natale, allorché il suo onnipotente fondatore era egli stesso un bambino..."
Charles Dickens
-Antonella "La poesia del Natale"
-Audrey "Il Natale nei telefilm di ieri e di oggi"
3° appuntamento 08 dicembre " Il tacchino va bene per Natale, ma il Natale non va bene per il tacchino"
Achille Campanile
-Antonella "Un Trionfo di frutta per Natale"
-Audrey "Le spezie del mondo a tavola"
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4° appuntamento 15 dicembre "Il Natale dovrebbe essere legna che arde nel caminetto, profumo di pino e di vino, buone chiacchiere, bei ricordi e amicizie rinnovate. Ma... se questo manca basterà l'amore"
Jesse O'Neill
5° appuntamento 22 dicembre " La mia idea di Natale che sia classico o moderno, è molto semplice: amare gli altri. Provate a pensarci perchè dobbiamo aspettare Natale per questo?"
Bob Hope
-Antonella "Auguri da Fatterellando"
-Audrey "Auguri da Fatterellando"
-Antonella "Auguri da Fatterellando"
-Audrey "Auguri da Fatterellando"
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La chicca di Melinda ci spiega l'avvento Ambrosiano che inizia domani e continuerà, di pari passo, con i nostro appuntamento settimanale.
Milano e Roma: diverse in tutto, anche nelle tradizioni religiose.
Infatti Milano si distingue per la chiesa ambrosiana, un’antica tradizione creata da Sant’Ambrogio, mentre il resto dei cattolici seguono il rito romano.
Quando papa Gregorio I, alla fine del VI secolo, modificò, riordinò ed estese alla chiesa occidentale la liturgia romana, il rito ambrosiano riuscì a sopravvivere alla soppressione dei riti occidentali minori, insieme al rito mozarabico, grazie alla grande potenza della chiesa milanese. La legittimazione definitiva si ebbe comunque con il Concilio di Trento grazie a papa Pio IV e al cardinale Carlo Borromeo.
Quando papa Gregorio I, alla fine del VI secolo, modificò, riordinò ed estese alla chiesa occidentale la liturgia romana, il rito ambrosiano riuscì a sopravvivere alla soppressione dei riti occidentali minori, insieme al rito mozarabico, grazie alla grande potenza della chiesa milanese. La legittimazione definitiva si ebbe comunque con il Concilio di Trento grazie a papa Pio IV e al cardinale Carlo Borromeo.
L’avvento ambrosiano comincia con la penultima domenica di Novembre e dura sei settimane, durante le quali i fedeli devono compiere opere di carità e purificarsi spiritualmente in attesa del Santo Natale.
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Pinocchio, un'altra lettura
Quest'estate mi è capitata tra le mani la rivista Monsieur
e ho letto questo saggio di Stefano D'Anna
che mi è molto piaciuto e che mi pare interessante riproporvi
prima dell'inizio delle feste natalizie anche come spunto di riflessione
" Pinocchio è il libro più letto al mondo, dopo la Bibbia e il Corano.
La ragione è che dietro la superficie, travestito da favola si nasconde il più
audace testo mistico della letteratura mondiale.
Con l'ironia spietata e sublime di una " black fable ", Pinocchio racconta
la parabola impietosa dell'avventura umana, il viaggio iniziatico dell'uomo, da pupazzo
guidato dai fili invisibili delle sue pulsioni a uomo vero, dotato di volontà.
Se la letteratura universale, da Aristofane a Beckett, conta innumerevoli, grandi prosatori,
forse non ce n'è mai stato una così intelligente, ironico e defilato come Carlo Lorenzini
alias Collodi. Si sa. Siamo una specie suscettibile ed anche violenta (... )
Lorenzini scopre il più terribile dei segreti:
l'umanità è fatta di milioni di marionette, pupazzi biochimici e per di più bugiardi inguaribili.
Il celebre burattino è in realtà la caricatura ferocemente ironica di un'umanità
menzognera, tirannicamente mossa dai fili dell'accidentalità, dalle emozioni negative e
dall'infelicità del suo destino ineluttabile. Volendo rivelare la sua scoperta decide
di camuffarla in favola. E così passa alla storia come un autore per bambini
piuttosto che come un antropologo, un profondo conoscitore della nostra natura
e dell'etologia umana.
Usando questo stratagemma ha potuto rivelarci la cruda verità senza sgradevolezza
e senza rischiare che la sua opera fosse messa al rogo, facendoci persino sorridere
delle disavventure di Pinocchio, lontani mille leghe dal riconoscere in lui l'immagine
speculare del burattino biochimico cui si è ridotto l'uomo.
Chissà se Collodi, ovunque sia, soffra o rida di milioni di lettori, d'innumerevoli
generazioni di bambini che a tutte le latitudine si sono addormentati, cullati dalle parole
e dalle immagini incantate di questa fiaba, e dei loro genitori che l'hanno raccontata
senza neppure sospettare della sua vera natura di parabola cupa ed impietosa della natura umana.
Eppure la realtà alla fine è sotto gli occhi di tutti.
Certo è che per un secolo abbiamo interpretato in modo capovolto quella favola perchè
siamo restii a riconoscerci nell'immagine grottesca del personaggio di Collodi,
ci ripugna identificarci con quel legno parlante guidato da forze esterne,apparentemente vivo,
ma in realtà mosso da terribili fili invisibili, più forti di un cavo d'acciaio..
Nello specchio scorgiamo l'immagine di Pinocchio, la sua imbarazzante, delatrice, appendice
ma, proprio come nel mito di Narciso, ci rifiutiamo di riconoscerci in quell'allucinato riflesso,
nella legnosità di quell'essere.
In questo rifiuto c'è compresa tutta la tragedia della nostra specie che,
non conoscendo la sua vera natura, non può guarirsi e che più coerentemente
dovrebbe chiamarsi homo mendax più che sapiens.
Nella cronica slealtà di Pinocchio, nella sua inguaribile mendacia, Lorenzini ha scoperto
e ci ha rivelato con la sua geniale trovata, con il sublime stratagemma del naso allungabile,
il peccato originale della nostra specie, le sue stimmate psicologiche.
Là dove sono le vere radici di ogni nostra sventura.
Il racconto delle avventure di Pinocchio fa parte dell'arte dei misteri, l'arte di rivelare
nascondendo. Il segreto, che da oltre un secolo è sotto il naso di milioni di lettori di tutto
il mondo è tremendo.
Di tutte le fiabe mai scritte, Pinocchio (... ) appartiene di diritto al genere delle " black fable "
alla Orwell e la sua spietatezza è eguagliata soltanto da " La fattoria degli animali ".
Essa ci mette di fronte all'orrore di una subumanità burattinesca che non siamo pronti ad accettare.
Il motivo è che se Pinocchio è un burattino, noi possiamo continuare a ritenerci uomini.
Ma se Pinocchio è un uomo allora dobbiamo riconoscerci come essere ancora ai
primordi della coscienza, larve chiuse in un bozzolo in attesa di perforarlo per evolverci.
Per questo ci ostiniamo a credere, e a far credere ai nostri bambini, che Pinocchio
sia una marionetta. Questo modo di leggerne e di raccontarne la storia è un inganno fatto
a noi stessi nel tentativo di eludere il passaggio ad una vera umanità e di scansare
il faticoso lavoro necessario per diventare una specie proattiva, responsabile.
Il Vangelo secondo Collodi. L'idea iniziale, il sospetto che questo racconto nasconda una parabola
del destino dell'uomo, un Vangelo, una bibbia senza tempo, si rafforza e guadagna terreno
man mano che proseguiamo nella lettura.
Il primo personaggio che balza in scena è un falegname, Mastro Ciliegia. E la figura genitoriale
si chiama Geppetto, nome socievole di Giuseppe. Geppetto non è un falegname ma ha strumenti
e intaglia il legno. E' molto più di una coincidenza. Procedendo scopriamo una carica inesauribile di simboli,
enigmi e allegorie di una storia senza tempo, sotto la corteccia rugosa e dura del burattino più
celebre del mondo, nasconde l'uomo alla ricerca di se stesso.
Che prestigiatore e illusionista è questo Lorenzini - Collodi che nasconde la verità
sotto il naso di tutti!
Per di più Geppetto ha in testa una parrucca gialla che somiglia, è vero, a una polenta
povera e calda, ma anche al giallo d'oro di un'aureola..
Ma allora. come abbiamo fatto a non capirlo...Pinocchio è...
Il progetto magico della nostra redenzione / evoluzione è racchiuso in quella fiaba
come un vangelo di trasformazione da burattino a uomo vero padrone del suo destino.
Un enigma da risolvere. Sul racconto di Pinocchio aleggia un enigma che vorremmo risolvere.
Come mai a uno scrittore come Carlo Lorenzini che in tutta la sua carriera
non si mai levato al di sopra dell'ordinarietà, ad un tratto sfugge dalla penna una storia
immortale, un opera oggettiva, un capolavoro mondiale che ha la profondità
insondabile di una parabola evangelica?
E' mai possibile che una favola concepita di getto, senza un piano preciso,
da un uomo probabilmente segnato da delusioni personali e politiche,
scritta in toscano, possa diventare eco di un messaggio universale?
E perchè, a differenza di tutte le altre sue opere, non la firma con il suo vero nome
e sceglie il paese della madre, Collodi, per farne il suo nom de plume?
Le due domande possono ridursi a una, nel senso che c'è una spiegazione, o meglio
un'ipotesi, che risponde ad entrambe: che quel testo sia ispirato, sia cioè
l'effetto di una folgorazione.
L'avventura di Pinocchio, il romanzo per l'infanzia più letto nel mondo, cela il più
grande e audace testo mistico mai scritto prima.
In realtà il legno in cui è intagliato Pinocchio è l'umanità stessa e quello che
vediamo nel burattino sono i trucioli della nostra anima sperduta.
Questo spiega la sensazione che in Pinocchio il testo sia reale e l'autore
un'ipotesi superflua, come nell'Antico Testamento, come nei Vangeli.
Ci sono Libri Sacri, non autori sacri.
Carlo Lorenzini non si è sentito di firmare una storia universale, scritta nei cieli e che egli
si era limitato a trascrivere. (... )
La menzogna è uno stato d'essere costante a cui l'uomo viene "educato "per tutta la vita.
Mentiamo a tutti quelli che ci circondano, per il nostro tornaconto personale.
Ma quel che è peggio è che mentiamo a noi stessi.
Con l'invenzione del naso di Pinocchio, Collodi ci mette davanti all'imbarazzante
scoperta della nostra caratteristica psicologica dominante e più inquietante:
l'inclinazione a mentire a noi stessi prima che agli altri.
Qui sta il punto. Possiamo farla franca con gli altri ma non riusciremo a uscire
indenni dal faccia a faccia con la nostra coscienza,
a zittire con un colpo di martello il Grillo Parlante (... )
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Sardegna, fate girare questo post
Pubblicato da:
Mauro Meloni
con l'invito a far girare questo post
con l'invito a far girare questo post
Il Meteo Giornale e tantissimi delle sue decine di migliaia di lettori sono vicini alla terra di Sardegna, ferita ancora una volta da nubifragi alluvionali. Condividi questo post.
Parte della redazione del Meteo Giornale è della Sardegna, ed ha vissuto i giorni precedenti l'evento meteo dove si è temuto avvenisse il peggio, e soprattutto l'evolversi delle celle temporalesche che lunedì 18 hanno interessato con persistenza oltre la metà della regione.
Questo non è il momento di fare polemiche, bensì è il momento della solidarietà e di vicinanza ai morti ed ai loro familiari, a chi ha la casa allagata, agli sfollati, a coloro che hanno le attività economiche compromesse dall'alluvione.
Siamo vicini alle forze dell'ordine, alle autorità della Sardegna che lavorano senza sosta per pianificare gli interventi.
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Un colto mecenate ricordato da tutti solo per i sandwich
I maligni sostengono che John Montagu, Conte di Sandwich,
non volendosi staccare dal tavolo da gioco,
si facesse preparare alcuni panini che, abitualmente, consumava
tra una giocata e l'altra. I benpensanti invece, sostengono che il Conte,
sì, si facesse portare i panini, ma soltanto per non lasciare il lavoro
incombente, pochè all'epoca ( siamo nel 1763 ) era
Primo Lord dell'Ammiragliato.
Vera la prima o la seconda versione, è certo comunque che
John Montagu si porti con sè il suo panino che prese il suo nome.
Eppure.
Il primo Conte di Sandwich, Edward,ammiraglio, morì in
battaglia nel 1672 durante il conflitto anglo - olandese, il nonno di John
( John anche lui ) si distinse nella lotta alla pirateria scandinava, mentre
il padre Edward fu soprattutto esploratore e navigatore.
Quando nacque a Londra ( il 3 novembre 1718 ), il destino
di John IV era già segnato, ma lui ne fu subito soddisfattissimo.
Scuole a Eton e Cambridge, viaggi per esperienze, nel 1739 si insediò
presso la Camera dei Lord al seguito del Duca di Bedford e nel 1746
era già Colonnello.
Nel frattempo ( 1743 ) si era infelicemente sposato senza rendersi conto
dell'instabilità mentale della moglie, resa ancora più tragica dalla sua relazione
con la cantante lirica Matha Ray dalla quale ebbe scandalosamente 5 figli
prima di sposarla nel 1773 e prima che, povera donna, fosse uccisa
da un ammiratore esagerato nel 1779
Attraverso Martha, John fu mecenate del violinista italiano
Felice Giardini, collaboratore principale di Johann Christian Bach,
ultimo figlio di Sebastian, durante il prolungato soggiorno di entrambi a Londra.
Il giovane Bach, che aveva sposato la cantante italiana Cecilia Grassi,
grande amica di Martha, grazie all'interessamento di John venne nominato
direttore del King's Theatre e fu il primo ad organizzare concerti stabili con
interessanti forme di abbonamento che garantivano in anticipo l'entità degli incassi
durante le stagioni concertistiche
John provvide inoltre a reperire i fondi necessari per organizzare
la terza spedizione dell'esploratore James Cook, ufficiale della
Marina Inglese, durante la quale nel 1778 scoprì le Isole Hawaii
chiamandole " Sandwick " proprio in onore di John.
Infine si rese promotore della prima spedizione al Polo Nord
tramite la Royal Society sostenuta da Re Giorgio III che non raggiunse
l'obiettivo ma aprì comunque la strada alle successive avventure polari
Morì a Londra il 3 aprile 1792.
Dunque, come si può notare, un uomo eclettico, amante della musica,
politicamente impegnato e sostanzialmente corretto, dedito all'avventura
e di buon intelletto che però resterà noto solo come giocatore incallito e,
soprattutto, come inventore di panini.
Quando si dice il destino.
( Sergio De Benedetti, Libero del 1 agosto 2012 )
( fotografie dal web )
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I Libri di Sandor Marai / Terra, Terra!
Nel 1969, dopo vent'anni d'esilio ( e trentacinque dalle pubblicazione
delle " Confessioni di un Borghese " , il primo suo volume di memorie )
Marai decide di sfogliare quell'album di immagini morte che si porta dentro e di
raccontare gli anni atroci del dopoguerra.
In un montaggio implacabile e sontuoso ci fa sfilare quelle immagini davanti agli occhi:
dall'apparizione fantasmagorica dei russi sulla sponda del Danubio alle rovine di
Budapest, dove Marai va a cercare quel che è rimasto della " vecchia vita " e
trova la sua casa ridotta a un cumulo di macerie.
E poi il faticoso ritorno a una parvenza di normalità in una città dove tutti odiano tutti.
E ancora il tentativo, nell'aprile del '46, di ritrovare quell'Europa tanto amata
ed idealizzata, che ora gli appare "sterile, dal vago odore di cadavere, come immersa
nella formalina ". Sara, una volta ancora, il desiderio di scrivere il desiderio di
scrivere nella lingua materna a fargli decidere di tornare in un Paese mutilato,
dissanguato, atterrito sul quale il feroce processo di sovietizzazione stende una ragnatela
che si fa " ogni giorno più fitta ed appiccicosa ".
Infine, dopo un anno e mezzo, nel settembre del 1948, quando gli è ormai stata tolta
la libertà di scrivere ( " il papa letterario dei comunisti, uno studioso di estetica di nome
Gyorgy Lukacs " ),annota Marai nel diario " mi decapita nella rivista del suo partito" )
e, soprattutto,la libertà di tacere, la decisione di andare via, o meglio di andare "verso qualcosa ".
A spingerlo è la " nostalgia della Terra ": il desiderio di " vedere quello che dalla coffa
dell'albero maestro della Caravella di Colombo aveva visto il mozzo quando, all'alba, con
voce rotta dall'emozione aveva gridato " Terra, terra!...".
Fra i molti che hanno raccontato quegli anni in Europa, Marai spicca per
la potenza della parola, per la perfetta lucidità della mente e per la sua capacità
di mostrarci la guerra e ciò che ad essa è seguito come varianti di un identico orrore.
( Dal risvolto di copertina )
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Per conoscerlo un po'
" Mi arrampicai sul cumulo di macerie fatto di spezzoni di scala, schegge di mobili e in cima
alla collina di rovine che era stata la mia casa vidi il mio cilindro e un candelabro di
porcellana francese. Tra i detriti si intravvedeva qualche fotografia, tra cui quella raffigurante
Tolstoj in compagnia di Gor'kij nel giardino di Jasnaja Poljana che avevo appeso sopra
la scrivania. Mi misi in tasca la foto e mi guardai attorno per vedere cosa avrei potuto portare
via come ricordo. Superando una barricata penetrai in una stanza dove avevo tenuto i miei libri
ben allineati sugli scaffali. Avrei voluto trovare il Marco Aurelio con testo a fronte,
le 2 Conversazioni£ di Eckermann e la vecchia edizione ungherese della Bibbia.
Ma era difficile orientarsi. Lo spostamento d'aria aveva come macerato la carta,
riducendo la maggior parte delle pagine a una poltiglia. Eppure sul cumulo di rovine, intatto,
vicino al mio cilindro, un libro era rimasto. Andai a prenderlo e lessi il titolo:
" Guida alla cura del cane borghese ". Misi in tasca anche quel volume e scesi dal mucchio di
detriti verso il piano terra. In quel momento - mi sarebbe tornato in mente spesso
in futuro - provai uno strano senso di sollievo "
↧
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Grazie Roberta, grazie Xavier
Con questo piccolo post voglio ringraziare Roberta e HayLyn
autrici del blog HayLyn bau bau
che hanno assegnato a me e ai miei pelosi
Cassandra e Platone
il premi Conòceme che riceviamo con grande piacere.
Nel suo post Roberta scrive che le piacerebbe conoscermi
e soprattutto le piacerebbe incontrarmi nel
Bosco del Sorriso
e io colgo l'occasione per rinnovarle l'invito a venire in gita
in questa zona , sarò ben felice di farle da guida.
Io assegno questo premio ad Audrey autrice del blog
Borderline
per il grande impegno che mette nel realizzare ogni suo post
e anche perchè in questo periodo ha bisogno di " coccole ".
Platone e Cassandra ringraziano HayLyn e le mandano la loro fotografia.
E poi voglio ringraziare tantissimo il mio amico Xavier
sulla mia favola preferita:
La Sirenetta
Ti ringrazio tanto Xavier, è stato un pensiero delicato e
molto tenero che mi ha commossa,
io mi permetto di dedicarti questa fotografia:
e magari tu sai anche dirmi dove mi trovavo...
Un grande abbraccio a tutti e due e una coccola ad HayLyn
e ancora grazie!
↧
Tutti insieme per i Marò
"Far sentire ai fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone la vicinanza di tutti gli italiani,
in quello che probabilmente è uno dei momenti più difficili della loro vita".
E' l'obiettivo dichiarato della marcia di solidarietà con i due militari italiani,
trattenuti in India da 22 mesi, perchè accusati di aver ucciso due pescatori durante un servizio di antipirateria, che si svolgerà sabato 23 novembre per le strade di Roma.
Oggi (21-11) la manifestazione è stata presentata alla stampa
dai familiari dei due marò pugliesi a Taranto (città natale di Latorre mentre Girone è di Bari).
La marcia vuole richiamare e mantenere sempre alta l'attenzione sulla vicenda
dei due fucilieri della Brigata San Marco.
L'incidente avvenne il 15 febbraio 2012 al largo della costa indiana.
in quello che probabilmente è uno dei momenti più difficili della loro vita".
E' l'obiettivo dichiarato della marcia di solidarietà con i due militari italiani,
trattenuti in India da 22 mesi, perchè accusati di aver ucciso due pescatori durante un servizio di antipirateria, che si svolgerà sabato 23 novembre per le strade di Roma.
Oggi (21-11) la manifestazione è stata presentata alla stampa
dai familiari dei due marò pugliesi a Taranto (città natale di Latorre mentre Girone è di Bari).
La marcia vuole richiamare e mantenere sempre alta l'attenzione sulla vicenda
dei due fucilieri della Brigata San Marco.
L'incidente avvenne il 15 febbraio 2012 al largo della costa indiana.
"Non è chiaramente una marcia su Roma - hanno precisato - ma una marcia per le vie di Roma".
Una marcia "assolutamente pacifica e - hanno sottolineato i familiari - a-politica e a-partitica".
Non a caso le famiglie di Latorre e Girone hanno deciso di intitolare la marcia
'Tutti insieme per i marò
e non a caso si è scelta come sede Roma. "Non ci interessano bandiere,
ad eccezione chiaramente del tricolore, stemmi di qualsivoglia connotazione o orientamento politico",
hanno proseguito.
Una marcia "assolutamente pacifica e - hanno sottolineato i familiari - a-politica e a-partitica".
Non a caso le famiglie di Latorre e Girone hanno deciso di intitolare la marcia
'Tutti insieme per i marò
e non a caso si è scelta come sede Roma. "Non ci interessano bandiere,
ad eccezione chiaramente del tricolore, stemmi di qualsivoglia connotazione o orientamento politico",
hanno proseguito.
"Il tema è troppo delicato perche' si possa lasciare spazio ad eventuali speculazioni di sorta.
Questa è la marcia per i marò ".
L'obiettivo della marcia, solo una delle iniziative in cantiere ad opera dei familiari dei due marò, "
è esclusivamente quello di richiamare l'attenzione e sensibilizzare tutti i cittadini
e chiaramente tutte le istituzioni affinchè si faccia chiarezza sugli sviluppi della vicenda
consentendo finalmente un definitivo rientro in patria dei nostri marò ".
Questa è la marcia per i marò ".
L'obiettivo della marcia, solo una delle iniziative in cantiere ad opera dei familiari dei due marò, "
è esclusivamente quello di richiamare l'attenzione e sensibilizzare tutti i cittadini
e chiaramente tutte le istituzioni affinchè si faccia chiarezza sugli sviluppi della vicenda
consentendo finalmente un definitivo rientro in patria dei nostri marò ".
( Libero Quotidiano )
Esprimo tutta la mia solidarietà ai nostri marò
trattenuti illegalmente in India da quasi due anni e
alle loro famiglie...
Non dimentichiamoli!
Esprimo tutta la mia solidarietà ai nostri marò
trattenuti illegalmente in India da quasi due anni e
alle loro famiglie...
Non dimentichiamoli!
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Aspettando Natale 2 / Il Natale e le sue tradizioni

" Fino a quando non renderemo il natale un occasione
per condividere i nostri buoni sentimenti
tutta la neve dell'Alaska
non servirà ad imbiancarlo "
E' con emozione che per il secondo anno
vi offriamo come dono per le Feste il nostro
Fatterellando Natale
e ci apprestiamo a ricominciare lì, dove ci eravamo interrotte
lo scorso anno.
Audrey, nel suo blog, vi parlerà dei simboli del Natale
ed io vi accompagnerò in giro per l'Italia
a caccia di tradizioni
PIEMONTE
Il Natale in Piemonte viene spesso celebrato attraverso sacre rappresentazioni,
presepi scultorei ( per conoscere tradizioni e simbologia del Presepio leggi qui ),
che per l'occasione vengono esposti al pubblico e presepi viventi.
I Pastour, i Pastori, è la messa in scena dell'adorazione popolare del Bambino Gesù,
diffusa in tutto il Piemonte.
Personaggio tipico è "Gelindo", che nella notte di Natale guida i pastori
verso la chiesa dove i figuranti porgeranno le loro offerte al Salvatore.
Recitata in dialetto alessandrino, tratta della storia di poveri pastori alessandrini che vanno
ad adorare Gesù Bambino: una rappresentazione che mescola il sacro e il profano,
con frequenti riferimenti satirici alla realtà contemporanea,
scherzi e battute dei protagonisti.
Tradizionale del Piemonte è anche il vischio, che cresce spontaneo in molte aree
ed è simbolo di buon augurio sotto le feste natalizie.
( Per la leggenda del vischio leggete qui )
VALLE D'AOSTA
Il Natale valdostano è all'insegna della tradizione,
che trascorre tra eventi religiosi e animazioni, concerti e manifestazioni dell'artigianato.
Ai piedi del Monte Bianco i simboli della festa si rifanno alla cultura e
ai valori tipici della gente di montagna: ospitalità, amicizia, semplicità e gusto della tradizione, permettendo ai visitatori di trascorrere in un clima sereno il periodo natalizio.
In ogni via si trovano artigiani e artisti che presentano le loro creazioni,
tra cui sculture, opere di intaglio, pittura su ceramica, patchwork, addobbi natalizi,
composizioni di fiori secchi e candele.
La musica sacra, popolare o tipicamente natalizia risuona in numerose località.
In tutte le parrocchie della regione il Natale è celebrato con la Messa di mezzanotte.
La consuetudine vuole che al termine della funzione vengano distribuiti dolci, panettone,
cioccolata calda e vin brulé.
Tipica è poi, in numerose località, l'usanza di allestire un presepe vivente,
spesso animato dai bambini, mentre gli adulti rappresenteranno le attività del passato
per le vie dei borghi, offrendo bevande e spuntini ai visitatori.
Chi vorrà potrà provare l' ebbrezza di passeggiare a cavallo o in carrozza
nel cuore dei borghi valdostani e i bambini potranno incontrare
Babbo Natale sulle piste da sci.
LOMBARDIA
In Lombardia, soprattutto a Milano, il Natale è sinonimo di Panettone.
Pare che esso prenda il nome da un certo Toni, garzone di fornaio,
che decise di arricchire il semplice pane di tutti i giorni con ingredienti costosi e pregiati:
burro, uova, zucchero, uvette e frutta candita, forse per far piacere ad una bella golosa.
Non bisogna dimenticarsi però anche la tradizione, più recente, dei mercatini e delle bancarelle che animano le vie delle città lombarde per tutto il mese di Dicembre.
Da segnalare soprattutto il tradizionale Mercatino di Natale di Livigno che,
che oltre agli oggetti di artigianato, decorazioni e addobbi per l'albero di Natale,
propone stands gastronomici che servono leccornie come castagne, noci, mele,
il tipico panpepato, dolci fritti e lo squisito vin brulé.
L'atmosfera è resa ancora più suggestiva dalle canzoni natalizie.
Per tutto il periodo dell'avvento in tutte le case di Livigno saranno accese delle candele,
come vuole l'antica tradizione alpina.
LIGURIA
La Liguria è una delle regioni che mantiene viva la tradizione del ceppo di Natale.
Anticamente a Genova, il ceppo natalizio veniva offerto al Doge dalle genti della montagna
in una pittoresca cerimonia pubblica chiamata col bellissimo nome di confuoco;
il Doge poi, ricevuto il dono, versava sul tronco del vino e dei confetti tra la gioia dei presenti.
Oggi la tradizione è portata avanti nelle singole case
ma presepi, mercatini e fuochi d'artificio ricreano parzialmente il rito della cerimonia pubblica.
Oltre a spettacoli, messe di mezzanotte e brindisi in piazza,
non possono mancare i consueti concerti natalizi: dal 20 al 24 la musica si fa per strada,
con tanto di Babbo Natale che distribuisce doni.
Una tradizione sicuramente più recente è quella dei mercatini di Natale,
che si affiancano alle più tradizionali fiere nostrane e rappresentano
un appuntamento con prodotti artigianali, gastronomia, spettacoli.
Una vera e propria peculiarità del levante resta invece quella del Natale subacqueo,
che accomuna La Spezia, Porto Venere, Lerici e Tellaro
con processioni in acqua, spettacoli pirotecnici e giochi di luce,
nonché la nascita del Bambino adagiato in una conchiglia.
A seguire, spuntino ristoratore a base di latte e castagne.
VENETO
Il Veneto, come altre località limitrofe,
per il periodo Natalizio si arricchisce di bancarelle e mercatini.
Intorno alla ricorrenza di Santa Lucia, che risale addirittura al Medioevo,
vi sono varie manifestazioni che culminano con i tradizionali banchéti de Santa Lussia,
in piazza Bra a Verona.
Lo scenario è reso ancora più suggestivo dalla bianca stella cometa d’acciaio che esce dall’Arena,
ormai acquisita come simbolo del Natale a Verona.
Alcuni giorni prima e dopo questa festa, si può passeggiare tra i banchetti di questo mercatino e assistere a spettacoli improvvisati di venditori,
assaggiare mille golosità provenienti da diverse regioni d’Italia,
o acquistare piccoli giocattoli.
A Venezia invece tornano i mercatini di Natale in Laguna,
che con i numerosi eventi che faranno da sfondo a tutta la manifestazione,
diventeranno un vero e proprio luogo d’incontro e di recupero della tradizione.
Per i buongustai ovviamente non mancherà il “Campiello dei golosi”:
uno stand con prelibatezze gastronomiche da tutta Italia.
Anche Cortina D'Ampezzo si addobba per le feste:
nei numerosi mercatini troverete in vendita presepi di legno, composizioni di fiori secchi,
addobbi per l'albero e per la casa, candele fatte a mano, arredi e tessuti natalizi
e molte altre cose originali.
Immancabile l’angolo di ritrovo con vin brulé e biscotti caldi.
FRIULI VENEZIA GIULIA
Il Friuli Venezia Giulia vanta antichissime tradizioni natalizie
che si manifestano nelle rappresentazioni sacre dei presepi e in quelle,
più profane ma non meno magiche, dei mercatini d’Avvento.
Da dicembre a gennaio, dal mare alla montagna, il folclore e le antiche leggende di origine mitteleuropea rivivono nelle piazze e negli angoli più suggestivi di tutta la Regione,
in un tripudio di tradizioni, vin brulé e mele caramellate.
Tra i mercatini delle città del Friuli Venezia Giulia: il più antico e sentito è la Fiera di San Nicolò,
il vecchio santo con la lunga barba bianca che porta i doni ai bambini buoni la notte del 6 dicembre. Sulle bancarelle, dolci, giocattoli, oggetti di artigianato e idee regalo per tutto il mese di dicembre.
TRENTINO
In Trentino la festa più attesa dell’anno, il Natale, ha il sapore della tradizione
e della cultura mitteleuropea alpina.
I centri storici si animano con le luci, i colori, i profumi e le melodie dei mercatini di Natale
e delle loro caratteristiche bancarelle.
In omaggio alla tradizione alpina, i banchetti degli espositori si sono trasformati
in casette di legno traboccanti di doni, dolci e spezie della tradizione.
In queste zone è usanza per i bambini possedere un calendario speciale per il mese di dicembre;
ogni giorno i bambini al mattino aprono una delle finestrelle del calendario,
se ne trovano trovano nelle forme più svariate.
Nella forma più tradizionale dietro ad ogni finestrella si trovava un disegno
o un'immagine legata all'Avvento fino ad arrivare alla Natività.
Oggi i calendari possono addirittura nascondere dietro alle finestrelle dolci, cioccolatini o caramelle.
Come in Germania, anche in Trentino, il 6 dicembre Sankt Nikolaus visita le città,
i paesi e le case per portare dolci e doni ai bambini buoni.
Un tempo, in Alto Adige, la notte della Vigilia di Natale
ci si recava a messa la sera tardi per festeggiare la Natività.
Ancora oggi questo rito si ripete in tutte le parrocchie con funzioni religiose molto intense,
chiamata "Christmette".
In molte località alla fine delle messe ha luogo un concerto di strumenti a fiato particolare,
poiché i suonatori si recano sui campanili delle chiese e da lì i suoni delle melodie natalizie si diffondono nella notte.
EMILIA ROMAGNA
In Emilia Romagna il Natale è per tradizione l’albero decorato e il presepe,
con i Re Magi che partono da lontano e seguendo la stella cometa
di giorno in giorno si avvicinano alla grotta col Gesù Bambino, con il loro carico di doni.
Arriveranno per l’Epifania, il 6 gennaio quando anche i bambini, in ricordo di quell’antico omaggio, riceveranno dolci e regalini.
Da città a città cambiano i nomi e gli eventi di contorno ma la sostanza e le date sono le stesse:
a Bologna troviamo la Fiera di Natale e la Fiera di Santa Lucia,
a Ravenna e Rimini i Mercatini di Natale, a Piacenza i mercatini Farnesiani,
a Ferrara il Mercato di Natale, a Forlì e a Cesena la Fiera di Natale,
e poi ancora tanti e tanti altri mercatini di Natale in tutta la regione.
In ogni città la piazza principale e le vie del paese si animano di saltimbanchi e giocolieri
con un variopinto mercato di prodotti tipici tra cui spicca il torrone artigianale .
Sono tanti i presepi, artistici, viventi, meccanici che decorano le chiese o le piazze.
MARCHE
Già alla fine di novembre le piazze e i vicoli dei centri storici marchigiani iniziano ad animarsi
e ad abbellirsi in vista del Natale e, anche se il freddo si fa più pungente,
le luci e le musiche invitano ad uscire.
E' tempo dei mercatini di Natale, una tradizione europea che rivive anche tra i borghi marchigiani,
di concerti in chiese e teatri, di presepi viventi, di fiere e di spettacoli itineranti.
Le Marche sono la regione ideale per andare alla scoperta di tradizioni e sapori perduti,
questa regione non è stata del tutto contaminata dai ritmi frenetici che sono propri delle realtà metropolitane.
TOSCANA
Tra le varie manifestazioni natalizie toscane,
quella di Lucignano vanta una notevole tradizione nel campo del folclore,
legata in qualche modo alla sua condizione di borgo agricolo.
Il suo centro storico, ospita a dicembre una antica manifestazione
legata all'acquisto dei regali di Natale: la Fiera del Ceppo,
conosciuta anticamente anche come Fiera del Cappone,
si svolge ogni anno il sabato e la domenica antecedenti il Natale.
La Fiera del Ceppo conserva ancora oggi l'aspetto di un momento di riconoscimento collettivo.
I suoni, i colori, la moltitudine di persone che assiepano, almeno per due giorni,
le vie del paese sono degna cornice di uno spettacolo vivo e concreto.
A Siena, mentre nella chiesa di Santa Lucia si svolgono le funzioni religiose,
la benedizione degli occhi e l'offerta dei panini benedetti,
nel centro storico si svolge una fiera che è particolarmente amata dai bambini.
Oltre alle ceramiche e alle terrecotte dell'artigianato senese, vi si trovano infatti giochi,
dolciumi e le caratteristiche e coloratissime campanine di Santa Lucia.
La sera della Vigilia di Natale invece, ad Abbadia San Salvatore,
il calore del fuoco delle fiaccole e i canti delle pastorelle fanno ritornare alla memoria
ricordi antichi e si può vivere la magica atmosfera della Vigilia in un borgo medievale
illuminato a giorno.
L'origine delle "fiaccole" si fa risalire al tempo in cui gli abitanti dei villaggi
sparsi intorno all'Abbazia del S.S.Salvatore, venuti in città,
accendevano questi fuochi per riscaldarsi nella veglia di Natale,
in attesa della Messa di mezzanotte.
LAZIO
Il Natale nel Lazio è un susseguirsi di eventi straordinari,
appuntamenti culturali che spaziano dalla musica sacra ai concerti nelle piazze,
al teatro, agli appuntamenti per i più piccoli.
Già a partire dalla settimana di Natale e per tutte le festività natalizie,
a Roma sarà possibile visitare i vari mercatini natalizi nelle piazze, con le proposte dei cibi tipici destinati al veglione di Capodanno e i fuochi d'artificio .
Non mancheranno anche gli appuntamenti culturali, mostre e musei,
resteranno aperti in orari straordinari durante le feste.
Viterbo è sicuramente uno dei luoghi ideali del Lazio per vivere il Natale:
nel borgo medievale tra le suggestive piazze
(piazza S: Lorenzo è una della più belli di tutta Italia),
sono numerose bancarelle che espongono giocattoli, idee regalo, abbigliamento,
cappelli e guanti, libri, dolci di ogni tipo, prodotti tipici e il vin brulé.
In ogni caso la tradizione più attesa in questa regione è sicuramente quella della Befana è:
è lei che durante gli ultimi due secoli ha portato giochi e dolci ai bambini buoni
e carbone a quelli cattivi.
ABRUZZO
L’Abruzzo è una delle regioni che mantiene la tradizione del ceppo natalizio da ardere.
A Palena, è ancora usanza ardere tredici piccoli legni, in memoria di Cristo e degli apostoli.
Non solo, in Abruzzo si possono trovare tante altre manifestazioni folcloristiche nel periodo natalizio, come per esempio quella della TOMBA DI NATALE,
un grande falò nella piazza delle chiese, che ha luogo la notte del 24 dicembre.
Famosissima è anche la FIACCOLATA DI FINE ANNO, la notte di San Silvestro,
lungo la discesa della pista direttissima di Pescasseroli, curata per tradizione dai maestri di sci.
Sempre a Pescasseroli sono da vedere il Presepe in cartapesta a grandezza naturale e
il presepe permanente nel centro storico del paese,
con i personaggi realizzati da artigiani locali.
MOLISE
Il Molise è terra di zampogne e di zampognari.
È un importante simbolo etnico, un emblema presente in vari aspetti della storia e della cultura.
Per novena, in senso lato, si intende un rituale religioso che dura nove giorni,
ma Novena è anche il nome che si dà al brano musicale, tipico del periodo natalizio,
eseguito dagli zampognari (il brano è detto anche Pastorale o Pastorella).
L'8 e il 24 Dicembre di ogni anno, all'imbrunire, Agnone (Isernia) diventa teatro
di uno spettacolo unico ed irripetibile: ripercorrendo le tappe di un passato semi-ancestrale
gli "attori", indossando i tipici costumi agresti del secolo scorso,
sfilano per le vie cittadine portando fasci di fuoco, creando composizioni e danze suggestive.
Lo spettatore si trova, così, catapultato indietro nel tempo quando, alla vigilia di Natale,
gli abitanti del circondario si recavano in paese alla messa di mezzanotte,
illuminando, con il fuoco il buio degli impervi sentieri di montagna.
UMBRIA
Sarà perchè in Umbria nacque San Francesco
(che ricordiamo è l'inventore del Presepe nella forma che noi tutti conosciamo),
sarà perchè qui da sempre si vive una spiritualità diffusa, sarà per l'aria che si respira...
Ad ogni modo è difficile trovare un’altra regione in cui sia tanto sentita la tradizione del Natale.
Ecco quindi che nel mese di Dicembre si assiste, nelle città umbre,
a tutto un fiorire di alberi di Natale, presepi ad altezza naturale, presepi viventi,
tutte opere realizzate grazie al contribuito volontario di tante persone.
In occasione del Natale, tutte le chiese dell'Umbria celebrano solenni liturgie,
mentre quasi tutti i luoghi di culto sono allietati da concerti di musica sacra e cori natalizi.
In contemporanea, si possono ammirare presepi artistici di grande pregio
e presepi viventi in molti centri.
Particolarmente suggestivi e spettacolari sono l'Albero di Natale
allestito a Gubbio (il più grande del mondo)
e la stella cometa di Miranda, a Terni.
PUGLIA
Il Natale è il periodo dell’anno in cui si concentrano le maggiori festività:
è quindi in questi giorni che in Puglia la gente si prepara a vivere
le tradizioni che sono state tramandate e fra queste,
occupano un posto di rilievo quelle culinarie.
Esiste nella memoria di ognuno un “calendario della cucina”, uno scadenzario, quasi un’agenda,
sulla quale sono idealmente segnati piatti tipici a seconda della ricorrenza.
Si tratta di pietanze che, nella tradizione gastronomica delle comunità civiche di appartenenza, costituiscono il “distinguo”, l’identità, il codice genetico.
Così, pensando al Natale vengono immediatamente in mente "lu fucazieddu",
"li carteddate" e le "sannacchiutele".
La tradizione natalizia pugliese è però legata anche ai presepi.
La diffusione a livello popolare del presepe si realizza pienamente nel '800,
quando ogni famiglia in occasione del Natale costruiva un presepe in casa riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o terracotta,
carta pesta e altro forniti da un fiorente artigianato.
CAMPANIA
A Napoli e in tutta la Campania non mancano certo i presepi,
le zampogne e i mercatini natalizi,
tradizioni arrivate da nord che però arricchiscono e rendono ancora più magiche
le feste di Natale campane.
Le preparazioni natalizie locali sono molto legate alla rinomata tradizione pasticciera:
roccoco', susamielli, divino amore, zeppole e struffoli;
tutto questo ci riconduce al periodo dell'avvento, a lunghe serate in casa, al gioco della tombola.
Il profumo delle zeppole fritte, durante la fase della preparazione, impregna tutto
le finestre chiuse e il vapore acqueo che si forma sui vetri.
Nelle famiglie le nonne hanno sempre sostenuto che
quando si preparano gli struffoli non bisogna né farsi vedere, né far sentire l'odore
alla gente invidiosa: finirebbero con lo scoppiare!
BASILICATA
il Natale dei lucani oggi come un tempo è fatto di tradizioni, profumi,
colori, festa, regali e tanta buona cucina.
Festa religiosa che, per eccellenza, riesce a mantenere vivi riti e usanze
che si trasmettono di padre in figlio.
Anno dopo anno i gesti sono sempre gli stessi: la messa, gli auguri,
aria dickensiana nelle strade...
La tradizione trova il suo punto di forza nella cucina.
In questa giornata si riscopre il piacere di una tavola imbandita e di riassaporare i gusti di una volta,
quelli appartenenti alla propria tradizione culinaria.
Non mancano però commemorazioni più emozionanti come per esempio a Matera,
dove la natura stessa offre il suo contributo al Natale: la scenografia non delude neppure i più esigenti ,
i Sassi vengono illuminati nella loro parte più suggestiva:
la rupe dell'Idris e le case sottostanti
da una gigantesca cometa luminosa, per ricreare lo splendore di un presepe naturale, scavato nel tufo
CALABRIA
L’odore aspro dell’olio fritto, misto a quello della cannella, che si spande per le strade
e i vicoli dei centri storici della Calabria, avverte che il Natale è alle porte.
Fare i cullurielli è uno dei tanti modi tradizionali di festeggiare la venuta del Messia;
secondo l’usanza, solo alle famiglie povere e a quelle a “lutto” non è consentito tale lusso.
Questo rito si svolge solitamente anche il giorno di Santa Lucia,
giorno importante e di festa nella tradizione calabrese,
preceduto da una Vigilia “di magro”, molto simile a quella di Natale.
A Corigliano sono da segnalare nel menu le trìdici cosi:
tredici varietà di frutta, fra le quali non dovevano mancare lupini, corbezzoli e mirtilli.
Per l'occasione si spillava il vino nuovo.
SICILIA
Le tradizioni musicali connesse alla celebrazione del Natale si sono mantenute,
in Sicilia, particolarmente vitali.
Con canti, musiche strumentali e azioni drammatiche si torna ogni anno a celebrare la Natività.
Il periodo preparatorio è la Novena di Natale,
che in Sicilia viene allietata dai ciaramiddari
(suonatori di cennamella, una specie di oboe, anticamente usato dai pastori).
Durante il periodo natalizio in Piazza del Popolo vengono allestiti,
sulla scenografica facciata barocca della Basilica di S. Sebastiano,
l’Albero di Natale più alto di Sicilia, e i presepi artistici degli "Iblei".
Nel centro storico si sussegue un circuito di presepi, ed il Presepe Vivente.
SARDEGNA
Nell’entroterra di una Sardegna nota ai più per le sue incantevoli destinazioni balneari,
si tramandano tradizioni natalizie dense di antiche atmosfere e sapori genuini.
Gergei e Desulo ne sono un esempio, con gli appuntamenti e gli eventi dedicati al Natale.
Vicoli, stradine in pietra, archi, cantine, granai e stalle del centro storico si animano per ospitare l’evento e fanno da sfondo alla Palestina di duemila anni fa,
qui rappresentata dai personaggi in costume d’epoca,
dalla ricostruzione delle ambientazioni e dai magici giochi di luce delle torce e delle fiaccole.
Ad accrescere la sacra suggestione, anche il profumo degli incensi
e il diffondersi degli odori caratteristici del Natale:
caldarroste, mandarini e piatti caldi tipici serviti ai viandanti.
I visitatori assistono così alla preparazione della pasta e alla cottura del pane,
alla battitura del ferro e alla lavorazione del legno
o ai giochi dei bambini che scorrazzano per strada.
Infine, tutta la comunità si riunisce intorno ad un grande falò
per scambiarsi gli auguri e consumare bevande calde e pietanze tipiche del Natale.

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La chicca di Melinda
In Messico i giorni che precedono il Natale sono caratterizzati da una popolare tradizione risalente alla metà dei XVI secolo, las posadas, che ripropone l'episodio dell'arrivo a Betlemme di Giuseppe e Maria e della loro ricerca di un luogo dove alloggiare.
In quest'occasione un corteo segue Giuseppe e Maria,rappresentati da due bambini vestiti appropriatamente, che vanno a chiedere posada, cioè ospitalità, in una casa. Prima di arrivare alla casa dove verranno accolti, si fermano a chiedere il permesso per alloggiare presso altre abitazioni che verrà loro negato.
Solo nella casa giusta si festeggia con la pignatta, frutti e dolci natalizi prima di porre la statua di Gesù nel presepe
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